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mercoledì 25 gennaio 2023

Il mancato ritorno alla torre dell'orologio - Orrori Perduti: "REMOTHERED", il remake che non fu di "Clock Tower"

"Phenomena" del 1984 di Dario Argento è spesso considerato tra i migliori lavori del regista, nonché, a sua stessa detta, il suo film preferito. Oltre ad essere un caposaldo dell'horror italiano, però, ha anche il merito di aver ispirato uno dei grandi classici dell'orrore videoludico: Clock Tower

Il videogioco datato '95, in realtà, è ispirato alla filmografia di Argento in generale, omaggiandolo in diversi modi ed ispirandosi ai suoi capolavori come "Profondo Rosso" e "Suspiria" in modo anche diretto, ma mai quanto per "Phenomena": la protagonista stessa del gioco condivide fattezze e nome con la giovanissima Jennifer Connelly del film. Il titolo della casa di sviluppo nipponica Human Entertainment, diretto da Hifumi Kono, è un survival horror punta e clicca che riprende sia le atmosfere e le tematiche del giallo italiano, con una buona dose di slasher, ma anche ispirato al recente successo horror di quegli anni, "Resident Evil". La trama vede l'orfana Jennifer Simpson adottata, assieme ad alcune sue amiche, da un misterioso uomo che abita in una magione isolata nella quale le ragazze si trasferiranno. Ben presto tutte, eccetto la nostra protagonista, verranno ritrovate morte, uccise in modo brutale da un assassino malato mentale armato di un enorme paio di forbici (da qui il nome, Scissorman), dando via ad una corsa per la sopravvivenza della superstite, destinata a risolvere i misteri della casa e della famiglia che vi abita lungo la sua disperata ricerca di una via di fuga. 
Il successo del gioco darà il via a una serie di 4 capitoli, secondo il quale sarà il primo ad arrivare anche in occidente, spacciato per il numero uno della saga. A seguito del fallimento della Human Entertainment, nel 2002, Capcom e Sunsoft, acquisiti i diritti della serie, ne svilupperanno un quarto e ultimo capitolo, diretto dal regista Kinji Fukasaku (noto per la sua trilogia di "Battle Without Honor and Humanity") per la sua prima ed unica volta alle prese con il mondo videoludico. Sfortunatamente, questo sarà anche l'ultimo titolo per "Clock Tower". Kono, il game director del primo gioco, provò a convincere più volte Capcom a produrre un reboot, nonostante il flop che fu l'ultimo capitolo, ma ogni tentativo fu vano. Nel 2005, la Capcom rilasciò un titolo, "Haunting Ground", che sarebbe dovuto originariamente essere un capitolo della saga, nonostante il progetto sia stato poi cambiato, venendo comunque considerato un seguito spirituale per "Clock Tower" e, nel 2016, Kono riprenderà molti elementi del suo classico, omaggiandolo in "Project Scissors: NightCry", progetto nato grazie a Kickstarter, considerabile ancora più dell'altro un successore spirituale, se non un vero e proprio reboot, di "Clock Tower" e diretto dal regista della saga di "The Grudge", Takashi Shimizu. Il gioco non ricevette un benvenuto troppo caloroso sulla scena e finì velocemente nel dimenticatoio. E a questo punto della storia si torna in Italia

Chris Darril, al secolo Mario Christopher Darril Valenti, è un game developer siciliano che, dopo alcuni progetti indipendenti realizzati con RPG Maker e ispirati a "Clock Tower" e "Silent Hill", viene notato dallo stesso Kono e affiancato a Shimizu e a Masahiro Ito (designer di "Silent Hill") proprio per il suo "NightCry". Il titolo per il quale ricevette l'attenzione del game developer, però, è un titolo che, almeno nella sua forma originale, non ha mai visto la luce del giorno, "REMOTHERED".
Pensato come un vero e proprio remake di "Clock Tower", ispirato a Dario Argento e H. P. Lovecraft per atmosfera, e sviluppato dal solo Darril in modo del tutto indipendente, il lavoro sul titolo iniziò nel 2007. Il gioco non entrerà, però, in produzione effettiva fino al 2009, quando, usando Adobe Photoshop, i primi asset 2D, ispirati a dipinti su tela classici nell'estetica, non vennero creati. Numerosi screenshot e filmati di gioco sono stati rilasciati nel corso della programmazione, ma era evidente che il titolo fosse in continua mutazione, apparentemente allontanandosi sempre di più dal materiale originale. Tra il 2009 e il 2012 diverse versioni del gioco si susseguirono e si parlò anche di un sequel in progetto, "Remothered: Grave Torments", che avrebbe visto una nuova protagonista (la violinista Katherine Gale) ritrovarsi in un sinistro paesino italiano (o della Bosnia) dopo aver ereditato la biblioteca di suo padre, finendo presto vittima di una misteriosa malattia. Venne presto chiarito, però, che qualsiasi lavoro su un seguito sarebbe iniziato solo dopo l'uscita del primo capitolo, che aveva ancora la priorità. 

La primissima versione, di cui si sa poco e nulla, è quella del progetto iniziale del 2007. Non si sa molto su questa build, se non che la protagonista, Jennifer, una ragazza sulla ventina, sarebbe stata accompagnata da delle amiche ad indagare in una magione dove avrebbero avuto luogo gli omicidi, non dissimilmente dal primo "Clock Tower". Esistono solo una manciata di immagini risalenti a questo periodo, nessuna rappresentante gli amici della protagonista o l'assassino, e, il solo filmato esistente, è considerato perduto. Nonostante poco sia noto, è verosimile pensare che anche nel resto degli elementi avrebbe seguito abbastanza fedelmente il gioco originale e che il killer sarebbe stato lo Scissorman. 
Screenshot di uno dei primi prototipi
La seconda versione del 2009 presentò un gioco molto più ricco e ambizioso di quello precedente: Jennifer Sutton (nome cambiato rispetto all'originale, Jennifer Simpson), nuovamente un'adolescente e non più un'adulta come nel titolo originale, avrebbe nuovamente esplorato un'inquietante magione popolata da stravaganti personaggi, intrecciando alcuni elementi del proposto sequel a quelle del progetto iniziale, iniziando a distanziarsi da "Clock Tower", pur mantenendolo come principale ispirazione. 

Questa versione si sarebbe aperta in flash forward con una reporter, Dakota Wrang, intenta a descrivere gli abominevoli omicidi avvenuti nella magione nella campagna di Romsdalen, posseduta dalla famiglia Baroni (invece che Barrows come nel gioco originale), descrivendo il ritrovamento di cadaveri, principalmente di bambini, terribilmente mutilati. Come in "Clock Tower", Jennifer e le sue amiche, delle ragazzine orfane, sarebbero state accompagnate dalla loro maestra, Ms. Mary Reed, nella loro nuova abitazione. Seguendo abbastanza fedelmente la premessa del titolo del '95, il padrone di casa non sarebbe stato presente e Jennifer e le sue amiche, sospettose, avrebbero iniziato ad indagare per la casa. Appena arrivata, inoltre, la protagonista avrebbe immediatamente notato figure spettrali (non presenti nell'originale) aggirarsi per la magione, essendo stata capace di vedere entità spiritiche per tutta la sua vita, sentendosi pazza. Mary prende però la ragazza in disparte, spiegandole che non deve pensare questo, che si tratta solo di stress per il cambiamento e di iniziare a prendere la sua medicina.
A differenza del gioco di Kono, qui le amiche di Jennifer non avrebbero trovato tutte immediatamente la morte, ma sarebbero state ucciso una ad una lungo il progresso dell'avventura. Il numero di nemici sarebbe anche notevolmente aumentato: se il titolo originale presenta l'iconico Scissorman (il piccolo cannibale Bobby Barrows), Mary Barrows (corrispettivo di Mary Reed) e il deforme e mostruoso Dan Barrows, "Remothered" avrebbe introdotto Madame Svenska, Richard Felton, The Hungry Wolf, The Drowned Bald Man, The Ancestor e gli Homunculus (piccole bambole di porcellana dotate di vita propria), affiancati allo Scissorman, ora ribattezzato Robert Baroni. La mappa sarebbe stata anche ampliata con l'aggiunta di una foresta nei pressi della casa
Concept art di Robert Baroni
Della terza versione, datata 2011, non si sa molto, se non alcuni accenni di trama e i concept art di alcuni personaggi. Jennifer (questa volta non più il solo personaggio giocabile, in quanto affiancata da Rosemary Reed e Lindsay Silverhat, altre due orfane adottate dalla famiglia Baroni), si sarebbe ritrovata in Provenza, tra le Alpi, e il mistero sarebbe stato collegato al misterioso suicidio di una donna e alla morte di suo figlio, oltre che a un culto satanico. Anche in questa versione le ragazze sarebbero state fatte fuori una ad una da una sfilza di assassini, nonostante si conoscano solo la "Red Nun" e Robert Baroni, nuovamente lo Scissorman, nonostante gli evidenti cambiamenti estetici: sarebbe stato un adulto e non più un bambino, avrebbe indossato una maschera di porcellana (forse un richiamo agli homunculus della versione precedente) e le sue cesoie sarebbero state collegate direttamente al suo braccio destro. Nonostante fosse stato pensato inizialmente in 3D per PC e Wii U, il titolo venne poi ripensato usando RPG Maker XP

La soundtrack del gioco venne rilasciata digitalmente il 2 dicembre 2011, composta da Mattia Gosetti, David Gonzalez, Dan Beyer e con la collaborazione di Ueickap, ma lasciando fuori i pezzi remake di canzoni del primo "Clock Tower" che sarebbero stati presenti nella versione del 2009.
Dal 2013, però, il progetto venne messo in pausa a causa dei lavori per "Forgotten Memories: Alternate Realities" e "NightCry". Da quel momento, il titolo sarebbe finito in un limbo finché non venne ufficialmente cancellato. Chris Darril, però, ripensò il progetto nella sua interezza, unendo elementi di tutte le versioni e del sequel mai realizzato, includendo anche alcuni dei personaggi che aveva creato come Richard Felton o Rosemary Reed, seppur fortemente modificati, realizzando il suo horror di successo "Remothered: Tormented Fathers" del 2017, considerato il miglior gioco italiano dell'anno e vincitore di molti premi anche internazionali, e il sequel uscito nel 2020 "Remothered: Broken Porcelain", anch'esso vincitore di numerosi riconoscimenti compreso un "Community's Game of the Year". Il progetto originale di un remake di "Clock Tower", però, non vide mai la luce del giorno e, ad oggi, non vi è nessun piano per riportare il franchise in vita in alcun modo.

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REVISIONE DI
GIULIA ULIVUCCI e LORENZO SPAGNOLI

sabato 18 giugno 2022

Negli oscuri abissi di Rapture (Recensione "Bioshock")

Alla fine cosa distingue uno schiavo da un uomo? Denaro? Potere? No.

Un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce.

L’oggettivismo è una corrente filosofica ideata dalla scrittrice russo-statunitense Ayn Rand, basata sul razionalismo e l’individualismo; tale teoria è alla base dei temi di Bioshock, un videogioco sparatutto in prima persona sviluppato dalla Irrational Games e pubblicato dalla 2K games nel 2007.

Il giocatore veste i panni di Jack, un giovane americano salvatosi da un incidente aereo nel mezzo dell’Oceano Atlantico che trova rifugio in quello che sembrerebbe essere un faro; tale struttura si rivela essere l’ingresso di Rapture: un tempo una ricca e prosperosa città sottomarina, ora invasa da mutanti denominati “ricombinanti”. Tramite una radio portatile Jack sarà guidato da Atlas, uno dei pochi umani sani rimasti nella città e, intenzionato anch’egli a fuggire dalla città insieme alla sua famiglia, offrirà il suo aiuto al protagonista. L’impresa si rivelerà ardua, non solo per gli attacchi dei ricombinanti, ma anche per l’intervento diretto di Andrew Ryan, il fondatore di Rapture, apparentemente intenzionato ad impedire la fuga di Jack e Atlas

Il giocatore avrà a sua disposizione un ampio arsenale di armi, che spaziano da una semplice chiave inglese fino ad arrivare ad un lanciagranate e una balestra; la maggior parte di queste presenta, laddove previste, diversi tipi di munizioni equipaggiabili, che forniscono effetti specifici ai colpi dell’arma da fuoco utilizzata, eventualmente utili a fronteggiare avversità più specifiche, quali possono essere i nemici con armature. Sarà anche possibile utilizzare i plasmidi, sieri che forniscono a Jack abilità speciali come la telecinesi o la capacità di sparare fulmini dalle mani. Sono inoltre presenti elementi tipici degli RPG, quali negozi dove acquistare munizioni e potenziamenti, un sistema di abilità passive e meccaniche di crafting.

La grafica risulta, per gli standard del 2007, ottima, con una buona qualità dei modelli e delle texture, nonché degli effetti particellari tutto sommato godibili. Il gioco ha ricevuto nel 2016 una remaster che migliora notevolmente l’aspetto grafico, rendendo così il gioco più appetibile agli occhi di coloro che vi si approcciano per la prima volta.

I personaggi risultano interessanti e ben caratterizzati, anche grazie ai vari messaggi registrati che sarà possibile trovare nel gioco, che approfondiscono il loro background nonché quello di Rapture stessa, dalla sua fondazione fino alla caduta, contribuendo così ad un worldbuilding eccellente.

Il design delle ambientazioni presenta uno stile ibrido tra lo steampunk e lo stile dell’Art decò, misto all’estetica tipica degli anni ’50 e ’60, conferisce a Rapture e al gioco stesso uno charm e un’atmosfera intrigante.

Il level design delle aree esplorate è eccellente: sebbene la strada da seguire per proseguire nella storia principale risulti piuttosto lineare e semplice da seguire, l’esplorazione delle stanze presenti nelle ramificazioni sarà sempre ricompensata con potenziamenti, munizioni e oggetti di cura.  

Oltre che dall’esplorazione delle aree di gioco, la rigiocabilità di Bioshock è ulteriormente arricchita dalle scelte morali che il giocatore dovrà fare: saranno infatti presenti tre finali diversi, che dipenderanno dalle azioni del protagonista durante il gioco.

Altro punto forte è la colonna sonora che riesce perfettamente a trasmettere tensione nei momenti più concitati del gioco, grazie in particolare ad un ottimo uso degli archi nell’orchestrazione. Il tema principale merita una menzione speciale l’utilizzo della canzone Beyond the sea di Bobby Darin, che ironicamente si addice perfettamente alla trama e ai temi del gioco.

In conclusione Bioshock è un eccellente sparatutto in prima persona con elementi horror, non a caso è tutt’oggi considerato uno dei migliori del suo genere, pertanto lo consiglio vivamente a tutti gli appassionati.

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domenica 7 marzo 2021

Un sequel deludente (Recensione "Emily Wants to Play Too")

Emily Wants to Play Too è il seguito dell’acclamato videogioco indie survival horror Emily Wants to Play. Il titolo è stato sviluppato, così come il capitolo precedente, da Shawn Hitchcock e pubblicato da SKH Apps su piattaforme Windows, OS X e Linux nel dicembre del 2017, ricevendo in seguito porting su piattaforme PlayStation 4, Xbox One, iOS e Android.

La trama ha inizio nell’appartamento dell’anonimo protagonista del gioco, che dopo una festa durata tutta la notte decide di dormire in modo da essere pronto nel pomeriggio per il suo turno di lavoro presso il servizio di food delivery Timmy Thom's Fast Sandwiches. Dopo un sonno agitato da incubi apparentemente ricorrenti, il protagonista si dirige al complesso di ricerca Central Evidence per consegnare un sandwich; una volta arrivato, però, si ritrova chiuso all’interno dell’edificio. Per riuscire a fuggire il giocatore dovrà trovare quattro chiavi magnetiche che consentono l’accesso ad altrettante aree del complesso, cercando di sopravvivere fino alle 7 del mattino. L’impresa sarà resa ancora più ardua e terrificante dalla presenza di bambole possedute e del fantasma di Emily, che attaccheranno il protagonista a meno che il giocatore non esegua determinate azioni.

Oltre che con gli avversari del primo capitolo (Emily, Mr. Tatters, Chester e Kiki), i quali presenteranno nuovi metodi per essere sconfitti, il giocatore dovrà confrontarsi anche con tre nuovi nemici: Weasl, un pupazzo dal trucco verde che attaccherà a meno che non sia trovato un carillon e fermato; Greta, una bambola senza occhi e deturpata che riuscirà ad individuare il giocatore nel caso quest’ultimo provochi forti rumori; e infine Maxwell Steele, un manichino dal completo elegante, il quale potrà essere allontanato utilizzando una torcia.

Purtroppo i design di queste nuove bambole risultano molto poco originali ed è facile osservare similitudini lampanti con il trio del primo capitolo (Kiki e Greta, Weasl e Mr. Tatters e infine Maxwell Steele e Chester), sebbene non vi sia alcuna giustificazione a livello di trama per questa somiglianza.

Altro difetto relativo alle bambole è, come nel primo Emily Wants to Play, è la scarsa qualità dei modelli 3D utilizzati per queste ultime, soprattutto se confrontati con quelli più realistici degli ambienti e degli oggetti del gioco. Questa dissonanza va ad intaccare l’atmosfera del gioco, inevitabilmente rompendo l’immersione del giocatore, aspetto indubbiamente fondamentale per questo tipo di giochi.

Tuttavia, trascurando il suddetto difetto, le atmosfere del gioco risultano molto ben realizzate: la scarsa illuminazione e la quasi totale assenza di suoni se non quelli emessi dalle bambole e dai passi del protagonista riescono a trasmettere un senso di inquietudine, paura e suspence.

Comprendere le meccaniche del gioco può inizialmente risultare complesso, dato che gli unici indizi a disposizione del giocatore su come sfuggire agli attacchi di Emily e gli altri nemici saranno forniti tramite consigli (non sempre giusti) scritti su alcune lavagne disseminate per Central Evidence. Una volta apprese queste semplici istruzioni il gioco diventerà molto ripetitivo e la difficoltà deriverà principalmente dalla possibilità di avere più bambole attive contemporaneamente: la maggior parte dei “game over” non sarà perciò causata da una scarsa comprensione delle regole del gioco, ma da situazioni caotiche e al di fuori del controllo del giocatore, cosa che risulta essere senza ombra di dubbio una grossa fonte di frustrazione.

Un punto forte del titolo sono ancora una volta i suoi segreti: non solo saranno presenti due finali segreti, i quali richiederanno che il giocatore compia determinate azioni nel corso del gioco, ma, così come nel primo capitolo, sarà possibile trovare articoli di giornale, rapporti della polizia, foto e altri documenti che forniranno informazioni sugli spiriti che possiedono le bambole e sull’universo generale del gioco.

Sebbene il gioco possa essere completato in pochissime ore, riesce efficacemente a compensare questo difetto con l’aggiunta di una nuova modalità di gioco e un prezzo adeguatamente basso.

In conclusione, Emily Wants to Play Too presenta degli elementi interessanti, purtroppo oscurati dai suoi difetti che complessivamente rendono il titolo un passo indietro rispetto al suo predecessore. Se avete amato Emily Wants to Play il suo sequel potrà senza dubbio risultare deludente, ciononostante vi invito a provarlo per le poche novità introdotte.

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