venerdì 14 febbraio 2020

Una prigione d'inchiostro (Recensione "Bendy and the Ink Machine")

Il gioco è ambientato nel 1963 e vede Henry Stein, un ex-disegnatore, tornare agli ormai chiusi Joey Drew Studios, il suo vecchio posto di lavoro, sotto consiglio di Joey Drew, amico di vecchia data del protagonista e fondatore dello studio di animazione. Henry attiverà un misterioso macchinario, la Macchina dell’Inchiostro, che inonderà gli Studios di inchiostro nero, apparentemente risvegliando un’entità che assume la forma, seppur distorta, del protagonista del cartone animato di Joey Drew: Bendy. Inseguito dal mostro, il nostro protagonista sarà costretto a fuggire nelle aree più profonde dello studio di animazione, dove incontrerà molte altre creature, sia benigne che maligne, presumibilmente nate dalla Macchina. Lo scopo di Henry sarà quello di scappare dagli Joey Drew Studios, facendo luce, nel contempo, sugli inquietanti segreti celati in quel luogo.

Durante il gioco il giocatore avrà la possibilità di ascoltare svariate registrazioni dei membri dello staff, ottenendo informazioni sulle loro vite e sull’oscura storia degli Studios. Sebbene il gioco faccia un buon lavoro nel caratterizzare i personaggi, fornendoci talvolta gli elementi per un dettagliato profilo psicologico senza che questi appaiano direttamente durante la storia, risulta difficile, a causa di varie incoerenze e questioni non spiegate, comprendere la storia generale che lega questi personaggi tra loro e ad Henry. Ciò non costituirebbe di per sé un problema se giocando fosse possibile intendere se tale storia esiste o meno, ma gli eventi vissuti attraverso gli occhi di Henry sembrano quasi del tutto indipendenti da quelli avvenuti nel passato degli Studios e quei pochi collegamenti presenti sono fin troppo vaghi e generali per gettare le basi di una narrativa. Questi dubbi sono stati a mio parere confermati dal finale, il quale sembra ricadere in uno dei cliché più banali e comuni di questo tipo di storie.
La paura non subentrerà durante un inseguimento o all’apparire di una creatura mostruosa, bensì nei momenti in cui Henry si troverà a vagare da solo nei corridoi dello studio di animazione: il tedioso silenzio delle ambientazioni, la suspence continua, l’inspiegabile movimento di alcuni degli oggetti presenti, sono tutte parti della terrificante atmosfera del gioco.

Sarà inoltre possibile trovare svariati segreti ed easter egg, come gli inquietanti cartonati di Bendy collocati in luoghi non normalmente accessibili del gioco o una citazione al Cubo da Compagnia di Portal e alla mascotte di theMeaty.
Le meccaniche survival sono molto simili a quelle trovate in altri videogiochi dello stesso genere: il giocatore dovrà fuggire dalle mostruose creature incontrate rifugiandosi in luoghi sicuri, distraendole, oppure, se possibile, uccidendole. Gli elementi puzzle-game, sebbene siano perlopiù sporadici, risultano spesso tediosi e ripetitivi, rallentando così il ritmo del gioco: esempio lampante di ciò è il Capitolo 3, in cui il giocatore sarà costretto a recuperare un apparentemente infinito numero di oggetti su richiesta di uno dei personaggi.

Punto forte di Bendy and the Ink Machine è lo stile grafico: i colori sono limitati a sfumature di giallo e di nero, mentre tutte le texture e i modelli 3D sono renderizzati in modo da sembrare disegnati su pezzi di cartone. Ciò contribuisce alla surreale atmosfera del gioco, ma va anche a scapito delle ambientazioni che risultano, con poche eccezioni, troppo simili tra loro e semplicistiche.
Il design delle varie creature incontrate risulta particolarmente interessante nel suo parodiare i famosissimi personaggi Disney: l’aspetto di Bendy richiama, in maniera molto poco celata, quello di Topolino; Boris, con le sue sembianze canine, è la controparte di Pippo; Alice Angel, la controparte femminile di Bendy, ha fondamentalmente lo stesso ruolo di Minnie. Gli Joey Drew Studios si configurano così come una caricatura della Disney, ironizzando sulla sua fama mondiale e sull’immenso potere economico che possiede.

Persino i trailer per i vari capitoli del gioco sono parte di questa parodia: essi prendono la forma di corti animati che scimmiottano i cartoni di Topolino degli anni ’30, creando una disturbante antitesi con la cupa atmosfera del gioco e dimostrando l’incredibile passione e cura degli sviluppatori.
La colonna sonora, fatta eccezione per uno o due pezzi, non risulta particolarmente interessante, ricalcando l'orchestrazione e le linee melodiche che caratterizzano molti giochi del medesimo genere.

Bendy and the Ink Machine è un buon gioco horror, che putroppo commette alcuni errori banali ed evitabili, che non gli permettono di raggiungere l'eccellenza. Ciononostante lo consiglio vivamente a coloro che cercano un'esperienza interessante e spaventosa.
Articolo di Sergio Novelli

Potete acquistare Bendy and the Ink Machine su Steam, sugli store delle rispettive console e su Amazon (PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch)

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