venerdì 24 giugno 2022
Quando il vero mostro è la società che ci circonda (Recensione “Sputnik – Terrore dallo spazio”)
martedì 24 novembre 2020
In cerca di fantasmi (Recensione "Phasmophobia")
È risaputo che fin dal principio, l'uomo è stato affascinato da tutto ciò che non riusciva a spiegare. Ogni manifestazione naturale veniva da secoli inquadrata in canoni fisici stabiliti da medici e scienziati, ma esistono tuttavia delle anomalie, delle manifestazioni che risultano inesistenti o inspiegabili tramite il metodo scientifico... L'esistenza dei fantasmi è proprio una di queste.
La scienza non si pronuncia sull'attendibilità di queste manifestazioni, ma c'è qualcuno che si impegna a studiare e dimostrare l'esistenza dei fantasmi: i cosiddetti "ghost hunters".
Il gameplay è abbastanza semplice: il gioco ci porterà all'interno di una serie di case infestate in modo da scoprire come siano morte le persone che vi ci abitavano. Avremmo a disposizione un libro di appunti sulle differenze tra i vari fantasmi (registrati in diverse categorie), ed assieme ai nostri amici, saremo in grado di entrare nelle case con torce, crocifissi e altri strumenti per cercare di svolgere al meglio ciò che il gioco richiede.
Come ogni multiplayer, Phasmophobia si affida completamente sulle abilità dell'utente, che si perfezioneranno col tempo. Prendere familiarità con le meccaniche di gioco ci aiuterà a far fronte alla proceduralità che contraddistingue il gioco, dal momento che i livelli saranno impossibili da memorizzare, essendo tutti diversi tra loro.
Un problema che potrebbe risultare più fastidioso è invece l'abbinamento con giocatori non troppo collaborativi, ma il gioco prevede comunque la possibilità di collegarsi con amici e rendere il tutto decisamente più divertente.
ARTICOLO DI
martedì 17 novembre 2020
La fine di un'era (Recensione "Tremors: Shrieker Island")
Tremors è una saga incredibile. Il primo capitolo, cult assoluto degli anni ’90 con protagonisti Kevin Bacon e Fred Ward, fu un flop nei cinema ma un successo straordinario nel mercato delle videocassette. Quell’irresistibile commistione di horror, commedia, avventura e western fece breccia nel cuore dei fan e rese la pellicola di Ron Underwood uno dei cult più amati e divertenti degli anni ’90. Dal successo del primo film è nata una piccola saga che, negli ultimi trent’anni, ha saputo divertire e appassionare diverse generazioni. Merito di una formula vincente (mix di horror e commedia), mostri sempre più assurdi, qualità sempre alta di ogni capitolo e soprattutto lui, il mitico Burt Gummer: il paranoico ed eroico baffuto patito di armi interpretato da Michael Gross è l’unico personaggio apparso in tutti i film della saga ed è ormai entrato nella leggenda, diventando protagonista e mattatore assoluto della serie. E, a distanza di trent’anni e pur essendo ormai anzianotto, continua a spaccare come non mai.
Diciamolo subito: “Tremors: Shrieker Island” è un buon film, il migliore dopo i primi quattro capitoli originali e superiore sia al quinto (ma di poco) che al sesto. Non è una pellicola perfetta, si porta dietro i soliti difetti di Don Michael Paul (come qualche scena d’azione un po' confusa ed un uso a volte esagerato dei rallenty) e l’atmosfera unica e artigianale dei primi quattro capitoli curati dalla Stampede difficilmente può essere replicata. Ma è un film divertente, ben fatto, rispettoso della saga e che, soprattutto, ha molto, moltissimo cuore. È un film fatto da fan per i fan, una pellicola che avrà un impatto ed un valore particolarmente speciali solo per chi ha seguito con passione le avventure di Burt e dei vermoni nel corso di questi ultimi trent’anni. Diciamolo pure: a livello concettuale, “Tremors: Shrieker Island” è un po' l’Avengers: Endgame della saga di “Tremors”.
I primi cinquanta minuti del film sono incredibili e folgoranti: si parte da un prologo adrenalinico che ci introduce nella nuova location tropicale che farà da sfondo a questa settima avventura, per poi proseguire con la presentazione dei nuovi personaggi, l’introduzione del nostro Burt (che all’inizio del film vediamo ritirato in modalità “selvaggia” su un’isola deserta, con tanto di folta barba alla Tom Hanks in “Cast Away”), i primi attacchi delle creature, il tutto condito da una buona dose di mistero ed un tono un po' più cupo e horror rispetto agli altri sequel (pur non mancando la solita ironia che ha sempre contraddistinto la saga). Insomma, la prima metà di “Shrieker Island” sorprende, appassiona e ritorna un po' alle origini, rivelandoci i mostri poco per volta e creando un clima di tensione e minaccia incombente molto forti.
Purtroppo, nella seconda metà, il film cala un po' di ritmo: c’è qualche lungaggine di troppo, i vermoni non si vedono molto e il tutto diventa più “statico” e meno dinamico. Da questo punto di vista, “Shrieker Island” è molto simile, come struttura, al quinto capitolo della saga, “Bloodlines”, il quale anch’esso vantava un primo ed un terzo atto eccezionali ma una seconda metà un po' meno incalzante. Comunque, il film risulta sempre di intrattenimento e nel finale si riprende alla grande.
Discorso diverso per i Graboid: questo è forse il capitolo in cui i nostri amati vermoni “brillano” di meno. Non compaiono molto e, vista la premessa e la presenza di un Graboid alfa dalle dimensioni godzillesche, ci si aspettava un po' di più. Ma non importa, sono comunque realizzati ottimamente (come sempre) e bisogna tenere in considerazione che il budget di questi film è relativamente contenuto. Inoltre, nel finale, c’è un bel richiamo al primo capitolo che farà sicuramente battere il cuore ai fan.
Sempre ottimo il grande Richard Brake, attore caratterista visto in molti film di Rob Zombie (“Halloween 2”, “31”, “3 From Hell”) e in moltissimi altri film di genere e non solo. Brake si deve essere divertito come un pazzo a interpretare Bill, personaggio che all’inizio si presenta come antagonista della storia, ma che in realtà è “solo” ossessionato dall’idea di terminare la sua caccia selvaggia e uccidere tutte le creature per puro divertimento. Lo vedremo precipitare nella follia più totale minuto dopo minuto e il volto di Brake non fa che valorizzare questo personaggio eccentrico e volutamente sopra le righe. Molto brava anche Cassie Clare nei panni di Anna, l’arciera aiutante di Bill che presto cambierà fazione aiutando nostri protagonisti a sconfiggere i vermoni. Un personaggio tostissimo interpretato da un’attrice molto promettente.
Da menzionare anche la bravissima Caroline Langrishe, attrice inglese che qui riveste un ruolo molto importante e che ha a che fare direttamente col passato di Burt. Ma non vi sveliamo nulla, godetevi le varie sorprese che il film riserva.
E poi, ovviamente, c’è lui: Michael Gross, il grande Burt Gummer. “Tremors: Shrieker Island” è, a tutti gli effetti, il film di Burt. Qui il nostro personaggio viene elevato a livello di un supereroe, un mito, un’icona assoluta. Lo vediamo in situazioni inedite, sempre col suo solito carisma che ha saputo far innamorare i fan di questo personaggio così eccentrico, paranoico e irresistibile, un paramilitarista che si prende sempre sul serio ma dal cuore buono e gentile, sempre pronto a dare una mano e ad aiutare le persone a cui vuole bene. Inoltre, in questo film, per la prima volta Burt non avrà le sue amate armi da fuoco per fronteggiare i vermoni, dato che l’isola ne è sprovvista. Dovrà quindi fare ricorso ad armi più “primitive” (come lanciafiamme, machete e coltelli) e, soprattutto, all’ingegno e al lavoro di squadra, due qualità che la saga di “Tremors” ha sempre avuto al centro delle sue storie e che questo “Shrieker Island” fa proprie come motore pulsante della narrazione.
Purtroppo non c’è ancora una data per l’uscita italiana in home video di questo settimo capitolo, il che è curioso perché i film della saga sono sempre arrivati da noi. In diverse aree del mondo è già disponibile ma qui bisognerà forse aspettare ancora un po'. Se siete impazienti potete comunque trovare il DVD e Blu-Ray esteri, di ottima fattura e con interessantissimi contenuti extra (tra cui un piccolo documentario sulla leggenda di Burt Gummer). Guardatelo armati di pop-corn, birra…e magari anche qualche fazzoletto.
ARTICOLO DI
RICCARDO FARINA
sabato 1 agosto 2020
L'Horrorcore rinasce in Sardegna tra esoterismo e metal (Intervista a DubZenStep)
mercoledì 29 luglio 2020
L'Italia che fa paura - Una donna nel buio (Recensione "Malum Æterni")
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Dietro le quinte del cortometraggio |
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Il regista Luigi Scarpa sul set |
lunedì 29 giugno 2020
La nascita di un nuovo virus - Orrori viscerali e blasfeme mutazioni (Recensione "Variant" di Joe Meredith)
lunedì 22 giugno 2020
Macabri omicidi a Vienna (Recensione "Freud")
Il nostro viaggio, in quella che sarebbe dovuta essere la psicanalisi Freudiana, comincia il 20 Febbraio 2020 durante il Festival del Cinema di Berlino, dove vengono proiettati i primi 3 episodi di Freud, serie nata dalla collaborazione tra la casa di distribuzione austriaca ORF e Netflix. Il 23 Marzo dello stesso anno, la serie verrà distribuita sulla piattaforma streaming di quest’ultima. Sebbene il nome stesso della serie e il trailer avrebbero fatto pensare ad una sorta di psycho-thriller incentrato sulle tesi psicologiche dello psicanalista (interpretato qui da Robert Finster) o ad un biopic che rivelava invece gli avvenimenti realmente accaduti che lo avrebbero successivamente portato alla creazione della psicanalisi, il prodotto finale al quale ci siamo trovati davanti ha sicuramente sia stupito che deluso.
Sesso, Sangue, Cocaina…

E la diagnosi è…
In conclusione possiamo dire che “Freud” parte col piede giusto (riscontrando successo in Austria con circa 400mila spettatori) iniziando con il corretto contesto storico nel quale è inserito il protagonista grazie alle location e l’atmosfera creata, per poi perdersi nell’assurdo e nel tentativo di unire Horror e elementi biografici. Se si sorvolano gli elementi biografici distorti della serie che trasformano il padre della psicologia moderna in un detective, gli amanti dello splatter e della brutalità visiva potranno sicuramente godersi questo drama austriaco targato Netflix.

mercoledì 13 maggio 2020
Ritorno alle origini (Recensione "Black Mesa")
Le boss fight contro Gonarch e il Nihilant sono particolarmente impegnative e richiedono una conoscenza approfondita delle meccaniche di gioco, una buona abilità strategica e una discreta parsimonia nell’uso delle munizioni. In generale, mentre le aree del complesso di Black Mesa sono più incentrate sul lato action del gioco, Xen segna un ritorno di quell’horror cosmico che si era andato a perdere nei capitoli più recenti della serie.