domenica 13 ottobre 2019

Il ritorno di Freeman (Recensione "Half-Life 2")

Dopo il successo del primo Half-Life e delle sue espansioni la pubblicazione di un sequel diretto era solo questione di tempo, ma la sfida che la Valve si trovava ad affrontare era certamente ardua: Half-Life aveva rivoluzionato l’industria videoludica, il suo sequel sarebbe riuscito a fare altrettanto oppure sarebbe stato oscurato dal suo “fratello maggiore”? Il successo della compagnia era stato accidentale, oppure c’era veramente del talento dietro quelle linee di codice?
Tutte queste domande avrebbero ottenuto risposta, dopo vari rimandi e inconvenienti, il 16 novembre 2004 con l’uscita di Half-Life 2.

Il giocatore torna a vestire i panni di Gordon Freeman, che, risvegliato dalla stasi dal G-Man circa 20 anni dopo gli eventi di Half-Life, si ritrova in una citta semi-orwelliana, denominata City 17. La Terra è stata invasa dell’Impero interdimensionale dei Combine, i quali hanno posto Wallace Breen (l’ex-amministratore di Black Mesa) al comando delle forze aliene inviate sul pianeta, ma, come è facile intuire, si tratta solo di un burattino nelle mani dei veri capi dell’Impero.
Gli effetti dell’invasione aliena sono subito evidenti: enormi schermi proiettano i messaggi propagandistici di Breen, le risorse del pianeta sono in esaurimento, i cittadini sono ridotti in uno stato di semi schiavitù o, nel peggiore dei casi, sono plagiati e trasformati in soldati al servizio dell’Impero e, grazie ad un “campo di soppressione” che impedisce agli esseri umani di riprodursi, i bambini sono un ricordo del passato. Simbolo di tutto ciò è l’enorme edificio al centro di City 17, la Cittadella, sede delle forze Combine stanziate nella città e quartier generale di Breen.
Ma non tutto è perduto: Gordon è velocemente intercettato dalla Resistenza, tra le cui fila troviamo vecchi amici, come Barney Calhoun, protagonista di Half-Life: Blue Shift e Isaac Kleiner, il mentore di Gordon menzionato nel manuale del primo Half-Life; nuovi volti, come la coprotagonista Alyx Vance; e anche vecchi avversari, ovvero i Vortigaunt, ormai liberi dalla schiavitù del Nihilanth e alleati dell’umanità.
Half-Life 2 è un miglioramento, sotto quasi tutti i punti di vista, di tutto ciò che aveva reso famoso il primo Half-Life, in primis la storia: questa è ancora una volta mostrata attraverso gli occhi di Gordon, il quale rimane un protagonista silenzioso per favorire l’immersione, ed e arricchita dalla presenza di personaggi carismatici e interessanti, che nel primo Half-Life erano del tutto assenti. Lo sviluppo della trama risulta fluido e naturale anche grazie ad un’integrazione perfetta tra quest’ultima e il gameplay e grazie l’abilità di Marc Laidlaw nella sceneggiatura del gioco.

Le ambientazioni sono caratterizzate da un design magistrale e suggestivo, ne consegue un worldbuilding altrattanto eccezionale anche grazie alla tecnica narrativa, favorita dalla visuale in prima persona, denominata “show, don’t tell” (“mostra, non raccontare”): il giocatore non ha bisogno che un personaggio gli spieghi che i Combine stanno prosciuganto le acque del pianeta, gli basta esplorare la costa e vedere enormi navi arenate a decine di metri dal mare.
Ritornano alcuni dei nemici del capitolo precedente, in particolare gli Headcrab, i quali presentano anche varianti denominate “veloci” e “velenose” (naturalmente sono anche presenti i rispettivi zombi). Altri avversari sono, naturalmente, le forze Combine, costituite da umani e altre creature aliene i cui mondi sono stati invasi, entrambi controllati e fisicamente alterati grazie a tecnologia aliena. Nel ombattere l’Impero il giocatore sarà quindi portato a mettere in dubbio la moralità delle sue azioni e a chiedersi quale sia il vero aspetto dei Combine.
Altro punto di forza è la colonna sonora di Kelly Bailey, che riesce a superare, contro ogni aspettativa, le track adrenaliniche del primo Half-Life, mantenendone comunque lo stile distintivo.

Il fiore all’occhiello di Half-Life 2 è sicuramente l’incredibilmente realistica fisica di gioco, resa possibile dal Source Engine, il nuovo motore grafico sviluppato dalla Valve. Saranno svariati i punti del gioco in cui il giocatore si troverà a dover risolvere dei puzzle basati sulla fisica, che, seppur nella loro semplicità, risultano soddisfacenti da risolvere. Emblema di tutto ciò è la Gravity Gun, un'arma che, oltre ad essere uno degli oggetti più iconici della serie (insieme al piede di porco), consente al giocatore di attrarre a se e lanciare gli oggetti presenti nel gioco, abilità che potrà essere usata non solo per risolvere puzzle, ma anche in combattimento.
Tutte le meccaniche sopra menzionate mostrano il meglio di sé in una delle aree più curate del gioco: Ravenholm. Si tratta di una città abitata inizialmente da membri della Resistenza, scoperta dai Combine e bombardata con Headcrab per trasformare i cittadini in zombi; con l’aiuto di Padre Grigori (l’ultimo sopravvisuto) Gordon dovrà quindi farsi strada utilizzando non solo le sue armi, ma anche gli oggetti presenti nella città, come seghe circolari lanciabili con la Gravity Gun o le macchine mortali create dal suddetto prete. In una sola area il gioco riesce a sfruttare tutti i supi punti forti: la temibile minaccia dei Combine, un’ambientazione suggestiva e terrorizzante, un worldbuilding eccellente, personaggi interessanti e una fisica realistica.
Ciò non vuol dire che il gioco sia perfetto, infatti molti giocatori hanno lamentato la poca varietà di armi e di nemici; e sebbene si tratti di critiche più che legittime, tali difetti sono totalmente eclissati dalle grandi innovazioni introdotte.
Così come il precedente capitolo Half-Life 2 è un capolavoro, che ha, ancora una volta, ridefinito il genere degli sparatutto in prima persona ed è ancora oggi ritenuto da molti il miglior videogioco mai creato.

ARTICOLO DI

Nessun commento: