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martedì 18 febbraio 2020

La Loggia Nera: l’archetipo metafisico televisivo - Luoghi del Terrore e dove trovarli

Ottavo giorno del quarto mese del 1990, l’ABC (American Broadcasting Company), emittente televisiva americana, manda in onda due stagioni della serie che forse piú di tutte ha cambiato per sempre la storia televisiva mondiale: Twin Peaks, creata da Mark Frost e David Lynch, a cui seguiranno il prequiel, Twin Peaks: Fire Walk with Me, 1992, e Twin Peaks: The Return nel 2017, quasi venticinque anni dopo, come era stato preannunciato da Laura Palmer, personaggio chiave della saga, divenuta, a seguito del suo brutale omicidio, ospite del luogo metafisico televisivo per antonomasia e per eccellenza: la Loggia Nera.
Con Twin Peaks, David Lynch é stato in grado di distrugge la quarta parete come nessun altro prima di lui, elegantemente, in maniera del tutto velata e mai esplicita. Il merito di Lynch é di aver creato con le sue opere un genere nuovo non ben collocabile (una sorta di post-modernismo privo di un’ironia diretta), in cui realismo e surrealismo si sovvrappongono per diventare la stessa cosa, in una serie infinita di livelli interpretativi e chiavi di lettura giustapposte, storie che si concludono su sè stesse dove l’inizio e la fine coincidono, come in un loop temporale o realtá alternative dove non vi é nessuna via d’uscita (forse). 

Twin Peaks é semplicemente un manifesto di quello che succede quando alla direzione artistica della pellicola non é concessa la piena autonomia sulla sua creazione. Come sappiamo, Lynch fu costretto dalla casa di produzione a svelare il mistero della morte di Laura Palmer, dettaglio che lui non avrebbe mai voluto risolvere, o almeno non nel corso d’opera della serie, e comunque gli indizi erano giá presenti sin dal funerale di Laura; quindi: dobbiamo tenere in considerazione che nessuno conoscerá mai Twin Peaks per come fu ideato inizialmente dalla mente del suo creatore. Da questo momento in poi, quasi ogni fotogramma della serie sará una denuncia alla violenza che Lynch ha subito dai produttori della serie. Secondo l’interpretazione che ritengo piú veritiera, ogni simbolismo in Twin Peaks é riconducibile alla crudeltá della cultura di massa televisiva che si autoalimenta nella violenza e nell’accidia e al bisogno patologico dello spettatore di avere svelato ogni mistero, anche se é la natura umana quella della propensione a conoscere l’ignoto.
Lo spettatore non avrá bisogno di fare affidamento sulla sospensione dell’incredulitá o sulla sospensione del giudizio, dal momento che gli stessi personaggi di Twin Peaks sospettano che la loro storia sia giá essa stessa una finzione, ricordandolo con continui richiami alla percezione del sogno e alla loro inadeguatezza, inoltre, i testi lirici che compongono la colonna sonora della terza stagione lasciano presagire proprio questo: stiamo osservando la messa in scena di un sogno irreale il cui aspetto é stato forzatamente alterato. Questa é la prima rottura del grande schema televisivo che fa affidamento sulla finzione, rottura che sará ultimata proprio con la terza stagione e il suo finale, in cui i personaggi che conoscevamo risulteranno irriconoscibili ed insopportabili, πάντα ῥεῖ.
In Twin Peaks sono letteralmente compresi tutti i generi canonici televisivi: il dramma, il thriller e il giallo poliziesco, nelle indagini dell’omicidio di Laura, la commedia e la soap opera, nella quotidianeità dei personaggi alle prese con i vari problemi della vita, lo splatter, l’horror e il macabro, con i mostri generati dalla fantasia dell’artista, il paranormale, con i luoghi e le entità che non sono di questo mondo, il melodramma, con le reazioni spropositate di alcuni personaggi, e il metateatro, con i continui cenni alla cultura televisiva di massa. Twin Peaks non é soltanto un crogiolo di generi, ma é sopprattutto una somma totale di culture con cui lo spettatore avrá difficoltà a scontrarsi e a riconoscere, a decifrare e venirne a capo: magia nera, astrologia, filosofia trascendentale e filosofia tibetana, spiritualitá dei nativi americani, alchimia ed esoterismo occidentale teosofico e antroposofico, sono solo alcuni dei temi metafisici trattati. 

La metafisica é il ramo della filosofia che si occupa degli aspetti teorici e dei valori assoluti della realtà, prescindendo dai dati dell'esperienza, dal greco μετὰ τὰ ϕυσικά, (trattazioni che vengono) dopo quelle sulla natura, definita come teoria dell’«ente in quanto ente» (ὂν ᾗ ὄν, ens qua ens), in pratica tutto ció che non puó essere oggetto della scienza. É quindi ontologia, nei sistemi di pensiero realistici o oggettivistici, così come è psicologia e gnosologia, in quelli idealistici e soggettivistici, terminando nella logica, nella dialettica e nell’etica. 
La dottrina metafisica é il collante di tutte le opere di Lynch il quale é da sempre stato un forte promotore della meditazione trascendentale forse forzatamente correllata dal maestro con l’elettrodinamica quantistica e la teoria del campo unificato, ma devo ammettere che ho sempre apprezzatotantissimo il risultato nei suoi lavori. Alla base di queste lynchiane teorie c’é la conoscenza dell’assoluto nel mare della non-esistenza, che si mostrerá nella terza stagione in tutta la sua immensitá quale luogo di partenza per la sconfitta del male e in cui il protagonista, l’investigatore del FBI, Dale Cooper, accederá dopo la sua prigionia nella Loggia Nera.

Anche i personaggi oscuri di Twin Peaks sono presenti nella Loggia Nera, uno stato sospeso nel tempo, una realtá extra dimensionale, limbo o purgatorio, in cui i suoi personaggi esprimono uno strano lessico. All’interno della Loggia tutto é metafisico, iniziando dal suo aspetto che ricorda tantissimo l’iconografia dell’eminente pittore metafisico Giorgio De Chirico, nel minimalismo costruttivo, nell’uso del colore e dei simulacri, in grado  da soli di dare vita all’enigma.
Durante la serie, notiamo che l’ingresso alla Loggia é consentito attraverso vari modi: il sogno, la morte con indosso il fantomatico anello, o durante una specifica congiunzione astrale in prossimitá di uno specifico luogo nei boschi della cittá di Twin Peaks, così come specificato nella mappa incisa sulla roccia nella caverna del gufo. Il perchè gli antichi nativi americani abbiano utilizzato gli stessi glifi astrologici europei per identificare i pianeti resterá un mistero ulteriore, ma non lede la generalitá di una veloce decifrazione ed interpretazione. 
Windom Earle, antagonista della seconda stagione, ex agente del FBI e maestro di scacchi in cerca della Loggia per ottenere il potere illimitato, apprende che essa si palesa durante la congiunzione di Saturno e Giove. Pianeti antitetici, Saturno é simbolo di malvagità, trasformazione interiore e maestro del karma, e una delle lampade nella Loggia ha le sue fattezze; mentre Giove, piú benevolo, signore del fulmine, é in grado di espandere la nostra coscienza. All’interno della Loggia, ritroviamo anche la statua di Venere, pudica nella stanza rossa, e mutilata nei meandri infiniti dei suoi corridoi. Un altro elemento degno di nota é il pavimento della Loggia che spesso cambia il suo orientamento. Sempre secondo la chiave di lettura metafisica, il suo pattern e la forma dei picchi gemelli, di cui titolo dell’opera, rappresentano le onde elettromagnetiche neccessarie alla trasmissione della pellicola stessa. Sará chiara l’importanza dell’elemento elettrico durante la serie, non solo in quanto vettore fisico del film, ma anche come elemento in grado di ripristinare, o alterare, il corso degli eventi.

I personaggi che oltrepassano la soglia della Loggia Nera dovranno confrontarsi inoltre con i loro Dopplegänger, esseri uguali a loro e speculari, intrisi con tutte le loro piú tremende qualitá. Questi sono i famosi abitatori della soglia delle legende degli insegnamenti esoterici, il riflesso malvaggio di ogni essere umano con cui prima o poi ognuno di noi é chiamato a fare i conti, per via della nostra natura animale. Il nano rosso é quel che resta del braccio sinistro amputato di Mike, e la via della mano sinistra é sempre stata identificata con la magia nera. Altri agenti della Loggia sono i Dugpa (o Tulpa), esseri creati dagli abitanti della Loggia per portare a compimento i loro loschi piani. Tutte queste tematiche sono state precendentemente trattata sia da Rudolf Steiner in “How to know higher worlds”, 1904, da Aleister Crowley in “Moonchild”, 1917, da Tabolt Mundy in “The Devil’s Guide”, 1926, e da Dion Fortune in “Psychic Self-Defense”, 1930
Tulpa, illustrazione di Aaron Rizla
Gli abitanti della Loggia Nera si cibano di una strana sostanza, dalle fattezze di crema di mais, cibo sacro nelle civiltá precolombiane, chiamata da essi Garmonbozia (dall’etimo ignoto, forse deriva dalla parola ambrosia), conservata nella stazione di servizio, ennesimo luogo metafisico, e generata in seguito alla paura infusa dal mostro spettrale Bob in grado di possedere gli esseri umani per compiere efferati omicidi. Questo cibo potrebbe rappresentare metaforicamente l’attenzione dello spettatore, e quel desiderio di violenza di fronte la scena cruenta per il semplice intrattenimento, per analogia, questi mostri per esistere hanno bisogno dell’attenzione dello spettatore mentre resta incollato allo schermo. Bob avrebbe voluto possedere il corpo di Laura, ma Mike, concedendo l’anello alla ragazza, evita la sua possessione, e Bob, infuriatosi, scelse l’omicidio. Questo anello é stato forgiato dal tavolo presente nella stazione di servizio, tavolo a cui manca proprio un parte rotondeggiante. Il materiale del tavolo é la mica, minerale di silice, conosciuto per essere un ottimo isolante elettrico, se Bob rappresenta la violenza televisiva, l’anello é in grado di fornire una protezione da codesta.

La genesi di Bob é mostrata nell’ottava puntata della terza stagione, capolavoro indiscusso di genialitá, una vera e propria “film-experience”, come definita dagli esperti, che incarna le caratteristiche della TV cinematica, in cui regia e montaggio surclassano i dialoghi e le interazioni dei personaggi. In questa puntata, il test della prima bomba atomica crea un varco dimensionale, permettendo alla madre delle abominazioni, denominata nella serie Judy o Jowday, di deporre le sue uova sulla terra, da esse nasceranno Killer Bob ed i suoi complici, gli oscuri fallegnami, che andranno in giro per il mondo ad impiantare cavi elettrici per permettere alle nostre TV la proiezione del Male. La nascita di Bob é osservata dal gigante, deus ex machina di Twin Peaks, in quella che forse rappresenta la Loggia Bianca, che prontamente metterà in moto il suo piano generando il suo uovo: Laura Palmer per incastrare BOB in una trappola lunga ventisette anni. 
Judy, illustrazione di Cristiano Baricelli
L’antagonista della terza stagione é il Dopplegänger di Dale Cooper posseduto da Bob, in fuga dalla Loggia Nera e alla ricerca di Judy. Giunto alla Loggia dell’Olandese, incontra Phillip Jeffries nella sua nuova forma, da ex agente del FBI, a capo del progetto Blue Rose che investigava circa Judy e la Loggia Nera, é ora una sorta di tegliera, o meglio un athanor, la fornace alchemica delle leggende medievali in grado di trasmutare l’oro (in fugura un confronto). La fornace rivelerá al malvagio Dopplegänger che egli ha giá incontrato Judy in passato, e se la teoria, che vede l’origine del nome Judy dal cinese (叫jiào o 叫得 jiàode), col significato di “chiamare, attribuire un nome o un significato”, fosse vera, allora abbiamo giá incontrato quando Judy é stato rivelato il mistero della morte di Laura. 
Phillip Jeffries mostrerá anche il significato del simbolo dell’anello, che si ricombinerá per formare il simbolo dell’infinito ma posizionato verticalmente, forse per esprimere il senso di trascendenza del percorso dell’opera; infinito interotto nel finale di stagione in cui, i protagonisti usciranno dal loop per rittovarsi in un’altra dimensione, forse la nostra, e (/non) riconoscendola scatterá il classico urlo finale, quasi come un firma dell’autore.

Concludendo mi sento di affermare che i mostri di Lynch sono gli stereotipi della vita moderna propinatici attraverso il mezzo televisivo, mostri che sono sempre coscienti di sè stessi, a differenza dello spettatore, assopito e catatonico, a cui Lynch cerca di arrivare, per vie traverse, offrendo una parvenza epifanica all’incoscio collettivo tramite la distruzione della narrativa in cui l’incomprensibile si erge al di sopra dell’arte. 

Dalla Loggia Nera é tutto, ora che desti e in grado di affrontare la tesi apocalittica degli Angeli Crudeli, nel prossimo capitolo. Nel frattempo....
Articolo di Aaron Rizla, illustrazioni originali di Aaron  Rizla e Cristiano Baricelli, revisione di Robb P. Lestinci

mercoledì 14 agosto 2019

Occhi senz'anima (Recensione "L'uomo della sabbia")

"L'uomo della sabbia" é un film televisivo italiano del 1981 diretto da Giulio Questi come parte della serie-contenitore della RAI "I giochi del diavolo" che traspone con fedeltà il racconto "Der Sandmann" di E.T.A. Hoffmann del 1815, raccolto nei "Notturni"(ispirazione anche del sinistro cortometraggio "The Sandman" di cui abbiamo parlato qui).

Protagonista del film é Natanielo (Donato Placido), ossessionato dal passato e dall'omicidio di suo padre per mano del suo assistente Coppelius, che da piccolo pensava fosse la creatura folkloristica del Sandman, un ladro di occhi notturno, e dal paranormale, al punto da divenire così paranoico e fissato da spaventare la sua promessa moglie Clara (Francesca Muzio). Allontanatosi da lei, busserà alla sua porta il misterioso Coppola (Mario Feliciani) che gli ricorderà di Coppelius prima che incontri una splendida ragazza che però sembra avere qualcosa di strano che turba le altre persone.
Così come il racconto originale, citato da Sigmund Freud nel saggio "Il perturbante", il film genera il sentimento del sinistro (concetto prima individuato da Ernst Jentsch e poi sviluppato dallo stesso Freud con l'aggettivo tedesco "Das Unheimliche"), un sentimento diverso dalla paura ma ad esso assai affine che nasce nel momento in cui sperimentiamo qualcosa di familiare, ma allo stesso tempo estranea, generando ansia a causa dell'estrazione e della confusione che ne consegue. Il sinistro é ciò che, in sostanza, ci rende spaesati ed é la causa per cui troviamo inquietanti automi, statue i bambole che ricordano gli umani, pur non essendolo, generando quell'effetto definito "Uncanny Valley".

Proprio un'automa é al centro della storia della pellicola, generando un senso d'inadeguatezza ed ansia ogni volta che che appare sullo schermo.
Il tema degli occhi, parte anche della storia folkloristica del Sandman, che ritorna e porterà poi alla follia il personaggio centrale venne interpretata da Freud come la paura della castrazione.
Schema dell'Uncanny Valley
Natanielo é un personaggio estremamente problematico, narcisista, fiero di sé e delle sue idee, che non riesce a lasciar andare il passato e lo rivede ovunque, arrivando a divenire un lunatico paranoico, soffrendo probabilmente di post traumatic stress disorder, così alla ricerca di cose che non ci sono, da non rendersi realmente conto della follia con cui ha a che fare. Vediamo tutta la scalata della sua pazzia fino al tragico finale.

Coppelius, invece, é letteralmente il deus ex machina della pellicola, un sinistro presagio che torna nella vita del ragazzo muovendone indirettamente le fila, una figura quasi mefistofelica, come se fosse egli stesso incarnazione del Maligno se non dello stesso Sandman, cosa non del tutto improbabile. Secondo alcuni critici non va inoltre considerato come un personaggio fisico, ma più come un'entità incorporea, una metafora dell'oscurità interna del protagonista.

Insomma, non é altro che un oscuro riflesso dei suoi occhi.

Articolo di Robb P. Lestinci

domenica 28 luglio 2019

Un piccolo lungo incubo (Recensione "Sogno o realtà?")

Nel 1992, in America, sotto la Scholastic Press, iniziò una curiosa serie di romanzi horror per i più giovani, scritta da un curioso autore dell'Ohio, Robert Lawrence Stine (R.L. Stine): "Goosebumps", in Italia, "Piccoli Brividi".

Nel 1995, Saban, iniziò la produzione per un adattamento televisivo e oggi parleremo proprio di un episodio di questa serie dal titolo originale di "Don't Go to Sleep!", tradotto in Italia come "Sogno o realtà?"; L'episodio, quarto della terza stagione, andato in onda per la prima volta il 20 settembre 1997, è diretto da John Bell e scritto da Rick Drew, ispirandosi molto liberamente al cinquantaquattresimo libro di "Piccoli Brividi" di R. L. Stine.
Matt (Tyler Kyte, che in futuro curerà la colonna sonora di "Monsterville" di R. L. Stine) è un dodicenne stanco di esser trattato come un bambino da tutti e, in cerca di privacy e tranquillità per leggere fumetti, decide di dormire nell'attico. Una volta addormentato, però, si ritroverà catapultato in situazioni più che stressanti, cambiando di continuo realtà, mentre due agenti della Polizia della Realtà (Martin Roach di "Cube Zero" e "The Shape of Water" e Anthony De Longis) gli daranno la caccia.

L'episodio è generalmente riconosciuto come uno dei più spaventosi della serie o, più che altro, uno dei più snervanti e ansiogeni. Vediamo infatti continui primissimi piani, dal basso verso l'altro, come se vedessimo dagli occhi del protagonista, di adulti assai scortesi e rudi nei confronti di quest'ultimo, ponendolo in situazioni che genererebbero ansia in chiunque, scenari che mutano vertiginosamente ad ogni urlo del protagonista, passando ad esempio dalla scena di una bomba a quella del suo disinnesco e, se ciò non bastasse, va ricordato che il ragazzo era costantemente braccato dai due "men in black" decisamente non amichevoli quanto quelli di Will Smith e Tommy Lee Jones nel film omonimo, anzi, il contrario, nonostante sia chiaro che ne siano un riferimento.
Ovviamente, il libro originale (in italiano "Incubo al risveglio"), poco ha a che fare con ciò che viene visto nell'adattamento televisivo: in esso, infatti, Matt, ogni volta che si addormenta, si risveglia in un corpo diverso, tra cui quello di uno scoiattolo, ed il suo problema nasce dal dover tornare nel suo corpo normale, potendolo fare solo tornando nella camera degli ospiti (e non una ben più inquietante soffitta come trasposto) dove tutto è iniziato, aiutato da una ragazza, Lacie, che in seguito si rivelerà membro della Polizia della Realtà, e braccato costantemente da quest'ultima.

Insomma, un racconto più fantascientifico, con tanto di trasformazione in un mostro simile a Godzilla, più che dell'orrore, senza tutto il sentimento d'ansia suscitato nella sua trasposizione.
Copertina originale del libro
La regia con movimenti veloci e primi piani e il gioco di luce che illumina solo i personaggi che parlano in scena donano quel senso di onirico e di "brutto sogno" necessario all'andamento dell'episodio. Sorprendentemente anche la recitazione non è blanda come nella maggior parte degli episodi, magari anche grazie al dover essere "over the top" (esuberanti, potremmo tradurre) per la maggior parte dei ruoli, e le reazioni di Tyler Kyte sono esattamente quelle che avrebbe un ragazzino spaventato in quelle situazioni, nulla di troppo esagerato insomma.

Una curiosità sta nel fatto che potrebbe esservi un collegamento a un altro episodio della serie, "Click" ("Il telecomando"), in quanto entrambi i protagonisti dei due episodi, rompendo le leggi della Realtà, seppur in maniera diversa, si ritrovano in un vuoto oscuro, nonostante Matt ci resti solo momentaneamente.

Nemmeno il finale è degno di un lieto di fine, risultando decisamente più cupo e senza scampo rispetto a quello del libro dove assistiamo ad un semplice cliffhanger. La puntata televisiva non lascia invece molte speranze al povero Matt.
Anzi, sembra decisamente un game over.


Articolo di Robb P. Lestinci

sabato 27 luglio 2019

Un sogno infinito (Recensione "Long Dream")

"Long Dream" è un mediometraggio horror giapponese del 2000 scritto e diretto da Higuchinsky (regista anche di "Uzumaki" dello stesso anno) ispirato al racconto "Nagai Yume" di Junji Ito.

Mukoda (Shûji Kashiwabara) è un ragazzo che ha un problema particolare: i suoi sogni sono sempre più lunghi. Inizialmente il disagio è minimo, ma quando un incubo dura decenni e il suo corpo inizia a mutare è chiaro che qualcosa non vada e sorge spontanea la domanda: ci si può risvegliare da un sogno infinito?
Sicuramente uno dei prodotti ispirati alle opere del maestro nipponico Junji Ito più fedeli al materiale originale, seppur comunque si tratti di un prodotto a basso costo.

Il budget è, infatti, evidentemente assai ristretto, basti pensare che si tratta di un film lungo circa un'ora per la televisione, ergo ci si aspetterebbero effetti scadenti o minimali, ma Higuchinsky è riuscito comunque a sopperire alle lacune economiche con la sua regia e le snervanti scene riprese da una vecchia telecamera, capaci anche di coprire eventuali imperfezioni del make up. Il tutto mantiene comunque un'aurea si semi amatorialità in alcuni momenti, ma il tutto resta comunque salvabile se amanti di un certo genere di estetica dell'orrore.
Scena del manga originale
I prostetici sono però perfette riproduzioni di ciò che si vede nel manga e ciò è assolutamente inaspettato e sorprendente, qualcosa di raro in operazioni del genere. Interessante anche come si sia deciso di andare oltre l'epilogo della storia originale, modificando le motivazioni del dottor Kuroda rendendolo un personaggio più sinistro e tridimensionale, così come, piccoli dettagli come le scritte sui muri di Mukoda, vanno a renderlo più umano anche una volta mutato. La recitazione, però, è degna di una fiction, delle volte sopra le righe, tranne che per Kashiwabara assai convincente, ironicamente facendo sembrare i personaggi letteralmente usciti dalle pagine di un fumetto.

Il twist finale, del tutto inaspettato, è poi un'inquietante aggiunta lascia forse più turbati addirittura più del finale originale ideato da Ito. Il film, ancora più drammatico del materiale originale, esplora la paura della morte e la dubbia divisione tra sogno e realtà, ponendo l'interrogativo: non è la vita stessa, forse, solo illusione di esistere? Vivere in attimo eterno non è forse come una vita dopo la morte?
Quesiti inquietanti a cui non avremo mai risposta, ma che non possono che restare impressi allo spettatore, posto dinanzi gli enormi occhi di rana di un uomo che ha sognato così tante vite da renderlo un essere estraneo alla sua stessa natura.


Articolo di Robb P. Lestinci