mercoledì 13 maggio 2020

Ritorno alle origini (Recensione "Black Mesa")

Il 16 novembre 2004 la Valve Corporation pubblicò, insieme ad Half-Life 2, una versione rimasterizzata di Half-Life, chiamata Half-Life: Source. Il gioco avrebbe girato sul nuovissimo motore grafico della compagnia, il Source Engine, e, inutile dirlo, le aspettative erano alte. Purtroppo i fan si ritrovarono delusi quando Half-Life: Source si rivelò un semplice porting di Half-Life sul motore grafico di Half-Life 2, con effetti particellari e texture dell’acqua migliori che però non si adattavano allo stile del gioco e una miriade di bug e glitch grafici assenti nella versione originale.
Il malcontento spinse un gruppo di ragazzi a fondare la Crowbar Collective, una compagnia indipendente che dal gennaio del 2005 si dedicò allo sviluppo di un vero remake di Half-Life. Come spesso accade in questi casi, i primi frutti si videro dopo molto tempo, quando nel 2012 fu rilasciata Black Mesa: Source, una mod di Half-Life 2 che ricreava il primo capitolo della serie, eccezion fatta per i livelli ambientati su Xen. 
Nel 2015 fu pubblicata, con il semplice nome di Black Mesa, una nuova versione del gioco, in accesso anticipato su Steam: questa volta il titolo girava su una versione modificata del Source Engine e, conseguentemente, non necessitava più di Half-Life 2 per essere giocato; nonostante ciò, non c’era ancora traccia dei livelli di Xen. Dopo svariati rinvii e un breve periodo di beta-testing nello scorso anno, finalmente un aggiornamento del gioco implementò queste tanto anticipate aree, e, nel marzo di quest’anno il gioco è uscito dal programma “accesso anticipato” con il rilascio della versione 1.0.
La trama è identica a quella del primo Half-Life: Gordon Freeman, uno scienziato ventisettenne impiegato presso il complesso di ricerca di Black Mesa, si dirige sul suo luogo di lavoro, dove dovrà effettuare un’analisi di un misterioso cristallo di origini sconosciute. Qualcosa però va storto e l’esperimento causa l’apertura di una breccia dimensionale, la quale è attraversata da orribili creature aliene che invadono il complesso di ricerca. Gordon dovrà farsi strada tra i corridoi di Black Mesa, sopravvivendo agli attacchi degli alieni, con lo scopo di raggiungere la superficie in cerca d’aiuto.
Sono inoltre presenti elementi di collegamento ad Half-Life 2, come la presenza di Isaac Kleiner e Eli Vance che prendono il posto di due scienziati che Gordon incontra prima dell’esperimento con il cristallo (lo stesso Eli Vance accenna all’episodio in Half-Life 2 e Half-Life 2: EpisodeTwo).
Come è facile immaginare, i controlli del gioco sono molto migliori rispetto quelli di Half-Life: mentre in quest’ultimo era possibile perdere il controllo di Gordon che a tratti sembrava “pattinare” sul pavimento, in Black Mesa il gioco risponderà in modo molto più dinamico agli input forniti dal giocatore, determinando, anche grazie all’introduzione dello sprint, un movimento più dinamico e preciso.

La difficoltà risulta inoltre notevolmente incrementata: i nemici saranno notevolmente più resistenti e la loro IA è decisamente più avanzata, evitando così le situazioni bizzarre che caratterizzavano il primo Half-Life, quali militari che lanciavano granate ai loro piedi o alieni che si ostinavano ad attaccare corpo a corpo nonostante gli ingenti danni subiti.
Sebbene il gioco sia nato come mod di Half-Life 2, Black Mesa riesce a superare di molto la sua resa grafica: grazie all’acquisizione di una licenza commerciale del Source Engine, concessa dalla Valve Corporation, gli sviluppatori hanno potuto modificare a piacimento il motore grafico del gioco, portandolo ai suoi limiti. Ma la situazione ha comportato anche degli svantaggi: in quanto release standalone, Black Mesa non poteva utilizzare nessuno degli asset di Half-Life o Half-Life 2 e gli sviluppatori, sono stati costretti a ricrearli.

Le aree di gioco ricalcano quelle di Half-Life, ma risultano notevolmente estese e migliorate, con lo scopo di rendere Black Mesa più simile ad un vero complesso di ricerca e di utilizzare al massimo le potenzialità del motore grafico. La presenza di puzzle basati sulla fisica è senza dubbio un’eredità importante di Half-Life 2, che aiuta a far sedimentare Black Mesa come un degno membro (seppur “apocrifo”) della serie.
Meritano una menzione speciale le aree di Xen, le quali, tra platforming non eccezionale e restrizioni dovute al tempo di sviluppo limitato, costituivano la parte più debole del primo Half-Life. Black Mesa, invece, fa di Xen il suo fiore all’occhiello, con un design totalmente nuovo e volto a mostrare questa dimensione come un vero ecosistema in cui le varie creature che lo abitano possano vivere.
Le boss fight contro Gonarch e il Nihilant sono particolarmente impegnative e richiedono una conoscenza approfondita delle meccaniche di gioco, una buona abilità strategica e una discreta parsimonia nell’uso delle munizioni. In generale, mentre le aree del complesso di Black Mesa sono più incentrate sul lato action del gioco, Xen segna un ritorno di quell’horror cosmico che si era andato a perdere nei capitoli più recenti della serie.
La colonna sonora, composta da Joel Nielsen, si adatta perfettamente al feel più moderno di Black Mesa, ricalcando allo stesso lo stile di Kelly Bailey che ha reso indimenticabili le soundtrack della serie di Half-Life. Si fa però sentire la mancanza dei pezzi più iconici della serie, come l’ormai famosissimo Hazardous Environments.
In conclusione Black Mesa è un remake più che degno di questo nome, che riuscirà a rendere felici sia i fan di vecchia dati intenzionati a ritornare nei panni di Gordon Freeman, sia coloro che, nonostante la volontà di approcciarsi alla serie, hanno trovato la grafica e il gameplay del primo Half-Life troppo datati.

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