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lunedì 9 agosto 2021

The Evil Farming Game - Il gioco perduto più ricercato dell'internet

r/tipofmyjoystick è un subreddit dedicato al rinvenimento di videogiochi di cui non ci si rammenta più il titolo. Ogni giorno, vengono caricati una marea di post da parte di nostalgici che, ricordatosi di un videogioco provato anni prima, sono alla ricerca del nome così da poterci rigiocare, cercando di descriverlo al meglio che possono nella speranza che uno degli utenti lo riconosca. In genere, molte di queste richieste vengono trascurate e non ottengono risposta, finendo per essere dimenticati; altre volte invece, i post ottengono riscontro e il titolo del gioco viene svelato in men che non si dica. Ma ce n’è stato uno, in particolare, che seppur l’enorme visibilità ottenuta rimase senza nome per svariati anni. Questo è il caso di The Evil Farming Game: il misterioso videogioco più cercato su Reddit.

Il 30 aprile del 2016, un utente chiamato Sparta213 pubblicò un post in cui chiedeva il titolo di un gioco che ricordava a malapena, uscito tra il 2000 e il 2016. Affermò che fosse simile a Harvest Moon, celebre gioco ambientato in una fattoria, ma che avesse toni decisamente più macabri: all’inizio dell’avventura il protagonista uccide la moglie e viene costretto a portare avanti la fattoria da solo, cercando sia di nascondere il cadavere dalla polizia che impedire alla gente di scoprire la verità.

Nei commenti vennero suggeriti diversi titoli, ma nessuno sembrava avvicinarsi abbastanza al misterioso gioco che finì per essere dimenticato… fino a due anni più tardi.

Stardew Valley

Il 16 dicembre del 2018, l’utente DavidSpaceAMA pubblicò un post su r/tipofmyjoystick, alla ricerca dello stesso gioco descritto da Sparta213 e dandogli il nome provvisorio di Evil Farming Game. DavidSpaceAMA lo descrive con molti più dettagli, questa volta paragonandolo a Stardew Valley e dicendo di averlo giocato nel 2006. A quanto pare, il gioco contiene dei minigame, come uno dove si devono pescare delle prove dell’omicidio dal fondo del lago. DavidSpaceAMA sostiene che sia suddiviso in varie giornate e che fosse presente un personaggio raffigurante un uomo con la barba bianca.

Anche qui, gli utenti suggerirono diversi giochi simili, per poi essere susseguentemente smentiti. Nei commenti, DavidSpaceAMA scopre l’esistenza del post di Sparta213 e racconta che il gioco presenta una grafica pixelata con delle cutscene di uno stile completamente diverso. Inoltre, probabilmente era disponibile su un bizzarro sito web che aveva la parola “ash” nell’indirizzo. Gli utenti, interessati a scoprire il nome del gioco, si sono messi ad investigare scoprendo l’esistenza del sito “ashnremains”, che però non esiste più da parecchi anni.

The Red Sun Sets Over The Fields of Grain

Iniziarono a spuntare altri post simili e l’interesse per il gioco crebbe sempre di più, grazie anche ai video dei famosi canali Whang! e Nexpo. Il 20 gennaio 2020 venne creato un subreddit dedicato esclusivamente al gioco dove migliaia di utenti si sono uniti alla ricerca, trovando svariati titoli sconosciuti come Moirai e The Red Sun Sets Over The Fields of Grain.

Moirai è un gioco in prima persona con un'estetica pixelata. La trama è semplice: il protagonista è un contadino alla ricerca di una donna scomparsa chiamata Julia, vittima di due tragedie nella sua vita che le hanno portato via la sua famiglia. Purtroppo, Moirai non è più disponibile dopo che alcuni hacker hanno malridotto il database, ma su YouTube sono presenti diversi gameplay. The Red Sun Sets Over the Fields of Grain è il titolo più vicino all’essenza dell’Evil Farming Game: un giorno, il protagonista torna a casa e trova sua moglie a letto con un altro uomo, e non vedendoci più dalla rabbia commette un omicidio. Il gameplay in sé però non ha nulla a che fare con quest’introduzione, difatti lo scopo del gioco è coltivare degli ortaggi fino a quando non si perde.

Moirai

Col passare del tempo, una buona parte degli utenti cominciò a pensare che il gioco non esistesse. Le speranze iniziarono a diminuire e molte persone ritennero addirittura che fosse una sorta di campagna pubblicitaria per l’effettiva uscita del gioco. Ma le cose cambiarono il 3 luglio del 2021, quando l’utente AcqueousSnake (membro del canale Discord dell'Evil Farming Game) trovò un video alquanto interessante chiamato “Body Harvest Moon”, sulla base di una teoria che Sparta213 avesse visto dei video di Vinesauce mezzo addormentato e che avesse confuso la realtà dalla finzione.  

Il video è un’animazione che riprende uno spezzone di una loro live risalente al 2015, in cui veniva descritto, ironicamente, un’idea per una versione horror di Harvest Moon, dove appunto si uccideva la moglie per sbaglio e si passava l’intero gioco a nascondere il cadavere dalla polizia e portare avanti la fattoria. Le coincidenze erano troppe per essere un caso ed infatti, Sparta213 confermò che l’Evil Farming Game era Body Harvest Moon, uno scherzo dimenticato da tempo scambiato per un gioco reale.

Ma com'è possibile non distinguere un'idea da un intero videogioco? Potrebbe essere un caso dell’effetto dell’informazione sbagliata. Spiegato brevemente, esso accade quando dei ricordi vengono alterati con l’aggiunta di dettagli mai accaduti ma verosimili. Alcune teorie conducono l’effetto dell’informazione sbagliata come possibile spiegazione dei mandela effect, ossia quando un individuo (o persino enormi gruppi di persone) ricordano un evento in maniera totalmente diversa da quello effettivamente reale; il nome deriva da Nelson Mandela, che secondo molti morì negli anni ‘80 in prigione, quando in realtà la sua morte risale al più recente 2013. Un altro esempio famoso riguarda uno dei personaggi Nintendo più iconici di sempre: molti pensano che Pikachu abbia una chiazza nera nella punta della coda, quando in verità non ce l’ha. Quindi, confondere Body Harvest Moon per un gioco vero non è così improbabile, specialmente quando la live è stata vista da Sparta213 quando stava letteralmente crollando dal sonno.
A Wonderful Day for Fishing
Nonostante l’Evil Farming Game sia considerato un capitolo chiuso, c’è chi crede che il gioco in realtà esista e che aspetti solamente di essere trovato: ad esempio, l'assenza del minigame sulla pesca ha fatto pensare alla gente che esistessero altri giochi di quel tipo, ma a mio avviso anche questo potrebbe essere un falso ricordo; pescare oggetti raccapriccianti dal fondo di un lago non è un elemento esclusivo all’Evil Farming Game, come l'esempio riportato sopra.

C’è anche chi voleva così tanto metterci le mani sopra che non ha perso tempo a creare la sua versione del videogame: difatti, un fan ha annunciato di star lavorando a The Evil Farming Game: Replanted, che presenta una storymode, a pagamento, ed una gratuita dove si deve sopravvivere per il più lungo possibile. Trovate qui la pagina di Steam, e se tutto va bene, potremmo avere un assaggio del fangame quest’ottobre!

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domenica 11 aprile 2021

Cosa si cela dietro a Username: 666

Nei primi anni di vita, YouTube era completamente diversa come piattaforma; ad esempio, non c’era questa sovrabbondanza di contenuti clickbait e pieni di disinformazione: le tipologie di video più famose erano spesso e volentieri vlog, gameplay e cover di canzoni famose. Ogni tanto, però, capitava che sbucassero fuori inquietanti video, giusto come piacciono a noi amanti del mistero e dell’horror.

Dopo una diva sfigurata, un androide canterino e uomini con strani costumi, è ora di parlare di un altro mistero di YouTube: Username 666.

Il video, pubblicato nel 2008, inizia con una semplice registrazione di uno schermo. Si intravede una parte dello sfondo del desktop dietro una finestra di Internet Explorer, in cui è aperto YouTube. L’utente clicca sulla barra di ricerca digitando “666”, per poi procedere cliccando invio. L’utente però scopre che il canale 666 è stato sospeso. Allora, decide di ricaricare la pagina, ottenendo sempre gli stessi risultati. Ci riprova moltissime volte fino a quando le cose non iniziano a cambiare: all'inizio, nei video consigliati spariscono le copertine e vengono rimpiazzati da file con la scritta 666.

L’utente continua a ricaricare la pagina, e stavolta è l’interfaccia a cambiare: inizia a mutare da rossa e poi a nera, per poi finire con uno sfondo viscido di un rosso intenso. A un certo punto il canale appare: sono presenti 13 video, uno più strano e disturbante dell’altro. L’utente cerca ad ogni modo di chiudere quella pagina, senza riuscirci. Tenta persino di spegnere il computer, invano. 


Un video del genere oggi giorno verrà considerato una sorta di scherzo, o comunque una cosa palesemente falsa, ma non si può dire lo stesso nel 2008, difatti fece molto scalpore su internet.
La gente iniziò a pensare che esistesse veramente questo utente capace di manipolare l’interfaccia di YouTube, e il fatto che effettivamente un canale dallo stesso nome era stato sospeso anni prima contribuì alle possibilità che ci fosse un fondo di verità dietro questa faccenda. Ad aumentare la sua viralità, vennero postate sia diverse versioni del video da vari utenti – alcune scherzose, altre potenzialmente pericolose perché contenenti virus – che una creepypasta particolarmente conosciuta, in cui un dipendente di YouTube raccontava della sua terribile esperienza con questo utente.
 
Ma cosa si cela dietro questo video? In verità, basta semplicemente focalizzarci, con una mente più aperta, sul canale che l’ha postato, ossia Nana825763. Difatti, Username 666 è solo uno dei tanti video inquietanti presenti, magari avrete sentito parlare di pokopokoshopping, uno dei più famosi.

Brevemente, è una sorta di cartone in stop-motion con una bambola e un peluche, intenti a pubblicizzare dei prodotti in una stanza rosa. Il primo di questi prodotti è un ciuccio avvelenato, disponibile alla conveniente cifra di 6,66 dollari. La stanza però prende fuoco, e una mano inizia a spruzzare acqua per fermare l’incendio. La vendita però continua, e si passa al prossimo prodotto: gli intestini di un altro orsacchiotto, sempre all’onesta cifra di 6,66 dollari. La stanza viene ricoperta di sangue e budella, mentre i due inserzionisti salutano i clienti.
 
Username 666 e pokopokoshopping – assieme alla maggior parte dei video presenti su Nana825763 – non sono altro che video artistisci. L’artista giapponese dietro il canale, conosciuto col nome di PiroPito, ha una visione alquanto fresca e capace di interessare il pubblico, come si è ben visto con i due video sopracitati. Il suo stile solitamente fonde elementi horror/gore con toni dolci e graziosi, creando un forte contrasto nelle sue opere, come ad esempio in pokopokoshopping.

Non tutti sanno che esiste un’altra versione di Username 666 postata nel 2007, sm666, che presenta però poche differenze rispetto alla sua controparte più famosa: al posto di YouTube, la piattaforma in cui si può trovare il criptico utente è Nico Nico, un sito web giapponese.
Inoltre, PiroPito decise di far uscire una sorta di sequel dopo che il video divenne virale, chiamato Another Youtube, in cui viene mostrata un’infernale funzione beta della piattaforma.

PiroPito è inoltre interessato al mondo dei videogiochi: ha caricato svariati video di gameplay su Minecraft, e sembra stia lavorando su un suo gioco horror creato in Unity, di cui ogni tanto posta aggiornamenti sul suo canale YouTube.

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venerdì 19 febbraio 2021

Corto rosso o corto blu? (Recensione "Van" e "Ceux Qui Peuvent Mourir")

Nutro un profondo rispetto verso i cortometraggi indipendenti che, nonostante non siano privi di difetti, riescono a raccontare qualcosa di unico ed intrattenente. Questo è il caso di due corti dai colori praticamente opposti (uno con tonalità rosse e l'altro blu) che ho visto su HODTV, una piattaforma streaming che offre un ampio catalogo di thriller ed horror (molti targati Midnight Factory). Potete trovare lungometraggi, mediometraggi e cortometraggi, tutti diversi tra loro!


Il primo di questi corti si chiama Van, diretto da Domonic Smith nel 2016 e basato sulla breve storia “Waiting for you” di Richard Beckham.
Lo short movie, della durata di dieci minuti, parla di Laura (Linda Roser) che, di notte, si ritrova all’interno della sua macchina quando riceve una chiamata da una sua amica, Julia (Diana Riley), la quale supplica di andarla a prendere. Quando le manda l’indirizzo, però, troverà qualcos’altro ad aspettarla: un misterioso van rosso…

La prima cosa che colpisce in questo corto sono i colori: l’estetica del film infatti si concentra sul rosso e qualche sfumatura di verde, che sono presenti nelle luci degli abbaglianti, quelle delle strade e, ovviamente, l’intenso rosso del furgoncino. Non basta una buona estetica per considerare un prodotto sufficiente, ma in questo caso il corto ha dalla sua parte la recitazione delle protagoniste, che splende negli ultimi minuti, qualche ottima sequenza e in generale delle buone inquadrature.

Il finale potrebbe risultare prevedibile, essendo un tema rivisitato molte volte da persone e media diversi, però non mi è dispiaciuto. La breve scena con il ragazzo di Julia, Travis, era abbastanza inutile e messa lì solamente per usare uno jumpscare mal riuscito; fortunatamente, per il resto del corto non sono presenti questi meccanismi per incutere paura: Van, nella sua breve durata, riesce a creare tensione e suspense.

Domonic Smith ha lavorato, oltre che su altri short, anche ad una web-serie antologica intitolata Terror Tales di cui ha diretto cinque episodi; qui trovate il canale dove vengono caricati gli episodi.

 

Il secondo corto, intitolato Ceux Qui Peuvent Mourir (Those Who Can Die) è stato diretto da Charlotte Cayeux nel 2017.
Zoé (Zoé Garcia) è una ragazza di quindici anni che viene mandata in un collegio assai particolare: le regole sono rigide e austere, e brutte cose accadono a chi ci si oppone; i ragazzi, d’altra parte, non fanno trapelare nessuna emozione. Marie (Lilas Richard) sembra una delle poche ad essere normale, infatti instaurerà un legame con la protagonista e progetteranno la fuga da quel posto, scoprendo il reale motivo per cui siano state mandati lì…

L'incipit e le ambientazioni ricordano molto Inner Land, ma lo sviluppo del corto prende una piega completamente diversa che sembra richiamare due pellicole di Yorgos Lanthimos: un misto tra i rigidi comportamenti dei personaggi di Dogtooth e l’elemento dispotico di The Lobster. I colori di Ceux Qui Peuvent Mourir sono freddi e pallidi, tendenti al blu, e regalano delle ottime inquadrature, come nella scena dello spioncino, quella con Marie che guarda Zoè prima ancora di conoscerla, e infine la ripresa in cui quest'ultima sale le scale. Le interpretazioni delle protagoniste non mi hanno fatto nè caldo nè freddo, essendo che i loro personaggi dovevano sembrare privi di ogni emozione.

Il finale era abbastanza buono, ma purtroppo la breve durata di questo corto non riesce a fare giustizia ai personaggi, alla storia, alle ambientazioni e al talento della regista: una storia così sarebbe stata ottimale in un lungometraggio, o perlomeno in una pellicola leggermente più lunga di 20 minuti scarsi. In generale, mi è piaciuto molto ed era fatto bene, ma non sarebbe guastato un’immersione più duratura all’interno di quel gelido edificio. 

Quando Charlotte Cayeux inizierà a dirigere lungometraggi (perché deve, questo corto in sé ha moltissime potenzialità), spero che riesca a portare sul grande schermo una trasposizione di Ceux Qui Peuvent Mourir come si deve. Per ora, ci dobbiamo accontentare dei suoi corti, i quali mi ispirano davvero molto.

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sabato 30 gennaio 2021

Polybius - la leggenda dell'arcade che devasta la mente

Gli anni 80 sono stati una vera e propria epoca d’oro, ricca di novità e di sperimentazioni nel mondo musicale, cinematografico e videoludico: in questi anni molte console da casa come il NES fecero la storia, ma gli arcade rimanevano ancora rilevanti con classici come Pac-Man, Donkey Kong e Space Invaders.

Ma ce n’è uno, in quella immensa varietà di titoli, che nasconde qualcosa di misterioso, e possibilmente pericoloso. Amnesie, crisi epilettiche e strani uomini ruotano attorno a questa leggenda videoludica; sto parlando di Polybius: l’arcade che devasta la mente ai suoi giocatori.

Siamo nell’Oregon del 1981, più precisamente nella città di Portland, dove un giorno vennero distribuiti limitati cabinati di Polybius nuovi di zecca. La schermata iniziale era semplice: c’era il  nome del videogioco, il tasto start, il copyright registrato da una certa azienda chiamata Sinneslöschen, e infine i cosiddetti credits.
Non si sa molto del gameplay, si sostiene che il giocatore controllasse una navicella spaziale e lo scopo fosse quello di eliminare i nemici; inoltre, molti affermano che erano presenti alcune componenti puzzle. Ciò che però caratterizzava i livelli di Polybius erano gli sfondi psichedelici, che prima o poi avrebbero portato gravi danni ai giocatori…

Il gioco creava dipendenza, e in poco tempo molti avvertirono nausea e vertigini a causa della sua natura psichedelica e dei presunti messaggi subliminali. Ma questi erano tra i sintomi più lievi. Altri prevedevano l’insonnia, la frequenza di incubi, allucinazioni e talvolta anche brevi episodi di amnesia. Nei peggiori dei casi, procurò anche crisi epilettiche. Le stranezze non finiscono certo qui, il mito continua introducendo le figure di due misteriosi uomini in nero, i quali spesso controllavano i data dei giochi, senza un apparente spiegazione. Un giorno, i cabinati sparirono misteriosamente, presubilmente distrutti, dopo un mese dal rilascio del videogioco.

La teoria più gettonata afferma che fosse coinvolta la CIA e che Polybius fosse un progetto sul controllo e la manipolazione della mente; lo stesso nome dell’azienda, Sinneslöschen, infatti, si può tradurre in “eliminazione della mente”. Non è casuale nemmeno la scelta del nome del gioco: infatti, Polibio, uno storico greco, affermò che non si dovesse confermare un avvenimento nella storia senza testimonianze dirette. Abbastanza incalzante.

Voci di corridoio dicono che la leggenda si sia diffusa su Usenet verso gli anni 90, ma la prima menzione confermata risale agli inizi del 2000, e viene attribuita a coinop.org, un sito web dedicato agli arcade. Le informazioni presenti nella pagina dedicata sono quelle riportate dalla leggenda, tuttavia era presente in allegato anche un presunto screenshot (quello che trovate poco più in alto) di una ROM autentica, la quale però non è mai stata trapelata.

Molti dichiararono di aver giocato a Polybius nel 1981, anche se nessuna di queste testimonianze poteva venire accertata. Quella che fece più scalpore fu di un certo Steven Roach, che affermò di aver lavorato con la Sinneslöschen nella produzione di un gioco che, a causa di un grave errore nel coding, venne cancellato.

Insomma, Polybius era al centro delle attenzioni e il mistero sembrava infittirsi sempre di più. Ma è bastata una sola, semplice ricerca per far iniziare la caduta del mito: non esisteva nessun copyright su Polybius, così come non esisteva l’azienda produttrice. Inoltre, andandoci con la logica, è impossibile che un gioco con una grafica così avanzata potesse girare sulle macchine arcade del 1981, persino la schermata di gioco avrebbe dato enormi problemi ai cabinati.

Le presunte origini su Usenet si sono rivelate infondate, poichè molto probabilmente si è creata una confusione tra Polybius e il Publius Enigma, diffusosi proprio su questa piattaforma. Questo vuol dire che la leggenda origina da coinop.org e la sua creazione va attribuita al proprietario, Kurt Koller. Ma per quale motivo? Forse per fare pubblicità al sito, o magari come scherzo. Per quanto riguarda le esperienze condivise da altre persone sicuramente si trattavano di finte testimonianze, o al massimo falsi ricordi. Anche Steven Roach, infatti, è stato smentito dallo stesso Koller. La leggenda sembra ispirarsi ad avvenimenti realmente accaduti negli anni 80 però, come la dipendenza dagli arcade e le emicranie dovute alle incessanti ore di gioco, che hanno contribuito nella componente cospirativa sulla manipolazione mentale. 

Copertina di un podcast dedicato al gioco, "The Polybius Conspiracy"

L'arcade in questione rimane solo ed esclusivamente una leggenda, ma non possiamo dire di esserne sorpresi o troppo amareggiati. Polybius in sè non è la parte più interessante della questione, ma la sua eredità e l'impronta che ha lasciato nell'immaginario collettivo riguardo le sale giochi degli anni 80. Troviamo svariati riferimenti in moltissime produzioni, come ne I Simpson, quando Bart si reca in una sala giochi dove, alla sua destra, è possibile notare il famoso cabinato su scritto “Property of the U.S”, o nell’horror Summer of ‘84, dove Polybius appare in bella vista in una scena della pellicola. Inoltre, è protagonista del quarto episodio della serie antologica Dimension 404.

Di maggiore rilievo sono i giochi ispirati: quello più veritiero alla leggenda risale al 2007 ed è prodotto dalla Rogue Synapse; contiene tutti gli elementi caratteristici del presunto gameplay: sfondi psichedelici con messaggi subliminali, dei puzzle e con una tipologia di gioco ricorrente allo shoot em up. Il gioco è davvero un glorioso tributo, ma non c'è da sorprendersi considerando che la Rogue Synapse si impegna nella riproduzione di cabinati e di giochi arcade. Un approccio più creativo e libero è quello per la PlayStation VR, uscito nel 2017 e creato da Jeff Minter, un gioco che presenta gli elementi psichedelici della leggenda, ma li stravolge in una re-interpretazione moderna e 3d, alterandone anche il gameplay. 

  un cabinato fan-made creato dalla Rogue Synapse

Anche se Polybius non è esistito nel 1981, si può dire che ora sia più reale che mai, con cabinati e videogiochi creati dai fan come omaggio a questo gioco che, seppur fittizio, ha un curioso status di cult-following. 

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venerdì 8 gennaio 2021

Soup Torture - L'enigma del video YouTube

Non è un segreto che nell’enorme piattaforma che è YouTube si possono trovare inquietanti ed inspiegabili contenuti multimediali: abbiamo già trattato della criptica intervista di barbie.avi ad esempio, del misterioso I Feel Fantastic e delle clip di Shaye Saint John, una diva di internet caduta nel baratro della follia.

Oggi vi parlerò di un video molto conosciuto e che fece molto scalpore, scombussolando chiunque l’abbia guardato. Venne pubblicato per la prima volta nel 2005 da un canale chiamato renaissancemen, col titolo di “freaky soup guy”, anche se ottenne maggiore fama un po’ di tempo dopo col titolo di “blank room soup”.
Il video vede un uomo, con addosso un bavaglino, mangiare una zuppa. I suoi occhi sono nascosti da un rettangolo nero che copre anche grandi porzioni della sua faccia, rendendo impossibile il riconoscimento: l’uomo sembra essere stato costretto a mangiare, ed appare molto turbato da qualcosa, o probabilmente, qualcuno; difatti un individuo (spuntato da un buio ingresso situato dietro l’uomo) lo approccia ed inizia ad accarezzarlo. La cosa strana è che indossa un costume: ha una testa sproporzionata e sono presenti solo gli occhi, che in verità sono solo due grossi cerchi neri.

L’uomo che mangia inizia a piangere e diventa molto più agitato quando l'individuo mascherato lo tocca. Verso gli ultimi 15 secondi, un altro personaggio con lo stesso costume si avvicina ed inizia anche lui a coccolarlo, ma l’uomo appare molto più spaventato. Il video termina così. Nella descrizione del video originale c’è scritto solo: “we don’t know what this is”, ossia “noi non sappiamo cosa sia.”

Presto si scoprì l’esistenza di un secondo video simile, chiamato “soup torture” e pubblicato da un canale chiamato “adana”. Rivediamo gli stessi tre personaggi di “freaky soup guy”, ma questa volta gli individui mascherati si fermano vicino all'entrata. All'improvviso, uno di loro  si mette a correre in direzione dell’uomo e poco prima di raggiungerlo, il video si ferma finendo con un urlo udibile per pochi millisecondi.

Varie teorie si sono formulate nel corso degli anni, alla ricerca di una spiegazione dietro questo macabro spettacolo. Quella più in voga sosteneva che si trattasse di un video del deep web, molto probabilmente di uno snuff movie, e che quei due individui misteriosi siano i rapitori del pover’uomo. Un'altra ipotesi riguarda il contenuto della zuppa: si sostiene che all'interno ci siano gli organi della moglie, anch’essa rapita e poi uccisa. In un'altra ancora, si è supposto che quella zuppa sia il suo ultimo pasto, prima di venire ucciso dagli altri due personaggi: per questo l'uomo piange, è consapevole che verrà ammazzato alla fine. Sono tutte teorie interessanti, anche se decisamente strampalate. Ma quindi... chi è veramente quell’uomo? È stato veramente rapito? Chi sono quei due individui? Iniziarono le indagini, e si scoprì che quei costumi ritraevano le mascotte

RayRay, creati da Raymond S. Persi, un regista, doppiatore, animatore e sceneggiatore. Ha diretto qualche episodio de I Simpson e ha lavorato per la Disney come doppiatore di svariati personaggi.

I RayRay sono un progetto artistico, creati da Raymond come un modo per esorcizzare le sue emozioni legate ad un senso di solitudine che provò verso l'inizio del nuovo millennio. Insomma, una sorta di arte terapia. I RayRay si esibirono in diverse parti degli Stati Uniti, concentrandosi prevalentemente su Los Angeles, ma sono stati i protagonisti di svariati video disponibili su DailyMotion, YouTube e MetaCafe. Collaborarono anche con i The Mutaytor, una band musicale, in alcune esibizioni.
Durante uno show però, vennero rubati dei costumi dal RV in cui erano tenuti, e qualche settimana dopo Raymond ricevette un’email con allegato il famoso video di “Blank Room Soup”. Raymond stesso rimase sorpreso da questi video, più che altro per le perfomance degli individui all’interno del costume: si comportavano esattamente come i RayRay dovevano, quindi significava che o i colpevoli erano dei fan, o era qualcuno molto vicino a loro. Raymond stesso sostenne che all’epoca c’erano pochi video con i RayRay da cui prendere spunto per l’atto, quindi si trattava per certo di una delle due ipotesi. Alla fine, decise di pubblicare il video su YouTube per condividerlo con i suoi conoscenti: da qui capiamo che “renaissancemen” appartiene a lui. Raymond sostenne di aver ricevuto altri video simili nel corso del tempo, ma che non pubblicò mai; anche Torture Soup gli era stato mandato, ma questa volta era un link al video di “adana”.

Queste informazioni sono state prese da delle email scambiate tra Raymond Persi e la YouTuber ReignBot, che dedicò un video a riguardo.

Si è scoperto che su RayRayTv (nel loro profilo MetaCafe) è presente un video alquanto simile coi due che stiamo trattando, intitolato “Gil is Missing”, della durata di un minuto e pubblicato nella fine del 2007. Un cameraman riprende un RayRay in lontananza in un quartiere buio. Nella scena seguente, quel RayRay entra all’interno di un van bianco dove possiamo notare una persona legata, che verrà poi portata all’interno di un buio stanzino. Alla fine, lo schermo diventa nero e appare il link del profilo MySpace dei Stolen Babies.

Nella descrizione c’è scritto che il regista di “Gil is Missing” è proprio lui: Raymond Persi. Chiaramente, si tratta di un video pubblicitario per la band Stolen Babies; infatti, gli stessi RayRay appaiono in uno dei loro video musicali, per la canzone “Push Button”, e il Gil a cui il titolo si riferisce è Gil Sharone, il batterista.
Questa nuova pista venne fatta conoscere in Italia dal mitico canale Fuoco di Prometeo, in un video che cerca di smascherare la natura dei filmati, sostenendo che si trattino tutti e tre di clip promozionali per i Stolen Babies. Sicuramente, è la teoria più credibile e sensata, ed effettivamente possiamo notare nei due video originali alcuni elementi che potrebbero accomunarli con la band: l’uomo ha un bavaglino addosso, come i bambini, ed inoltre viene coccolato da due figure più grandi come se fosse un infante. D’altronde, l’esistenza di ulteriori filmati nominati da Raymond non è stata confermata. E se fosse stata una bugia per rendere il suo racconto più credibile?

Difatti, troviamo un altro dettaglio che lo smentirebbe: lui afferma di aver ricevuto il link per Torture Soup pubblicato da "adana", ma penso proprio che il canale in verità sia suo. Perché? Nel profilo erano stati caricati due video, “torture soup” e poco tempo prima “children in my mind”. Quest’ultimo non si trova da nessun’altra parte, e la domanda sorge spontanea: come ha fatto un perfetto sconosciuto ad averlo? Le uniche opzioni sono che o il canale appartiene a qualcuno tanto vicino con i RayRay da ottenere un video inedito, o semplicemente è di Raymond. La prima opzione non regge molto però, perchè il filmato in questione sembra più simile ai video normali con i RayRay piuttosto che a "torture soup" e "freaky soup guy", quindi perché pubblicarlo? A quale scopo? Purtroppo, “Children in my mind” assieme a “Torture Soup” sono stati cancellati dal canale, rendendo il primo filmato in questione irreperibile. Ci resta solo la copertina, dove ci sono tre RayRay disegnati digitalmente e dei bambini attorno, e la descrizione leggibile tramite la Wayback Machine

Infine, un dettaglio che sembra confermare questa teoria si può trovare in questi due video sul canale MetaCafè: infatti, sia “freaky soup guy” che “torture soup” sono stati ricaricati in quel sito nel 2007. In entrambe le descrizioni possiamo notare i tag “stolen” e “babies”, che non sono presenti in nessun altro video.

Bisogna però riconoscere la piccola probabilità che i costumi siano stati effettivamente rubati e che quei filmati non siano di Persi: magari chiunque li abbia presi voleva lanciare un messaggio tramite la “videoarte”. Sì, perché penso che abbia sempre a che fare con le perfomance artistiche, sia che siano stati diretti da Persi che da altre persone. Dubito fortemente che “torture soup” e “freaky soup guy” provengano da uno snuff movie, ma sapete com’è: non si può dare nulla per scontato, e senza nessuna conferma, ogni teoria è valida.

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mercoledì 16 dicembre 2020

Alla ricerca della perfezione (Recensione "Black Swan")

Nel 2010, uscì nelle sale statunitensi un film molto acclamato dal pubblico e che personalmente ho amato alla follia: sto parlando di Black Swan (in italiano Il Cigno Nero), diretto da Darren Aronofsky, lo stesso regista di "Requiem for a Dream" e del controverso “mother!”.

La trama narra le vicende di Nina Sayers, una ballerina dalla personalità rigida ed insicura che, per la prima volta nella sua carriera, ottiene il ruolo da protagonista; il balletto in questione è una rivisitazione della classica opera di Tchaikovsky Il Lago dei Cigni, in cui dovrà interpretare sia la parte del cigno bianco, Odette, che quella del cigno nero, ossia Odile.

Nina è la più portata per il ruolo del cigno bianco: è semplicemente perfetta sotto ogni punto di vista. Infatti, la parte complicata è immedesimarsi in quello nero, che richiede sensualità ed imprecisione nella danza, qualità che Lily, la nuova ballerina della compagnia, possiede. Nina avvertirà un senso di rivalità tra loro due che, assieme ai suoi problemi famigliari e la pressione di quell’importante ruolo, contribuirà al deterioramento della sua psiche, facendola cadere in una spirale verso l'autodistruzione.
Il film vanta un cast pieno di attori fenomenali: Natalie Portman nel ruolo della protagonista, Mila Kunis in quello di Lily, Vincent Cassel in quello di Thomas Leroy, Barbara Hershely in quello di Erica Sayers ed infine Winona Ryder nel ruolo di Beth Macintyre.

Quest’ultimo personaggio è rimasto particolarmente impresso dentro la mia mente. È di certo quello più malinconico e distrutto, che raffigura una sorta di cigno morente, poichè assistiamo ad una donna costretta a ritirarsi dalle scene per sempre che si sente usata, senza scopo e priva di un qualsiasi significato. Il suo tempo nel mondo del balletto è finito.
 
Potrebbe raffigurare un ipotetico futuro di Nina: quando la fama se ne andrà assieme alla giovinezza e la sua carriera sarà ormai agli sgoccioli, potrebbe capitarle la stessa cosa di Beth, ossia venire inesorabilmente rimpiazziata e abbandonata.
Un fattore interessante è che si possano formulare varie interpretazioni sui personaggi o su alcune scene: si può sostenere che il personaggio di Lily appaia molte più volte come frutto dell'immaginazione di Nina che come persona reale, ad esempio. Di sicuro il finale è quello che lascia più spazio all’immaginazione, che permette di poter supporre teorie molto diverse tra loro.

Ciò che rende il film grandioso è sicuramente la componente psicologica: vediamo Nina perdere il contatto con la realtà ed impazzire a causa di quella immensa pressione. Ce la metterà tutta per essere perfetta nel ruolo del cigno nero, anche a costo di rovinare le basi già instabili della relazione con sua madre o di smarrire se stessa.
Il Cigno Nero affronta svariati temi e li gestisce tutti ottimamente: la rivalità tra le due ballerine e il problematico rapporto madre-figlia sono tra i quelli più importanti e quelli principali, assieme alla ricerca della perfezione e dell’identità individuale.

Tutto questo è impacchettato in un film con scene ed inquadrature davvero mozzafiato.
Non posso che esprimere solamente belle parole per questo capolavoro cinematografico e spero vivamente di aver incuriosito ed invogliato a guardarlo chi ancora deve recuperare questa fantastica gemma.

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martedì 1 dicembre 2020

Un paese delle meraviglie corrotto (Recensione "American McGee's Alice" e "Alice: Madness Returns")

Alice nel Paese delle Meraviglie, scritto da Lewis Carroll (pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson), è sicuramente uno dei libri più importanti e famosi di sempre; la novella vede la titolare protagonista che, dopo aver seguito un coniglio bianco giù per la sua tana, si ritrova in un mondo fantastico popolato da personaggi peculiari e bizzarri, ritrovandosi in situazioni al limite dell’assurdo. Sei anni dopo (nel 1871) uscì il seguito, Attraverso lo Specchio, che vede la giovane ragazza entrare all’interno di uno specchio ritrovandosi in un mondo dove tutto è al contrario.

Le avventure della piccola Alice Liddell hanno ispirato svariati artisti e produzioni di tutti i tipi: da libri di ogni genere possibile a film e serie TV, da canzoni a videogiochi, come nel caso della serie videoludica Alice, creata da American McGee, un sviluppatore di videogiochi che, prima di concentrarsi su questi due giochi (entrambi platformers d’azione in terza persona), lavorò nella produzione di molti titoli importanti come Doom e Quake.

Il primo capitolo è American McGee’s Alice, uscito nel 2000 per computer e poi reso disponibile digitalmente per Xbox 360 e PS3 nel 2011. è stato sviluppato da Rogue Entertainment e prodotto da Electronic Arts. Il gioco inizia con un incendio che si divampa per la casa della famiglia Liddell, uccidendo tutti i membri eccetto la giovane Alice, che verrà rinchiusa in un manicomio per svariati anni, dove vive in uno stadio catatonico con un profondo senso di colpa per la morte della sua famiglia. Ormai andata mentalmente, ritornerà nel Paese delle Meraviglie che non è più un posto felice e solare, ma corrotto e dannato a causa della Regina di Cuori. Per ristabilire l’ordine, Alice partirà per una nuova avventura per arrivare e sconfiggere la malvagia Regina, salvando sia il Paese delle Meraviglie che se stessa.

La storia si svolge dentro la testa della nostra protagonista che distorce la realtà con la sua immaginazione, riflettendo la sua situazione mentale nel Paese della Meraviglie. Questo mondo immaginario è corrotto e mortale, infatti Alice assiste alla morte di svariati personaggi nel corso della sua avventura, vedendo anche il cambiamento sia dei luoghi che dei personaggi: alcuni sono diventati malinconici e tristi, altri nemici della nostra protagonista.

Il gameplay in sé non è malaccio e la varietà di armi rende il combattimento, una parte fondamentale in questo gioco, molto più interessante. I livelli sono originali e si presentano con puzzle o caratteristiche diverse tra loro. La colonna sonora è fantastica, così come le atmosfere; i difetti del gioco sono pressoché legati al gameplay: ad esempio, quando Alice viene attaccata dai nemici mentre è in aria, il suo personaggio viene “lanciato” in lontananza rischiando di farla cadere da un precipizio. I controlli sono un po’ meccanici, ma dopo un po’ ci si prende la mano. Un altro fastidio è il fatto che la lingua disponibile sia solo l'inglese, ma se riuscite a masticarlo non dovrebbe essere un problema.

È un titolo che consiglio se la premessa vi ha interessato, o se siete fan del suo seguito, Alice: Madness Returns.

Alice: Madness Returns, uscito nel 2011, è il secondo capitolo della serie e sono sicuro che lo conosciate, dato che è molto popolare. È disponibile per PS3, Xbox 360 e Windows. È stato sviluppato da Spicy Horse e prodotto anche questa volta da Electronic Arts.

Il videogioco è ambientato un anno dopo la fine del primo capitolo: Alice lavora in un orfanotrofio mentre si fa curare da uno psicologo, ancora affetta dal trauma della morte della sua famiglia e dall’incendio. Un giorno però, si ritroverà nuovamente nel Paese delle Meraviglie, più precisamente nella Valle delle Lacrime, scoprendo che c’è una nuova minaccia, il Treno Infernale, che sta distruggendo pezzo dopo pezzo il Paese delle Meraviglie. Nel frattempo, inizia a ricordare dettagli dell’incendio e svela il mistero dietro la morte della sua famiglia. È diviso in sei capitoli e in ognuno di essi vediamo sia parti della Londra vittoriana del 1875 che parti del Paese delle Meraviglie, che anche questa volta riflette situazioni reali distorte dalla mente della protagonista; questa volta però, i ricordi che Alice sbloccherà e le analogie tra la realtà e la sua immaginazione l'aiuteranno sia a risolvere il mistero dietro la morte della sua famiglia, che a rendersi di conto di quello che succede intorno a lei.

Il gioco si concentra molto sulla psiche della protagonista e su una storyline ben costruita. I movimenti del personaggio sono fluidi e migliori rispetto al prequel, stessa cosa per quanto riguarda i combattimenti, nonostante non ci siano moltissime armi. La grafica e la direzione artistica sono semplicemente mozzafiato e reggono il passo con giochi più moderni. La colonna sonora è, nuovamente, magnifica, così come le sezioni del Paese delle Meraviglie che visiteremo, assieme ad alcune parti della Londra vittoriana. I difetti però ci sono e si fanno sentire: il gioco ha un solo boss, quello finale, e i nemici sono abbastanza generici. I momenti in cui siamo nella Londra Vittoriana sono pochi e sarebbe stato gradito poterla osservare un po’ di più. Il gameplay in sé è ripetitivo e può stancare, i livelli tra loro non presentano grandi caratteristiche che li differenziano e li rendono freschi, ad eccetto dell'ambientazione e dei vestiti che Alice cambierà ad ogni capitolo. I puzzle presenti diventano noiosi dopo un po', mentre i livelli in 2D non sono proprio il massimo. Rimane pur sempre un solido gioco che consiglio caldamente, che dispone anche di un ottimo doppiaggio in italiano.

Un sequel, che avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata ad Alice, sarebbe stato Alice: Otherlands, che  era stato pensato come un MMO, dove Alice entra all’interno della mente di altre persone, le “Otherlands” per appunto per cercare di aiutarle.  L’idea di un gameplay così diverso non è piaciuta particolarmente, così, tramite KickStarter, McGee comprò i diritti di Alice per realizzare due corti animati su questo concetto: Leviathan, realizzato in computer grafica, vede la nostra protagonista entrare dentro la mente di Jules Werne, e A Night in the Opera, realizzato in stop motion, dove Alice entra nella Otherland di Richard Wigner.

Sono due ottimi corti con un concetto che ho adorato, anche se posso capire il perché la gente non abbia apprezzato né quest’idea né quella del MMO. Spero che un giorno riusciremo a vedere qualcosa di più elaborato su Alice: Otherlands, magari un film o un videogioco, anche se ne dubito. Piuttosto, gli artworks realizzati durante la campagna KickStarter li ho trovati molto più interessanti: in uno vediamo Alice entrare nell’Otherland di Thomas Edison, mentre nell’altro in quella di Vincent Van Gogh.
Nel 2018, American McGee rivelò che stava lavorando su un nuovo capitolo: Alice: Asylum, che sarebbe stato un prequel del primo gioco.  Inoltre, ha aggiunto che  per svilupparlo prima avrebbe voluto comprare i diritti da EA, che ha intralciato molto la produzione di Madness Returns. Sembra che tutto stia filando liscio, nonostante siano ancora in una fase di pre-produzione. Potete trovare vari aggiornamenti di Alice: Asylum sul Patreon di American McGee, che assieme ad un gruppo di artisti realizza concept art per funzioni, luoghi e materiale per Asylum.

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martedì 10 novembre 2020

L'orrore dietro un'infanzia turbata (Recensione "Penpal")

"Se premeste il vostro orecchio contro il cuscino in una stanza silenziosa, potreste sentire il battito del vostro cuore. Da bambino, quei ritmici battiti smorzati mi sembrava risuonassero come passi attutiti dalla moquette del pavimento." 

L'argomento di questo articolo riguarda una famosa creepypasta (ossia una storia originata su internet) pubblicata su NoSleep, un subreddit dedicato a questi racconti dell'orrore internetiani; sto parlando di Penpal, divisa in sei capitoli che riprendono diversi momenti della vita del protagonista, il quale non svela mai il suo nome. La storia è stata scritta da Dathan Auerbach e pubblicata sul suo profilo chiamato 1000vultures.

Il primo episodio, Footsteps (dal quale proviene la citazione soprastante), venne pubblicato nel 2011 e inizialmente pensato come un racconto a sè stante;  ma, in seguito all’enorme successo che riscontrò all’epoca, vennero aggiunte nuove parti: Balloons, Boxes, Maps, Screens e infine Friends, che alla fine formarono la creepypasta completa.

Penpal, traducibile in "amico di penna", non viene narrata in ordine cronologico: infatti l’autore/protagonista racconta vari episodi della sua giovinezza a seconda di quando inizia a ricordarli o di quando nota uno strano collegamento tra di loro, arrivando alla conclusione che dietro quelle peculiari coincidenze e quei bizzarri ricordi si nasconde qualcosa di molto terrificante e perverso.

 
illustrazione di Carolyn Nowak

Penpal è, senz'ombra di dubbio, una delle creepypasta migliore che esistano, sia a livello di scrittura, che ho amato alla follia, sia al livello di trama: una storia agghiacciante e toccante, che nasconde intelligentemente molti dettagli capaci di comprenderli solo durante una seconda lettura.

Se vi aspettate delle risposte esplicite a tutte le domande, rimarrete abbastanza delusi: difatti, dovrete essere voi ad arrivare alla verità e a giungere alle vostre conclusioni, facendovi aiutare dai già menzionati dettagli, i quali però tendono ad essere dimenticati perchè giudicati irrilevanti. Entriamo quindi nei panni del protagonista (grazie anche alla voluta mancanza del nome in modo da poterci immedesimare meglio nel personaggio), che mettendo al loro posto le tessere di questo intricato puzzle, scopre la terribile verità dietro questo "amico di penna".
 Dathan Auerbach, l'autore di Penpal
 
Nel 2012, attraverso Kickstarter uscì il libro (disponibile solo in inglese), che può essere considerato la versione più completa della storia originale: quest’ultima è stata scritta pezzo dopo pezzo senza poter tornare indietro ad aggiungere nuovi elementi, così il libro si impegna a chiarire alcune sezioni e colmare dei piccoli vuoti; altre aggiunte interessanti sono un rapporto di polizia alle ultime due pagine, delle backstories e degli approfondimenti in varie sezioni, scritte per allungare il libro: alcune possono risultare anche interessanti, ma molto spesso esse sono inutili e interrompono il racconto in maniera snervante.Rimane comunque un buon prodotto ed un ottimo acquisto che sono felice di aver fatto, e se foste fan della storia originale e riuscite a masticare bene l’inglese, questo libro è un must.

Sempre nello stesso anno, vennero comprati i diritti per un adattamento cinematografico da Rich Middlemas, ma non si hanno più notizie di questo progetto. La cosa più vicina è il corto diretto da Brooks Reynolds, che si basa sul primo capitolo, Footsteps, da cui prende anche il nome.

Nel 2018 uscì il secondo libro di Dathan Auerbach, intitolato Bad Man (disponibile anche in italiano se foste interessati). La storia segue Ben, un ragazzo che anni prima perse di vista, in un supermercato, suo fratello piccolo Eric, il quale non fu mai più trovato. Nel presente, Ben è alla disperata ricerca di un lavoro e ne trova uno in quel preciso supermercato. sentendosi alle strette, accetta a malincuore quel posto, Ormai alle strette, accetta il lavoro ed inizia a notare cose strane all'interno di quel posto, tra gente che si comporta in modo bizzarro, stanze segrete e simboli misteriosi, i quali, però, distraggono Ben dal fattore più importante: potrebbe essere lui la prossima vittima.

Penpal è LA creepypasta che non smetterò mai e poi mai di consigliare, capace ancora di emozionarmi ogni volta che la rivisito. Vi lascio con una domanda, che non sarebbe altro che la tagline del libro.

Quanto vi ricordate della vostra infanzia?
 
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lunedì 5 ottobre 2020

Shaye Saint John - I surreali video che disturbarono il web

Come ben sappiamo, su internet possiamo trovare davvero di tutto, e ovviamente non mancano cose che a noi, amanti dell’orrore, possano interessarci. Abbiamo già analizzato i casi di I Feel Fantastic, un video che ritrae un’androide cantare una disturbante canzoncina, e Barbie.avi, un file con all’interno una criptica intervista.
Oggi però, ci concentreremo su un altro mistero internettiano che mi ha sempre interessato molto; sto parlando di Shaye Saint John.

 Intorno al 2001, spuntò fuori un sito web gestito da Shaye Saint John, che si presentava dicendo di essere una modella che, un giorno, ebbe un grave incidente; oltre a sfigurarle terribilmente il viso, le portò seri danni anche al resto del corpo. Così, la donna decise di ‘ripararsi’ le parti danneggiate rimpiazzandole con pezzi di manichini, faccia inclusa. Inoltre, aveva sostenuto di essere stata sottoposta a vari esperimenti sul controllo della mente da parte della CIA, che le hanno fatto acquisire capacità telecinetiche. Come compagna, essa tiene una piccola bambola mezza bruciata chiamata Kiki, che appare sia in alcuni video che nel sito.

Come avrete intuito, non è un segreto che il personaggio di Shaye soffrisse di gravi problemi psicologici.

Parlando di quest’ultimo, esso si può definire labirintico: ogni volta che si cliccava su un link, appariva un’altra pagina del sito con altri collegamenti, i quali contenevano altre sezioni con ulteriori link, e così via… tra l'altro, l'esperienza del sito risultava molto più disturbante a causa delle bizzari immagini e dagli audio contorti presenti in varie sezioni, i quali vengono accompagnati da un'estetica del website molto datata. Ormai esso è stato chiuso da qualche anno, ma rimane comunque reperibile sulla Wayback Machine.

Ma la fama arrivò nel 2006 con l’apertura del suo canale YouTube; I video caricati erano totalmente surreali ed inquietanti, con una qualità molto bassa, ricchi di ripetizioni di immagini e/o audio e pieni di vari effetti visivi. Il suo video più famoso, Hand Things, la vede protagonista mentre fa una specie di gioco con le sue mani da manichino. Un altro video, come Destroyed by Chair, la vede sbattere con la sua sedia a rotelle contro un muro, per poi letteralmente rompersi in più parti. Questi video, di cui la maggior parte di breve durata, vengono chiamati “triggers”.

Ma chi si cela dietro questo misterioso personaggio? Esiste veramente questa persona?

Per rispondere all’ultima domanda: ovviamente… no, ma in un certo senso sì.
Shaye come persona non esiste, ma è piuttosto un personaggio creato da Eric Fournier. Quest’ultimo era un artista californiano che, dopo aver suonato in un gruppo musicale punk, i Red Farmers and Skelegore, decise di lavorare su un nuovo progetto, quello su Shaye Saint John per appunto, rimanendo dietro i riflettori e puntando le luci sul suo personaggio piuttosto che su di lui. Nel 2007, fece uscire un DVD con una collezione di triggers, chiamato “Shaye Saint John: The Triggers Compilation”.

Ma qual era il significato dietro i strani contenuti del sito web e i surreali video del canale YouTube?

Di sicuro avevano a che fare con la fama e con le celebrità, difatti, Shaye stessa ne è ossessionata. Shaye Saint John affronta diversi temi tra cui la popolarità, l'esigenza di rimanere rilevante e oserei dire anche della chirurgia plastica. Sotto un certo aspetto, può essere paragonata al mondo degli influencers che spesso e volentieri rimangono vittima del desiderio dell'eccessiva fama.

C’è un motivo se ho usato il passato per parlare di Shaye Saint John e di Eric Fournier, questo perché Eric morì nel 2010 dopo alcuni problemi con l'alcolismo. Però, Shaye ed Eric hanno lasciato un’importante impronta dietro e riservato un posto nel cuore dei loro fans: infatti, nel 2012 uscì un breve documentario intitolato Trigger Happy, diretto da Larry Wessel, il quale, nel 2016, fece un ulteriore documentario (un lungometraggio) intitolato Eric and Shaye

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