giovedì 13 febbraio 2020

Sott'acqua nessuno può sentirti urlare (Recensione "Underwater")

Gli abissi oceanici sono i luoghi più misteriosi e affascinanti del nostro pianeta. Sono luoghi oscuri, ricchi di segreti e creature di ogni specie che sembrano provenire da un altro pianeta, dai pesci bioluminescenti ai bizzarri squali goblin, fino alle eleganti meduse. L’essere umano ha esplorato appena il 7% degli oceani che ricoprono la maggior parte della superficie terrestre e ciò non fa che alimentare l’immaginazione degli appassionati di mostri. Cosa può celarsi nelle oscurità degli abissi? Forse esseri giganteschi dalle sembianze lovecraftiane, più grandi della balenottera azzurra, si annidano nelle profondità in attesa di riemergere e affermare il proprio dominio sul mondo? Il cinema si è sempre sbizzarrito nell’immaginare cosa potrebbe accadere se l’uomo violasse questo ancestrale mondo subacqueo, trovandosi ad avere a che fare con forme di vita mai viste prima e tutt’altro che amichevoli. Basti pensare al recente “The Meg” di Jon Turteltaub, tratto dall’omonimo romanzo di Steve Alten, pellicola in cui Jason Statham e il suo team affrontano il gigantesco squalo preistorico Megalodonte, riemerso dagli abissi proprio a causa dell’irrefrenabile fama di scoperta e conoscenza dell’uomo. Oppure, scavando ancora più indietro negli anni, come non citare piccoli cult entrati nel cuore degli appassionati, come il bellissimo “Leviathan” di George Panos Cosmatos, “Creatura degli abissi” di Sean Cunningham, il divertente “Deep Rising” di Stephen Sommers o lo spettacolare “The Abyss” di James Cameron. Molti registi si sono cimentati nell’immaginare cosa potrebbe nascondersi nelle profondità degli abissi, mettendo in scena il sempre eterno scontro tra uomo e natura. E tutt’oggi questo scontro è più vivo che mai. 

Quando venne diffuso il trailer di “Underwater” gli appassionati andarono in brodo di giuggiole. Diretto da William Eubank, già autore degli apprezzati “Love” e “The Signal” (curiosamente ambientati nello spazio, altro elemento di grande interesse e fascino cinematografico, in qualche modo “parallelo” agli abissi oceanici per vastità e misteri), questa pellicola prometteva di essere una sorta di “Alien” abissale, con un forte senso di claustrofobia, un buon cast e creature terrificanti. E il risultato finale non ha assolutamente tradito le aspettative.
La trama di “Underwater” vede una squadra di operai, tra cui Norah (la protagonista interpretata da Kristen Stewart) che, durante le trivellazioni per estrarre il petrolio sul fondale oceanico, rimane vittima di un incidente, rimanendo bloccata sul fondo dell’oceano. Travolti dalle macerie e dopo aver perso diversi uomini, i 6 protagonisti cercano di raggiungere una piattaforma camminando sul fondale, minacciati dalla pressione e dalla carenza di ossigeno. Ma qualcosa si aggira per i fondali e dà la caccia ai protagonisti. Mostruose creature abissali sono state risvegliate dalle trivellazioni e sono tante, affamate e implacabili. I protagonisti dovranno dunque far fronte a questa minaccia, cercando di sopravvivere ai ripetuti attacchi di queste bestie. 
"Underwater” è un film che funziona perché mantiene esattamente ciò che promette. La trama non brilla di originalità (come spesso accade in questo tipo di film), ma il ritmo e il senso di angoscia costante che Eubank riesce a infondere alla pellicola regalano un’ora e mezza di divertimento, brividi e stupore. L’ambientazione sottomarina, lugubre e minacciosa, è una vera e propria protagonista, capace di ostacolare i protagonisti con la sua pressione, la sua scarsa visibilità e le sue insidie, come se la natura stessa cercasse in tutti i modi di proteggere i propri segreti dalle mani dell’uomo. Il film è sicuramente debitore a grandi capolavori del cinema horror/fantascientifico, come “Alien” di Ridley Scott e “La Cosa” John Carpenter; Eubank non nasconde l’amore che prova per questi immortali classici e li omaggia nell’impostazione, nella costruzione della tensione e nella scelta di trasmettere allo spettatore un forte senso di isolamento, dove nessuno è al sicuro e la minaccia di turno potrebbe apparire da un momento all’altro. Ad aiutare Eubank nella costruzione di questo piccolo ma affascinante mondo sottomarino ci pensano l’ottima fotografia di Bojan Bazelli (che aveva già collaborato al cult orrorifico di Stan Winston “Pumpkinhead” e, per citare dei lavori più recenti, a “Il Drago Invisibile” di David Lowery e “La Cura dal Benessere” di Gore Verbinski) e la suggestiva colonna sonora composta dal sempre grande Marco Beltrami in collaborazione con Brandon Roberts. 
Il cast del film è variegato e funzionale: Kristen Stewart, che interpreta la protagonista Norah (vera leader della squadra), regala un personaggio temerario e agguerrito, che ricorda, seppur con le debite proporzioni, la mitica Ellen Ripley di Sigourney Weaver; anche il taglio di capelli della Stewart è molto simile a quello di Ripley nel terzo capitolo della saga dello Xenomorfo. Norah è un personaggio eroico ma fragile, sufficientemente caratterizzato da guadagnarsi l’empatia dello spettatore; inoltre, la Stewart regala una buona prova attoriale, tra le migliori della sua carriera, in quanto calza a pennello nel ruolo di questo personaggio un po' mascolino e di buon cuore. 
Nel cast figurano diversi attori di livello, tra cui Vincent Cassell, nei panni del capitano Lucien, personaggio semplice ma efficace e tormentato; T.J. Miller, l’elemento comico del film, che già ha avuto a che fare con delle creature mostruose in “Cloverfield” di Matt Reeves; John Gallagher Jr., anch’esso apparso in un film del CloverVerse, “10 Cloverfield Lane”; Jessica Henwick, che apparirà in “Godzilla vs. Kong” e Mamoudou Athie, che vedremo in “Jurassic World 3”. Tutti personaggi di contorno ma a cui lo spettatore si affeziona, diversi tra loro e tutti dotati di un conflitto interiore. Il film parla anche di amore, di perdita e dell’importanza di avere qualcuno accanto nei momenti più difficili. Anche a migliaia di chilometri di profondità, l’amore e le persone a cui si vuole bene sono l’ossigeno più importante, nostra ancora di salvezza e speranza. Anche la tematica ecologica, ricorrente in questo tipo di film, viene trattata da Eubank; l’uomo che invade la natura e la piega ai propri voleri, distruggendone l’ecosistema e pagandone le conseguenze. 
Ma veniamo a loro, i veri protagonisti del film: i mostri. Proprio come in “Alien”, “Lo Squalo” o il “Godzilla” di Gareth Edwards, la pellicola ci mostra le creature poco a poco, prima nell’ombra, poi alcune parti del corpo, infine per intero. La vera sorpresa è che nel film vediamo diversi tipi di creature: dai cuccioli tentacolari (chiaro omaggio ai Facehugger) a mostri antropomorfi che ricordano l’uomo pesce Dagon, divinità mesopotamica a cui Lovecraft si è ispirato per scrivere il suo noto racconto. Ma la vera gioia degli appassionati la farà il gigantesco essere che compare alla fine del film, una creatura tentacolare con la coda simile a quella di una sirena e che William Eubank ha soprannominato “Behemoth”, come il mostro biblico citato nel libro di Giobbe (nome usato anche per un Titano apparso in “Godzilla: King of the Monsters”). Un essere colossale che ricorda il lovecraftiano Cthulhu, degno di entrare nell’Olimpo dei mostri più grandi, spaventosi e affascinanti degli ultimi anni. Pur comparendo poco, questa creatura lascia il segno nello spettatore e trasmette davvero l’idea di un titanico dominatore degli abissi, grazie al suo design particolare e agli ottimi effetti speciali digitali, ad opera della MPC, con cui sono state realizzate tutte le creature. 
"Underwater” è dunque un film adrenalinico e appassionante per chiunque ami il genere del fanta-horror. Una pellicola vecchio stampo, con tanti omaggi ai capisaldi del genere e creature tra le più originali e terrificanti viste negli ultimi anni, capace di intrattenere, spaventare e suscitare qualche piccola riflessione ecologica sul ruolo dell’essere umano in questo pianeta. Da non perdere, a patto che si sappia nuotare!

Articolo di Riccardo Farina

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