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mercoledì 28 giugno 2023

Horror Moth Podcast - Spider-Man: Across the Spider-Verse (S1E1)

"Spider-Man: Across the Spider-Verse", uscito nelle sale il 2 giugno 2023, è il mastodontico secondo capitolo della trilogia dello Spiderverse della Sony Illuminations. Un prodotto animato creato con una minuziosa attenzione per i dettagli e, come il precedente, innovatore nell'ambito dell'animazione.

A parlarne, tra curiosità, analisi e risate, ci sono l'host Robb P. Lestinci, il suo co-host Nicholas Gironelli e l'ospite David Decina. I tre si passeranno la parola in un viaggio multiversale in uno dei film animati più visivamente e tecnicamente impressionanti della storia. 
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FONTI CITATE
PRESENTATORI
OSPITE
MIXING E REVISIONE
GRAFICHE DI


venerdì 23 giugno 2023

Spider-Man: Into the Spider-Verse - La spettacolare ragnatela della rivoluzione animata

 "Miles Morales is a reflection of the culture in which we live. I love the fact that my son will see a Spider-Man swinging through the sky whose last name is "Morales". And judging from the response, I can see I'm not alone.1 "
(Alex Alonso)
24 Novembre 2014. Il team di hacker nord-coreano conosciuto con il nome di Lazarus Group accede ai database della Sony Pictures Entertainment e rende pubblici dati estremamente sensibili appartenenti allo studio.2 L’attacco informatico è di portata spaventosa: vengono pubblicate informazioni riguardanti i dipendenti dell’azienda e le rispettive famiglie, postati interi film non ancora rilasciati o in fase di lavorazione, e-mail private dei vertici della Sony. Tra queste alcune, scambiate tra la co-chairman Amy Beth Pascal e l’allora presidente Doug Belgrad, riguardavano il progetto di un film animato su Spider-Man che, pensato inizialmente con il semplice obiettivo di “ringiovanire” il franchise, avrebbe segnato un importante punto di svolta nella storia dell’animazione contemporanea.

Le prime informazioni che saltano fuori dalle e-mail sul film sono i due nomi di Phil Lord e Christopher Miller (coppia di filmmaker e sceneggiatori che in quello stesso ha realizzato The Lego Movie) e, assieme a loro, una data: gennaio 2015, lo “Spidey-Summit", un meeting al quale i vertici di Marvel e Sony avrebbero preso parte per discutere sul futuro cinematografico dell’iconico supereroe. Doug Belgrad a riguardo scrisse alla Pascal (nell’ennesima e-mail resa pubblica in seguito all’attacco informatico) delle buone possibilità di riuscire ad ottenere un contratto con la Marvel estremamente favorevole che avrebbe garantito alla Sony totale libertà creativa e produttiva nel progetto, nonché il ruolo di distributrice.3 
Design originali dei protagonisti ad opera di Alberto Mielgo (primo art director del progetto)


Il film verrà ufficialmente annunciato dal chairman della Sony Tom Rothman, a poca distanza dall’attacco informatico e dallo Spidey-Summit, al CinemaCon dell’Aprile 2015 a Las Vegas con il titolo di Spider-Man: Into the Spider-Verse e accompagnato da una data d’uscita: 20 luglio 2018 (in seguito posticipata al 14 dicembre dello stesso anno). Poche ma importanti le informazioni rivelate sul film in quell’occasione: è stata confermata la partecipazione al progetto di Lord e Miller, i quali avrebbero avuto sia il ruolo di produttori che di sceneggiatori4, almeno in una prima fase di scrittura, ed è stato specificato che la pellicola sarebbe stata indipendente dalle altre trasposizioni cinematografiche di Spider-Man, precedenti e successive, e in particolare dalla macrotrama del Marvel Cinematic Universe.

Nei mesi successivi al CinemaCon del 2015 i nomi di numerosi altri collaboratori sono stati annunciati e in particolare quelli dei registi Bob PersichettiPeter Ramsey e Rodney Rothman che, affiancati da un’enorme crew di animatori composta da oltre 140 artisti fissi (arrivando a toccare i 177, la più grande mai usata dalla Sony Pictures Imageworks)56 avrebbero dato vita al film che Lord e Miller sognavano da tempo. I due filmmaker, infatti, erano in contatto con la Pascal già dall’estate del 2014 per la produzione di un film animato su Spider-Man. I due avrebbero avanzato le condizioni di trasporre sul grande schermo la storyline di Dan Slott “Spider-Verse” (2014) e di avere come protagonista Miles Morales, ma fu loro imposto di utilizzare uno stile di animazione che richiamasse quello convenzionale della Pixar, ragione per cui Lord (con un “It’s too hard to do great work there”) ha ben deciso di abbandonare il progetto allontanando di conseguenza anche il suo collaboratore Miller.7
Ma qualcosa era evidentemente cambiato all’interno del reparto creativo della Sony nei mesi subito successivi perché Lord e Miller hanno risposto a un’ultima chiamata della Pascal aderendo finalmente al progetto. I due, spinti dall’irrefrenabile desiderio di sperimentazione e novità, non avrebbero mai accettato alcun tipo di limitazione a livello creativo nella realizzazione di un loro progetto. Ebbene, la Sony era pronta ad ascoltarli e correre il rischio di produrre un film che sarebbe uscito, in tutte le sue declinazioni possibili, fuori da ogni canone. L’interesse primario, per Lord e Miller, era quello di dar vita ad un film che avesse uno stile unico e innovativo, che combinasse in modo originale la computer animation e quella tradizionale dei fumetti, qui fortemente influenzata dai lavori della fumettista italiana e co-creatrice di Miles Morales Sara Pichelli. Un cinecomic autentico quindi, che nasce dall’incontro-scontro del fumetto con il cinema e, in particolare, con l’animazione. Difatti, Into the Spider-Verse, è ispirato, proprio come volevano dal principio Lord e Miller, all’arco narrativo “Spider-Verse” (2014-2015) della saga Amazing Spider-Man (nel quale compaiono pressappoco tutte le varianti di Spider-Man fino ad allora conosciute) con influenze derivanti anche da altre storie quali “The death of Spider-Man” e i cinque numeri della mini-serie “Spider-Men”, nella quale debuttò il personaggio di Miles Morales.

Spider-Man: Into the Spider-Verse è finito così per portare con sé novità dalla portata rivoluzionaria. È la prima volta che un film d’animazione, non indipendente e ad alto budget come questo, riesce a dimostrare una tale consapevolezza delle opportunità che il disegno animato può offrire facendole convergere tutte in modo estremamente organico e creativo nella produzione di un qualcosa mai visto prima d’ora. Non si tratta però solamente dello stile d’animazione utilizzato (fortunatamente la Sony ha ceduto di fronte alle richieste di Lord e Miller abbandonando l’idea di emulare l’estetica Pixar) ma anche dell’inconsueta scelta di portare sul grande schermo uno Spider-Man che non sia il solito Peter Parker. Miles Morales (doppiato dall’attore americano Shameik Alti Moore), un classico adolescente di Brooklyn prossimo al college, figlio di un padre afro-americano e di una madre portoricana, è il protagonista del film. Ma Miles è tanto Spider-Man quanto lo è il Peter Parker a cui gli spettatori (e i lettori) sono abituati. Una novità che fortunatamente ha visto una felice risposta da parte sia del pubblico che della critica, evidenziata dal successo al botteghino con i suoi oltre $380 milioni di incassi a livello mondiale (a fronte dei “soli” $90 milioni di budget)8 e culminata nella vittoria di un Oscar come miglior film d’animazione e di numerosi altri premi.
Render di Miles Morales ©Sony Pictures Imageworks


La storia doveva originariamente essere una commedia romantica che vedeva come protagonisti Miles Morales e Spider-Gwen ma, a seguito delle diverse riscritture della sceneggiatura, questa scelta narrativa è stata eliminata, o per lo meno lasciata semi-celata, a favore di una narrazione che vedesse Miles Morales (seppur costantemente affiancato da numerosi altri Spider-Man provenienti da dimensioni parallele) come indiscusso protagonista e la sua crescita personale, non solo in quanto supereroe ma soprattutto come
persona. Il film è difatti una vera e propria storia coming-of-age: Miles è un ragazzino come tanti ad inizio pellicola ma le conseguenze del morso di un ragno radioattivo lo porteranno a maturare. Si ritroverà catapultato in un mondo, o meglio un universo, dove le scelte e le responsabilità che ne derivano hanno un enorme peso che dovrà in qualche modo esser pronto a portare con sé.

Il peso però è troppo grande, tanto che pare lo stia per schiacciare ed è qui che altri Spider-Man vengono in suo soccorso. Miles non è più solo, non è più il classico uomo ragno solitario a cui i fan dei film sono abituati, quello che riesce sempre a scamparla e a vincere il cattivo senza l’aiuto di nessuno. No, Miles ha bisogno innanzitutto di un mentore, il veterano Peter B. Parker (Jake Johnson) a insegnargli il “mestiere” di supereroe. Il ragazzo si rende conto dell’importanza di conoscere sé stesso per trovare la propria strada e allora Spider-Gwen (Hailee Steinfeld) si intrufola pian piano nella sua vita; infine realizza di non riuscire a sconfiggere da solo Kingpin (Liev Schreiber) e i suoi aiutanti (fra i quali c’è anche lo zio dello stesso Miles, Aaron Davis, doppiato dall’attore Mahershala Ali, nei panni del temibile Prowler). Un’intera “spider-squad”, composta da altre inconsuete versioni del supereroe, è lì pronta ad aiutarlo.
Tutte queste “varianti” provengono da altrettante dimensioni alternative a quella di Miles ma proprio in questo mondo finiscono per ritrovarsi. È stata la minaccia di Kingpin ad averli chiamati lì, in maniera consapevole o meno. Il gargantuesco villain di Spider-Man, che visivamente si presenta come una “testa fluttuante” che galleggia in un immenso spazio nero (che altro non è che la sua stessa enorme giacca), ha fatto costruire dalla dottoressa Octavius (che si scoprirà presto essere la dottoressa Octopus) un potente acceleratore di particelle in grado di far viaggiare tra gli universi. Kingpin vuole utilizzarlo per riportare indietro sua moglie e suo figlio, o almeno delle loro versioni alternative, e non si preoccupa minimamente delle conseguenze catastrofiche che un’azione simile può comportare.

È interessante notare che, riguardo il multiverso e le sue regole, poco viene detto allo spettatore. Non sono stati inseriti inutili spiegoni di alcun tipo sull’argomento, i personaggi non sono veramente sorpresi di trovarsi in una dimensione parallela e, così come zia May rimarrà impassibile nel ritrovarsi davanti a più Spider-Man, lo spettatore è chiamato a dare per scontate alcune dinamiche. Non si sa, ad esempio, cosa possa succedere esattamente se Kingpin usasse l’acceleratore, ma sicuramente nulla di buono, motivo per cui Miles dovrà fermarlo. La scelta di non spiegare le regole del mondo di fronte al quale lo spettatore si ritrova è stata sapientemente gestita: da una parte richiama alla memoria dello spettatore tutta una serie di narrazioni, a partire da quella dell’intricatissimo Marvel Cinematic Universe, sviluppatesi attorno a questo tema, dall’altra offre la possibilità di plasmare dietro ad esso teorie nuove e personali, lasciando ampio spazio alla pura immaginazione.
Illustrazione originale di Elettra Eletto (puoi vederne la realizzazione qui)
Così ora anche Spider-Man Noir (Nicolas Cage), Peni Parker (Kimiko Glenn) e Spider-Ham (John Mulaney) sono con Miles nella sua avventura e coesistono tutti assieme, ognuno con la propria personalità, la propria visione del mondo e… il proprio stile di animazione.


Forse è proprio questo il tratto più innovativo e rivoluzionario del film, il riuscire ad amalgamare assieme stili d’animazione differenti, anche all’interno delle stesse sequenze. Così il cartoonesco Peter Porker tira fuori un enorme martello (che ricorda quelli usati da Tom per schiacciare invano Jerry) di fronte al bianco e nero Spider-Man Noir e a Peni Parker che porta con sé un’estetica tutta nipponica, fortemente ispirata agli anime (e manga) giapponesi, che però riesce a sposarsi perfettamente con quella invece più tipicamente occidentale che caratterizza il mondo di Miles. Questa fortunata miscela di stili differenti, a sua volta, finisce per incontrare una colonna sonora altrettanto variegata e innovativa che in modo organico va a definire e rafforzare la potenza delle immagini.
Il compositore del film è l’inglese Daniel Pemberton che aderì al progetto nonostante fosse inizialmente scettico sulle opportunità che un film di supereroi animato ad alto budget potesse offrire alla sua sperimentazione artistica.9 Fortunatamente le sue preoccupazioni si rivelarono infondate e gli fu offerta, dalla Sony, la possibilità di operare in modo totalmente libero e creativo. Pemberton ha iniziato così a comporre la score del film partendo dalla fondamentale domanda di cosa un ragazzino di Brooklyn dei giorni d’oggi come Miles Morales avrebbe ascoltato. Così le più consuete sezioni sinfoniche ed orchestrali si trasformano pian piano in beat hip hop e trap che vanno a caratterizzare le sequenze d’azione più movimentate. Pemberton, nella composizione dei theme dei vari personaggi del film, ha poi utilizzato un proprio e personale metodo basato sulla semplificazione e la sintesi puntando sull’immediatezza e la riconoscibilità. Kingpin è, ad esempio, accompagnato da un tema musicale nato dal semplice suono del clic di una penna.10

La score composta da Pemberton è poirafforzata dalla presenza di una colonna sonora alla cui creazione hanno partecipato numerosi artisti internazionali tra cui Post Malone e Swae Lee (che insieme hanno realizzato il singolo, nonché main song della
soundtrack, “Sunflower” divenuto in breve tempo un successo mondiale), Jaden SmithNicki MinajSki Mask the Slump GodJuice WRLD e XXXTENTACION. I brani, anch’essi assai eterogenei come i vari stili d’animazione utilizzati nella pellicola, non solo si sposano perfettamente con le scene nelle quali sono inseriti ma vanno spesso ad accompagnare organicamente e in modo diegetico l’intero film.11 Anche in questo caso i vari artisti sono partiti dallo stesso quesito che precedentemente si era posto Pemberton: cosa può piacere musicalmente ad un ragazzo come Miles Morales? I brani finiscono così per richiamare le più disparate sonorità passando dal puro hip hop, tipico di una certa cultura suburbana newyorkese, a sound più reggae, che evidenziano invece le origini sudamericane di Miles. La soundtrack e la score sono sempre più interconnesse e dipendenti tra loro arrivando a sovrapporsi e intrecciarsi costantemente. Un esempio fra tanti la canzone “What’s Up Danger”, prodotta da Blackway e Black Caviar, che finisce pian piano per trasformarsi senza soluzione di continuità in un brano della score di Pemberton.12
Spider-Man: Into the Spider-Verse finisce così per diventare un vero e proprio emblema della sperimentazione artistica nell’animazione (e non solo) portando con sé una nuova consapevolezza delle opportunità offerte da questo medium e offrendo ai suoi successori (primi fra tutti i suoi diretti sequel Across the Spider-Verse e Beyond the Spider-verse) una formula, o per lo meno un modus operandi, per utilizzarle al meglio, facendole convergere in un’opera organica e completa che, facendo forza sulla ragnatela degli elementi che la costituiscono, racconta in fondo una semplice storia, quella di un adolescente come tanti avviato ad un personale percorso di maturazione.

Into the Spider-Verse porta necessariamente con sé importanti riflessioni: chiunque è, e può essere, Spider-Man, non si ha bisogno di superpoteri, di una maschera o di un costume per esserlo, queste sono solamente rappresentazioni visive delle responsabilità che gravano sopra ogni essere umano e riuscire a sorreggere il loro peso è difficile a volte se si è da soli. La storia di Miles è un invito a farsi forza nella vita e ad affrontarla di petto, a esser pronti a chiedere aiuto senza vergognarsi quando si è in difficoltà, a trovare la propria strada e la propria visione del mondo, a cadere per poi rialzarsi, a sbagliare e ad aggiustare il tiro, ad amare e a perdonare.

Ognuno è Miles Morales. Ognuno può essere Spider-Man.
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NOTE
1 Alex Alonso: Reinventing Today’s Heroes, 8 Agosto 2011, intervista ad Alex Alonso su LatinRapper.com

2 Per un approfondimento sull’argomento si consiglia la visione del documentario Inside North Korea: The Cyber State (2021) di Robert Zakin.

3 Sony, Marvel Discussed Spider-Man Movie Crossover, 9 Dicembre 2014, articolo di Ben Fritz, su The Wall Street Journal

4 La sceneggiatura finale sarà però firmata da Phil Lord e Rodney Rothman.

5 Spider-Man: Into the Spider-Verse (2018), 15 Aprile 2019, di Lola Landekic, su artofthetitle.com

6 La Sony Pictures Imageworks è una casa di produzione cinematografica canadese, fondata nel 1992 e appartenente alla Sony che si occupa d’animazione e di effetti speciali per il cinema. È lo studio che si è occupato della realizzazione di Spider-Man: Into the Spiderverse e del suo sequel Spider-Man: Across the Spider-Verse (2023).

7Spider-Man’ Animated Movie Coming in 2018, 22 Aprile 2015, di Variety Staff, su Variety.com

8 Informazioni prese dal sito web boxofficemojo.com

10 Un approccio simile ha riguardato anche la composizione del tema di tutti gli altri personaggi del film come il Green Goblin, Spider-Ham e Prowler, quest’ultimo costruito attorno a un singolo suono: il verso di un elefante al quale è stato applicato un filtro vocale. A riguardo Pemberton ha detto: "A theme doesn't necessarily have to be a melodic leitmotif; it can be a sort of crazy noise. In the first film, we had that with the Prowler. The Prowler noise is very recognizable, and it's a theme, but it's just a crazy noise. Whereas Miles has themes that are more traditional, musical, melodic themes." Dall’intervista a Daniel Pemberton Spider-Man: Across the Spider-Verse Composer Daniel Pemberton Talks Multiversal Music, 2 Giugno 2023, di Owen Danoff su Screenrant.com

11 Un esempio lampante dell’uso diegetico della musica nel film sono le sequenze in cui Miles stesso canta il brano Sunflower di Post Malone e Swae Lee.

12 Una menzione speciale all’EP A Very Spidey Christmas, rilasciato pochi giorni dopo l’uscita del film e contenente 5 canzoni inedite cantate dagli attori del film (tra cui lo stesso Shameik Moore). L’idea dietro tale EP è nata da una simpatica scena del film nella quale si sente per qualche secondo una canzone natalizia a tema Spider-Man.
LETTURE CONSIGLIATE

mercoledì 31 maggio 2023

Guardiani della Galassia Vol. 3 - Nel meraviglioso cielo infinito

 "[Guardians of the Galaxy Vol. 3] was - emotional's the right word. I watched a cut of it a while ago, and I cried pretty hard. I mean, it's pretty hardcore. Little Rocket - he went through a lot, dude. He went through a lot."
(Bradley Cooper, Entertainment Tonight)

"I'm done running."
(Rocket)
Era il 2014 quando James Gunn presentava al mondo il primo “Guardiani della Galassia” conquistando pubblico e critica e vincendo una scommessa che sembrava impossibile: far innamorare gli spettatori di un gruppo di personaggi praticamente sconosciuti del mondo dei fumetti Marvel. Ma Gunn, col suo talento e la sua scrittura, ha reso subito iconico questo gruppo di pazzoidi dal cuore d’oro con una space-opera che mescola sapientemente umorismo, emotività e avventura alla Star Wars. Il successo è planetario, anzi… galattico!

"Well, I didn't ask to get made! I didn't ask to be torn apart and put back together over and over and turned into some little monster!" 
(Rocket in "Guardiani della Galassia", 2014)
Guardiani della Galassia (2014)
È il 2017, periodo di massimo splendore del MCU, quando approda in sala il sequel: “Guardiani della Galassia Vol. 2”, un film ancora più anarchico e personale, coloratissimo e meno dipendente dalla macro trama dell’universo Marvel. Con il Vol. 2, Gunn realizza uno spettacolo visivo ed emotivo incredibile, approfondendo maggiormente i protagonisti e i loro rapporti, introducendo un villain strepitoso (l’Ego interpretato da Kurt Russell) e regalandoci un altro gioiellino divertentissimo, emozionante e pop.

"I know everything about you. I know you play like you're the meanest in the heart but actually you're the most scared of all. {...] I know you steal batteries you don't need and you push away anyone who's wiling to put up with you because just a little bit of love reminds you of how big and empty that hole inside you actually is. [...] I know them scientist what made you never gave a rats ass about you.
(Yondu a Rocket in "Guardiani della Galassia Vol. 2", 2017)
Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017)
A distanza di sei anni dal secondo capitolo Gunn conclude finalmente la sua trilogia, non dopo diversi colpi di scena nella sua vita professionale. Dopo il suo licenziamento1 da parte della Disney (che destò preoccupazione nei fan e sconcerto da parte degli attori coinvolti nella saga), è stato ingaggiato dalla Warner Bros per scrivere e dirigere “The Suicide Squad2, una sorta di soft-reboot in cui ha potuto esprimere tutto se stesso con una pellicola spettacolare, divertente, splatter, fuori dagli schemi e dall’anima squisitamente di serie B. Un vero e proprio film della Troma ad alto budget! La Disney nel frattempo è fortunatamente tornata sui propri passi, richiamando Gunn per terminare la sua trilogia galattica3. Il regista ha acconsentito (dopotutto i Guardiani sono sue creature) ma, come ha dichiarato più volte, ha anche confermato che questa sarà la sua ultima opera all’interno dei Marvel Studios4. Qualche mese fa, infatti, è stato nominato co-presidente della DC Studios5 e avrà ora l’arduo compito di dare inizio ad un nuovo universo cinematografico dedicato ai personaggi della DC Comics, supervisionando l’intero progetto. Il suo prossimo lavoro sarà “Superman: Legacy”, che approderà nelle sale nel luglio del 20256. In attesa di scoprire cosa combinerà Gunn nell’altra grande casa di produzione supereroistica, possiamo goderci quest’ultima, splendida avventura dei nostri Guardiani. Un’opera che, possiamo dirlo con gioia, è valsa tutta la lunga ed estenuante attesa.

"There are the hands that made us, and then there are the hands that guide their hands. My beloved raccoon. The story has been yours all along. You just didn't know it."
(Lylla a Rocket in "Guardiani della Galassia Vol. 3", 2023)
Guardiani della Galassia Vol. 3 (2023)
Guardiani della Galassia Vol. 3” è un film decisamente più cupo e maturo rispetto ai suoi predecessori; lo si capisce fin dalla meravigliosa e crepuscolare scena iniziale, dove un malinconico Rocket (doppiato da Bradley Cooper e da Sean Gunn nelle sequenze flashback e per la motion capture) si aggira per Knowhere ascoltando “Creep” dei Radiohead. Una sequenza decisamente meno dinamica e divertente rispetto ai prologhi dei primi due capitoli, eppure di grandissimo impatto. Anche a livello estetico Gunn opta per colori più spenti e scenografie meno variopinte rispetto alle esplosioni cromatiche dei primi due Volumi; tutto ciò è estremamente funzionale e coerente con la storia che intende raccontare: è un film emotivamente forte, che tratta tematiche delicate e decisamente non convenzionali per un blockbuster di questo tipo. Rappresenta la fine di un ciclo e conclude una storia iniziata quasi dieci anni fa, è il saluto a questi Guardiani non solo da parte del pubblico, ma anche per lo stesso Gunn.

Every beat of my heart7: questo scrisse Gunn quando, diversi anni fa, pubblicò sui suoi profili social la sceneggiatura ultimata di questo terzo capitolo. E possiamo dire che il cuore di Gunn è forse il vero protagonista di questa pellicola: il nostro James conclude la trilogia con il botto, regalandoci un film divertente, malinconico, emozionante e genuino come non se ne vedevano da tempo nel genere. È una giostra di emozioni che ti fa ridere e stringere il cuore, ti fa arrabbiare e inorridire (soprattutto a causa delle barbarie compiute dall’Alto Evoluzionario) e poi ti fa tirare un sospiro di sollievo. Gunn gestisce perfettamente ogni pezzo di questo grande puzzle, regalandoci un finale perfetto e agrodolce.
Un aspetto interessante di Guardiani 3 è il fatto che la storia si basi quasi interamente su un salvataggio, nello specifico quello di Rocket: il motore della vicenda è proprio il nostro procione parlante preferito che, dopo essere rimasto gravemente ferito da Adam Warlock, può essere salvato solo tramite una password capace di disattivare il dispositivo kill switch che gli è stato installato in corpo. I Guardiani dunque si imbarcheranno in un’avventura tra pianeti organici, rivelazioni del passato e creature mutanti pur di salvare la vita al loro amico.

La missione quindi non è salvare un mondo o sventare il piano diabolico di qualche super cattivo, no: il cuore di questa storia, esattamente come nelle prime due e forse ancor di più, è l’amicizia, il senso di unione e l’amore che lega questa banda di pazzoidi avventurieri dello spazio.

Rocket, come confermato da Gunn e dalla campagna marketing mesi prima dell’uscita del film, è il vero protagonista della pellicola8. “Questa è sempre stata la tua storia fin dall’inizio, solo che tu non lo sapevi”, dice ad un certo punto l’amabile lontra Lylla al nostro procione. Ed è vero: Gunn ha spesso ripetuto che Rocket è il vero protagonista di questa trilogia, il personaggio con cui il regista stesso si identifica di più, il suo preferito. Fin dal primo film Gunn ha disseminato piccoli indizi relativi all’oscuro passato di Rocket, facendoci solo intuire ciò che il procione aveva affrontato. Si capiva che, dietro quella corazza spesso scorbutica e diffidente, si nascondeva un’anima triste e sofferente. Questo terzo film fa luce su tutto questo e ci fornisce le risposte che cercavamo: è una storia totalmente dedicata a Rocket, al suo tragico passato, ai suoi amici, a ciò che ha dovuto patire. I flashback che mostrano la sua infanzia, trascorsa in prigionia vittima dei barbarici esperimenti dell’Alto Evoluzionario, sono senza dubbio i momenti più potenti dell’intera pellicola. Assistiamo alla crescita progressiva di Rocket, al dolore che ha dovuto sopportare, ai momenti di gioia trascorsi insieme ai suoi tre amici, ai suoi sogni infranti. Uno struggente viaggio nel passato di questo straordinario personaggio che, da ormai quasi dieci anni, è entrato nel cuore degli appassionati.
Gli amici di Rocket (la lontra Lylla, il tricheco Teefs e la coniglietta Floor) sono dolcissimi e scaldano il cuore con la loro amicizia. Realizzati in CGI con effetti estremamente credibili, rappresentano l’unica nota di luce e purezza che riguarda i tragici trascorsi del nostro procione. Creature ingenue, che non conoscono il mondo esterno ma solo il dolore degli esperimenti e la bellezza dello stare insieme, che sognano di raggiungere il cielo e il mondo esterno. Nonostante l’aspetto inquietante di questi poveri animali dovuto ai numerosi esperimenti subiti (e qui si vede il gusto di Gunn per l’horror e il grottesco), sono i personaggi a cui ci si affeziona, rendendo la loro prevedibile fine ancora più amara.

Ma Gunn, come al solito, sa gestire perfettamente tutti i protagonisti: nessuno di loro viene abbandonato, ognuno trova la chiusura perfetta del proprio cerchio. Star-Lord è qui un eroe tragico che soffre per l’amore perduto a cui cerca di riavvicinarsi. Questa perdita e la responsabilità nei riguardi di Rocket lo porteranno a pensare a cosa sia meglio per il suo futuro e a compiere delle scelte inaspettate.
Drax è sempre protagonista di alcuni dei momenti più spassosi della pellicola. La sua bontà e ingenuità sono specchio di una profonda malinconia derivata dall’aver perso sua moglie e sua figlia. Anche il gigante buono interpretato da Dave Bautista, grazie a questa avventura, riscoprirà se stesso e tornerà ad essere quello che in realtà è sempre stato: non un Distruttore, ma un tenero e premuroso papà.

Mantis troverà quell’indipendenza che non ha mai effettivamente avuto. È sempre dipesa dagli altri ma ora ha trovato la sua strada. Lei e Drax sono, come sempre, una coppia fantastica (li abbiamo visti scatenati come non mai anche nello speciale natalizio) e alcuni dei loro siparietti comici sono a dir poco irresistibili.

Nebula riveste il ruolo della più razionale del gruppo, quella che cerca di mantenere l’ordine e fare in modo che i Guardiani si assumano le loro responsabilità. Ma dopo gli eventi delle precedenti pellicole rivela un lato più tenero che tiene spesso nascosto. La sua evoluzione nell’arco dei tre film è senza dubbio uno degli aspetti più sorprendenti e intriganti della trilogia.
Anche Groot (doppiato da Vin Diesel), qui in versione adolescente, ha i suoi bellissimi momenti (tra cui uno stile Kaiju che farà la gioia dei fan dei mostri giganti!). Inoltre, piccola chicca, quando verso la fine del film lo sentiamo parlare e dire “Vi voglio bene ragazzi” ai Guardiani, è in realtà lo spettatore a comprendere le sue parole perché, dopo anni passati a seguire le loro avventure, siamo ufficialmente entrati a far parte di questa famiglia spaziale9.

Il ruolo di Gamora è, come sappiamo, un “residuato” della sua gestione post “Avengers: Infinity War” e “Avengers: Endgame”. È una Gamora alternativa, di un’altra linea temporale, che non conosce i Guardiani e non è innamorata di Star-Lord (Chris Pratt). Poteva essere una vera e propria patata bollente, ma fortunatamente Gunn ha gestito al meglio anche il personaggio interpretato da Zoe Saldana e il suo rapporto con Quill, riuscendo a renderlo interessante e non scontato.
Una delle novità di questo terzo capitolo è Adam Warlock, interpretato da Will Poulter. Già anticipato da una delle scene post credits del Volume 2, Warlock è un personaggio in divenire, con del potenziale ancora inespresso che emergerà probabilmente in prodotti futuri. È un bambino strappato troppo presto dal suo bozzolo che deve imparare a interagire con il mondo che lo circonda. Ogni tanto la sua presenza risulta forzata all’interno del racconto (il suo inserimento è stato più un’imposizione dell’alto che volontà di Gunn10), ma il regista fa di tutto per renderlo interessante e Poulter gli dà il giusto carisma, anche se risulta più un antipasto per il futuro che un personaggio realmente importante per il film. C’è una scena particolare dal sapore biblico che riguarda Warlock e che cita “La Creazione di Adamo” di Michelangelo, un momento molto potente e visivamente d’impatto. Menzione speciale per il piccolo Blurp, una creaturina pelosa che Warlock prenderà sotto la sua ala protettiva, davvero simpatico e adorabile!
E poi c’è lui, il villain della pellicola: l’Alto Evoluzionario. Interpretato dal bravissimo Chukwudi Iwuji (che Gunn ha sapientemente portato con sé dalla serie tv “Peacemaker”), questo personaggio ha tutte le carte in regola per essere uno dei migliori e più spietati cattivi del MCU. Sadico, viscido, arrogante, completamente privo di empatia e amore nei confronti degli altri. L’Alto Evoluzionario è un moderno dottor Moreau, che conduce terribili esperimenti sugli animali pur di raggiungere quella che lui definisce la “società perfetta”. Lui odia la realtà e le “cose come stanno” (per citare Rocket), odia se stesso (scopriremo che indossa una maschera per nascondere il suo vero, macabro volto) e cerca di mettere in ordine una realtà cacofonica che non riesce ad apprezzare. Le creature frutto dei suoi esperimenti richiamano al cinema di Cronenberg e al già citato “L’Isola del Dottor Moreau11, con design grotteschi e orrorifici (c’è un momento che cita persino “Alien”). L’Alto Evoluzionario non riesce a comprendere quella che è una componente fondamentale della realtà e di tutti gli esseri viventi: l’imperfezione. Tutto ciò che ci circonda, tutte le creature, sono imperfette, ma sono proprio le imperfezioni e le storture a renderci unici, speciali e inimitabili. I Guardiani stessi lo sono: imperfetti e dunque umani. L’Alto Evoluzionario non si sente parte di questo mondo perché ambisce ad una perfezione artificiale e impossibile, per questo è il perfetto contraltare dei Guardiani, così puri, sinceri e capaci di accettarsi per quello che sono. “Guardiani della Galassia Vol. 3” è un inno all’imperfezione e a tutte le creature viventi, un messaggio universale col quale chiunque può identificarsi.
Il film è anche profondamente significativo per chi ama gli animali: Gunn li adora, e in questo film lo dimostra all’ennesima potenza valorizzando e dando una caratterizzazione speciale ad ogni creatura che si palesa sullo schermo. C’è un momento semplicemente spettacolare che ricorda la biblica arca di Noè. Non a caso l’associazione animalista PETA12 si è congratulata con Gunn per come ha trattato il tema della sperimentazione animale, non tirandosi indietro sui dettagli più crudi e purtroppo realistici, in un film pur sempre rivolto al grande pubblico. Se siete amanti degli animali ci sarà da commuoversi, ma proverete anche tanta gioia.

Guardiani della Galassia Vol. 3” è un film sull’identità: sullo scoprire chi si è davvero, capire qual è il proprio posto nel mondotrovare la propria indipendenzaaccettarsi in ogni sfumatura positiva o negativa che sia. Ogni Guardiano raggiungerà una maturazione tale da permettergli di confrontarsi con la propria natura e di essere finalmente felice. È un film sul volersi bene, sull’empatia, sul prendersi cura degli altri e su valori importanti come l’amicizia e la famiglia, temi che Gunn ha avuto sempre a cuore e che tratta con delicatezza e sensibilità.
Pete Davidson, Chris Pratt e James Gunn sul set del film


A livello tecnico il film è semplicemente straordinario: la regia di Gunn è pulita ed esalta al meglio ogni piccolo dettaglio (alcuni primi piani sono sensazionali), concedendosi qualche abile virtuosismo (il combattimento in piano sequenza nel corridoio della nave tra i Guardiani e le creature mutanti dell’Alto Evoluzionario, con “No Sleep Till Brooklyn” dei Beastie Boys in sottofondo, è uno dei picchi registici più alti raggiunti all’interno del MCU); gli effetti digitali sono spettacolari (Rocket non è mai stato così fotorealistico), ma Gunn e il suo team hanno fatto anche un larghissimo uso di make-up prostetico, tanto da aver stabilito il record per il maggior numero di trucchi e protesi applicate in un film (oltre 23.000 su 1000 comparse)13. Le creature e gli animali ibridi creati dall’Alto Evoluzionario sono insieme grotteschi, teneri e inquietanti e il trucco artigianale non fa altro che esaltare la fantasia immaginifica del concept.

Musicalmente Gunn ha fatto di nuovo centro: l’Awesome Mix di questo Vol. 3 è semplicemente spettacolare, elettrizzante e malinconico. Tra Radiohead, SpacehogFaith No MoreRainbowAlice Cooper e tanti altri, Gunn ci regala un altro accompagnamento sonoro perfetto (spesso diegetico), che intensifica tanto le scene d’azione quanto quelle più emotive.
Guardiani della Galassia Vol. 3” è la perfetta conclusione per questa trilogia. Gunn ha portato a termine la sua visione, salutando questi personaggi nel miglior modo possibile. La sua presenza mancherà nel MCU e i Guardiani (perlomeno, questi Guardiani), dopo un viaggio durato quasi dieci anni, mancheranno a tutti noi. In attesa di scoprire cosa combinerà Gunn con Superman e il mondo della DC Comics, possiamo solo ringraziarlo e salutare i Guardiani con un ultimo “Come and Get Your Love”!
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NOTE
1 James Gunn Fired as Director of ‘Guardians of the Galaxy Vol. 3’, di Borys Kit, Aaron Couch, su hollywoodreporter.com, 20/07/2018 

3 James Gunn Back On as ‘Guardians of the Galaxy 3’ Director, di Borys Kit, Aaron Couch, su hollywoodreporter.com, 15/03/2019

4 James Gunn addresses Marvel future after Guardians of the Galaxy 3, di Jacob Sarkisian, su Digital Spy, 24/11/2022 

6 Superman: Legacy: Release Date, Plot Details & Everything We Know, di Ben Sherlock, su Screen Rant, 16/10/2023

7 “Every beat of my heart” cit. James Gunn, via Facebook, 25/06/2018

11 Romanzo di fantascienza del 1896 scritto da H. G. Wells. Il testo ha avuto una trasposizione cinematografica omonima nel 1977 per la regia di Don Taylor.