giovedì 8 maggio 2025

Hellblade Il videogioco come simulacro dell'alterazione mentale

Indice
1. Metamorfosi virtuale
2. La voce della follia
3. Demistificare l’irrazionale

CAPITOLO 1
Metamorfosi virtuale

Empatia, il videogioco ci permette di vivere percorsi problematici altri. Accompagniamo vari personaggi attraverso livelli e scontri sempre più difficili, con l'obiettivo di completare la loro avventura e vederne la conclusione. Questo è possibile solo grazie alla collaborazione che si va a creare tra giocatore e personaggio giocabile: è ovvio che un personaggio non possa andare avanti senza il nostro comando, limitandosi al più in piccole animazioni d'attesa (se non alla più totale immobilità). La dipendenza è però ambivalente poiché noi, in qualità di giocatori, non possiamo agire nel mondo di gioco se non servendoci, appunto, della mediazione che avviene tramite il personaggio. Si instaura perciò un rapporto di aiuto reciproco tra l'elemento umano e quello digitale, una sorta di simbiosi dove il giocatore si cura della salute del personaggio, avendo l'accortezza di mantenerlo in vita o comunque in grado di avanzare, mentre l'azione e l'effettiva presenza all'interno del mondo di gioco è affidata a quest'ultimo. Il personaggio può variare di caratterizzazione, a seconda del gioco: si parte dal semplice avatar, un costrutto vuoto e obbediente, che esiste appositamente per agevolare l'immersione del giocatore (il quale potrà proiettarsi all'interno del mondo virtuale, quasi come vi si trovasse all'interno). D’altro canto, possiamo trovare invece personaggi complessi e approfonditi, i quali si lasceranno guidare dalle nostre mani mantenendo comunque una loro autorevolezza, permettendoci di agire solo entro certi limiti. Senza contare l’inevitabile affezione emotiva che andrà a crearsi con il passare del tempo, mentre impareremo a conoscere e padroneggiare il nostro “operatore” nel gioco (sentendoci di conseguenza sempre più a nostro agio nei suoi panni). È quindi evidente l’importanza che la relazione giocatore-personaggio giocabile possiede all’interno di un sistema cooperativo dove gli ordini e l’esecuzione dei comandi sono delegati a entità sostanzialmente distinte, eppure indistinguibili.

Ma cosa succederebbe se la percezione che abbiamo del gioco fosse alterata, illusoria, non affidabile? I nostri comandi mal interpretati, discussi... Cosa accade se i personaggi che giochiamo soffrono di malattie mentali?

In Hellblade: Senua’s Sacrifice (2017), Ninja Theory sfrutta il medium videoludico per esplorare la psicosi attraverso il personaggio di Senua, sfidando l’intuizione del giocatore e mettendolo così di fronte a una realtà alterata, immergendolo in un’esperienza profonda e destabilizzante all’interno di una mente frammentata.



CAPITOLO 2
La voce della follia

“Senua is a Celtic warrior from the late 8th Century whose Orkney homeland has been invaded by the Vikings. They’ve sacrificed her lover to the Norse gods and so she sets off on a quest to Hel, the Viking underworld, to retrieve his soul and lay him to rest. During the game, Senua experiences visions, voices and delusional beliefs – symptoms of what we now call psychosis.” 
-Tameem Antoniades, creative director[1].

Uno degli elementi chiave della resa psicologica di Hellblade è il comparto sonoro, il quale utilizza frequenze binaurali per trasmetterci le voci nella testa di Senua. Queste onnipresenti commentatrici saranno costantemente in dialogo con la protagonista e il mondo che la circonda, sussurrando indicazioni, urlando in preda al panico o semplicemente beffandosi di lei. L’implementazione non si limita soltanto a essere un elemento immersivo, ma svolge un ruolo attivo nell’esperienza di gioco: alcune voci ci avvertono di pericoli imminenti come nemici alle spalle, altre dispensano consigli sulla risoluzione di enigmi, altre ancora dibattono i più recenti risvolti di trama. Questa dinamica trasforma il sonoro in uno strumento dalla duplice valenza, se da un lato permette di guidare il giocatore (data l’assenza di qualsiasi tipo di HUD o interfaccia) dall’altra rende il disturbo di Senua centrale e portante per l’esperienza di gioco.

“In representations of mental illness on screen, you usually have the illness first, and then a two-dimensional character attached to that. In this case, the character is fully-formed, and they are not defined by their condition.” 
-Prof. Paul Fletcher, neurologo[2].
Dal punto di vista visivo, Hellblade utilizza distorsioni e illusioni ottiche per catapultare il giocatore nella psicosi di Senua. L’ambiente si trasforma, gli elementi della scena si muovono inspiegabilmente e la percezione del mondo cambia in base allo stato emotivo della protagonista. Questa instabilità visiva è un altro elemento chiave del gioco, poiché il giocatore non può fidarsi completamente di ciò che vede.

“So trees might shift position slightly, or you might see a hidden pattern in a shadow or a reflection. It’s these patterns that the player needs to find in order to progress in the game.” 
-Tameem Antoniades, creative director.

Un esempio significativo di questa meccanica è rappresentato dai puzzle basati sulla percezione: Senua deve osservare il mondo da angolazioni specifiche per trovare simboli nascosti, richiamando la modalità con cui le persone affette da psicosi possono attribuire significati particolari a elementi sconnessi dell’ambiente. L’effetto è straniante, ma anche profondamente accattivante, poiché ci costringe a una logica percettiva alterata.

“To some extent, Senua has always seen the world differently from others, but the idea is that the profound trauma she’s experienced has triggered these symptoms. Because of her experiences, Senua has lost touch with the reality of those around her. That’s really the formal definition of psychosis. We’re all more or less prone to psychosis, depending on how we view and experience the world, but trauma can often act as a trigger.” 
-Prof. Paul Fletcher, neurologo.
Per quanto riguarda il sistema di combattimento, infine, anch’esso è progettato per trasmettere vulnerabilità e tensione. A differenza di molti protagonisti di giochi action Senua non è un’eroina onnipotente, anzi. Ogni scontro è una lotta per la sopravvivenza contro nemici inquietanti che la sovrastano in numero e potenza. L’assenza di interfaccia grafica, inoltre, porta il giocatore a basarsi sulle animazioni corporee della protagonista per recepire la portata dei danni subiti, i quali andranno a inficiare le nostre movenze in combattimento. Un elemento particolarmente intrigante è il sistema di “permadeath”[3] per cui una macchia nera sul braccio di Senua si accresce con ogni sconfitta, minacciando di divorarla e cancellare i nostri progressi di gioco. Questa meccanica aumenta esponenzialmente l’ansia e l’insicurezza del giocatore, enfatizzando il terrore del fallimento vissuto dalla protagonista e trascinandoci per l’ennesima volta insieme a lei in una dolorosa odissea nelle fredde terre norrene.

CAPITOLO 3
Demistificare l’irrazionale

Hellblade: Senua’s Sacrifice rappresenta un punto di svolta fondamentale nella storia videoludica, tralasciando l’incredibile impresa produttiva di Ninja Theory che, con un team di sviluppo praticamente indie[4], è riuscita a pubblicare un titolo dalla caratura di tripla A (Coniando il termine “AA”, un’effettiva via di mezzo tra i due). Gli sviluppatori hanno sfruttato il medium non solo per raccontare una storia, ma per farla vivere direttamente ai giocatori. Il percorso empatico e sensoriale di Senua permette di attraversare il confine tra videogioco ed esperienza interattiva, consentendoci di esplorare tematiche complesse quali la psiche umana con una sensibilità e un’immedesimazione difficilmente raggiungibili attraverso altri mezzi espressivi. Un’opera che trascende il semplice intrattenimento, diventando di fatto uno strumento di sensibilizzazione ed eccezionale rappresentazione di una condizione purtroppo ancora oggi vittima di denigrazioni e superficialità.

“Senua is the hero of her own story, trying to make sense of her experiences and work her way through them.” 
-Prof. Paul Fletcher, neurologo.
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NOTE
[1] How Hellblade: Senua’s Sacrifice deals with psychosis, BBC Focus magazine n.131, James Lloyd, 13/4/2018.
[2] ibidem
[3] Nonostante il gioco suggerisca tale sistema, la community ha confermato che si tratta in realtà di un bluff da parte degli sviluppatori. Non esiste alcuna cancellazione dei salvataggi e il gioco riprende dopo un semplice fade out. La scelta, inizialmente controversa, è stata poi rivalutata quale brillante esempio di come ingannare il giocatore, se fatto sapientemente, possa rafforzare l’immersione e il coinvolgimento con l’esperienza ludica, servendo pienamente il game design. [There's more to Hellblade's permadeath than meets the eye, Eurogamer, Wesley Yin-Poole, 9/8/2017].
[4] Il progetto, finanziato in modo indipendente con il supporto del Wellcome Trust, è stato portato avanti da un team ristretto di circa 20 persone e un budget inferiore ai 10 milioni di dollari. Per mantenere alti standard qualitativi nonostante le risorse limitate, Ninja Theory ha adottato soluzioni ingegnose e creative come l’utilizzo della sala riunioni aziendale per il motion capture e l’impiego di oggetti recuperati per strada come modelli per la creazione delle texture. La scelta di realizzare un prodotto simile era per lo più una forma di protesta contro le case produttrici tradizionali, troppo prese nel seguire trend effimeri, dimostrando che era possibile sviluppare un gioco narrativo, profondo e qualitativo in modo indipendente, senza compromessi artistici. [How Hellblade: Senua's Sacrifice was made as an 'indie triple-A' game on a tight budget, Eurogamer, Matthew Reynolds, 29/3/2018; Hellblade: Senua's Sacrifice Guide - Development, IGN, Brendan Graeber et al.].

MATERIALI DI RIFERIMENTO
Hellblade: Senua’s Sacrifice, Ninja Theory, 2017.
• How Hellblade: Senua’s Sacrifice deals with psychosis, BBC Focus magazine n.131, James Lloyd, 13/4/2018.
• Hellblade: Senua’s Psychosis, Ninja Theory, 2017.

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