sabato 16 novembre 2019

Nel cuore degli orrori di Los Angeles (Intervista a Graham Skipper)

Graham Skipper è un attore, regista e sceneggiatore americano, conosciuto per aver interpretato Seth Hampton in "Almost Human", il protagonista di "Beyond the Gates" e Herbert West in "Re-Animator: Il Musical", oltre che per aver diretto l'horror cronenbergiano "Sequence Break" che abbiamo recensito qui.

Di seguito  che ci ha riportiamo l'intervista che ci ha concesso al London FrightFest 2019.
Q: Quando è nata la sua passione per l'horror?
A: Sono un fan dell'horror da tutta la vita, vidi "L'Esorcista" quando avevo undici anni e mi ha talmente rapito da portarmi ad amare i film dell'orrore e il modo in cui vengono fatti, e sono stato fortunato al punto da passare i provini per interpretare Herbert West in "Re-Animator: Il Musical" diretto da Stuart Gordon in persona di cui sono da sempre un grande estimatore. Fortunatamente sono stato scelto e ho potuto lavorare con Stuart, e nel frattempo ho fatto la conoscenza dell'intera horror community di  Los Angeles: venivano per veder Stuart lavorare, ebbi la possibilità di incontrarli tutti ed in particolare di incontrare Joe Begos, che lavorava al progetto come direttore di scena, e Joe mi ha scelto per "Almost Human" e il resto lo sai.

Q: Quando uscirà l'album di "Re-Animator: Il Musical"?
A: (Ride) È proprio una bella domanda: so che l'album è stato registrato, che è magnifico, ma non conosco una data d'uscita... ovviamente so che ci sono dei progetti al riguardo, ma continua a rimanere un mistero per me (Ride).
Q: Come attore quali sono le differenze che ha riscontrato tra cinema e teatro?
A: È una bella domanda: sia al teatro che al cinema per me si tratta sempre di cogliere l'attimo nella sua veridicità ed interpretarlo al meglio possibile. La vera differenza è che sul palco bisogna ovviamente essere più marcati e melodrammatici mentre al cinema bisogna contenere il tutto: la macchina da presa è a pochi pollici dal proprio occhio e per rendere il tutto verosimile e realistico bisogna tenersi molto dentro mentre sul palco si può essere più enfatici ed esprimere ogni emozione in modo  più fisico. Inoltre credo che un'altra cosa interessante sia che quando si riprende qualcosa il tutto si basa su un fermarsi e ricominciare, potendocisi così focalizzare su di un singolo momento piuttosto che dover sostenere lunghe scene: il palco è simile ad un treno in partenza dalla stazione, e quando inzia lo spettacolo per le successive due ore si dovrà continuare, e anche quando sei dietro le quinte e ci si sta preparando il tempo continua a scorrere; sul set si ha più tempo per fermarsi e ripensare a quanto si è appena fatto e correggersi in seguito. Insomma, sono due facce della stessa medaglia.

Q: Qual è stata la sua migliore esperienza attoriale?
A: Cavoli, credo che il film cui mi sento più legato sia "The Mind's Eye" perchè fu un ruolo importante e difficile per me, oltre che qualcosa di diverso da quanto avevo fatto prima. Joe si fidò tanto da assegnarmi un personaggio così profondo e complesso, e le riprese stesse furono difficili ma divertenti, furono lunghe e quando penso al tempo trascorso a recitare sul set, e in particolare quello di "The Mind's Eye", il cuore mi si gonfia: amo molto quel film e sono molto grato a Joe per avermi chiesto di interpretare quel ruolo.
Q: In che modo le costrizioni di budget di "Sequence Break" hanno influenzato il film?
A: Sai, in qualunque progetto, una volta sul set le decisioni da fare al volo si basano proprio sul budget e sulle scadenze... prevalentemente su queste ultime in realtà. È interessante il fatto che dopo, durante la fase di montaggio, hai la possibilità di manipolare molti elementi una volta che si possono visionare tutti insieme e credo che in "Sequence Break" il più grande cambiamento che abbiamo fatto, dopo che quasi tutto quello che avevamo scritto era stato ripreso bene e funzionava rientrando sia nel budget che nelle scadenze, è stato solo nella fase di montaggio ci siamo accorti che alcuni elemneti della storia andavano perfezionati, specialmente verso la fine. Dopo tutto ciò funzionava anche meglio, ed è questo a cui del resto serve la fase di montaggio, dove del resto vengono apportate le maggiori modifiche: è in postproduzione che ti accorgi come la storia possa essere raccontata meglio se vengono trattate in modo diverso.

Q: Quale film le sarebbe piaciuto dirigere?
A: Cavoli anche questa è una bella domanda. Probabilmente "Punto di non ritorno" perchè credo che sia un grande film e ne sono un grande fan come di tutto l'horror ambientato nello spazio, ma credo anche che ci sia posto, se non per qualche miglioria, quantomeno per manipolare alcuni temi, immagini ed elementi narrativi in modi diversi e interessanti. Ora sembra che Adam Wingard ne stia traendo una serie telvisiva, che attendo con ansia, ma quando penso ai remake mi piacerebbe anche mettere le mani su Stati di allucinazione, che pure ritengo un film incredibile ma di cui vorrei vedere riproposte alcune delle sue intuizioni.
Q: Sta lavorando a qualche nuovo progetto?
A: Tra neanche una settimana andrò in Texas per le riprese di un film in cui reciterò, "Mistery Spot", una fighissima storia al di là dei confini della realtà sui temi dell'amore e della perdita ed in cui tutti i personaggi hanno i loro scheletri nell'armadio. Per il resto, sono sempre alla ricerca di nuovi progetti e cerco costantemente di andare avanti a fare questo. Oh, e ho anche aperto a Los Angeles un bar a tema horror chiamato Rated R Speakeasy, che si è rivelato molto popolare e divertente, una sorta di rifugio per gli amanti dell'horror per stare e bere insieme.

Q: Grazie! Spero ci rivedremo presto!
A: Grazie a te, ci becchiamo in giro!

Intervista ad opera di Robb P. Lestinci, traduzione di Donato Martiello

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