giovedì 25 luglio 2019

Spasmodici esercizi di stile (Recensione "Psychopaths")

"Psychopaths" è un film thriller horror americano del 2017 scritto e diretto da Mickey Keating.
Come vedremo più avanti, nuovamente, determinare una trama per questa pellicola é compito arduo, per ora mi limito a dire che il film vede tre storie parallele, di tre psicopatici che, pian piano, si collegano tra di loro. Ognuna di esse ha la sua fotografia particolare ed il suo stile di regia distintiva dimostrando le doti mutevoli di Keating, capace di adattarsi ai personaggi ed alle situazioni. Questo film sembra, infatti quasi un portfolio del regista per mostrare le sue doti con moltissima sperimentazione.

Il lungometraggio si apre con Doll Face (Sam Zimmerman), uno dei tre killer principali mentre seppellisce un uomo subito dopo le ultime parole di uno psicopatico, Starkweather (Larry Fassenden, veterano del genere). Il film continua con movimenti e rotazioni veloci e d'effetto della videocamera e con un jokeresco serial killer noto come The Strangler (James Landry Héber, l'Axel della seconda stagione di "Stranger Things") prima di mostrare la vera protagonista, la sadica Blondie (Angela Trimbur, vista anche in "Trash Fire", "XX" e "The Final Girls", per dirne alcuni, e definibile, come Noah Segan, di cui abbiamo parlato per "Follow", una della attrici più attive nel settore, considerabile una moderna scream queen).
L'episodio (che si propaga in parallelo agli altri) è molto scuro, con scene quasi completamente nere, alcune in bianco e nero, con un senso d'inquietudine e sensualità costante. Un montaggio ferreo e repentino con alcuni fermo immagine ed elementi quasi onirici, quasi lynchiani, accompagnati dal viso angelico dell'attrice che si trasforma in una torturatrice mascherata, vestita di pelle e sensuale e provocante più che mai. La parte di Alice (Ashley Bell) è caratterizzata da primi piani statici della sua faccia mentre parla con la sua seconda personalità, molto d'effetto ed inquietante (unsettling), con una fotografia luminosa, quasi teatrale, così come lei. L'episodio di Doll Face invece ha atmosfere in parte quasi refniane con luci al neon, piani sequenza molto interessanti come quello della stanza con varie donne nude, spezzate all'improvviso da un buio freddo, distaccato, non assoluto, naturale.

Una pellicola strana, con sequenze quasi sconnesse anche se d'effetto.
Ed è proprio questo il problema, le trame non si ricollegano come si pensa e non vi è effettivamente una vera e propria trama in generale, riavvalorando la tesi di un mero portfolio del regista che dimostra sì le sue doti, sì discrete, ma non abbastanza per sorreggere un film che non parla di nulla ma che è fatto di personaggi, sì, sulla carta interessanti, ma trattati come buste della spazzatura e delle volte rindondanti ed addirittura fastidiosi (specialmente quello di Bell).
Se questi personaggi fossero stati meglio esplorati e posti in un contesto più studiato, probabilmente il film sarebbe stato più che discreto, ma così non è stato.
Un'occasione sprecata? Sì.
Il film infatti nonostante la buona regia soffre, per giunta, di un montaggio alcune volte fastidioso e di una presenza costante di dialoghi che, come già sottolineato, sono de facto fini a se stessi, vuoti, e che caratterizzano personaggi che non arriveranno da nessuna parte.

Anche il miglior personaggio del mondo senza uno sfondo ed avvenimenti all'altezza non funziona.

Articolo di Robb P. Lestinci

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