sabato 26 dicembre 2020

BioArte e Cinema. ALL-IN: Scena e Retroscena di una storia infinita di reciproca influenza e ispirazione


Nel precedente articolo ho trattato uno degli aspetti della morte: l’omicidio a mani nude, rappresentato nel corso degli anni sotto un’ottica artistica di stampo marziale. In questo nuovo articolo speciale di fine anno, per completare il dittico intrinseco, per contrappasso, vi descriverò uno degli aspetti più curiosi della vita, quando, se possibile, essa è sovrapposta all’Arte, in maniera indissolubile e tangente ai limiti dei livelli molecolari della micro e nano scala metrica.

(Minna Långström & Leah Beeferman: Photosonic Landscapes in Color)
Se esiste qualcosa di più controverso, in grado di scindere nettamente l’opinione pubblica, qualcosa di più discusso e ambiguo, dall’incerto valore artistico e pedagogico, qualcosa di più problematico e opinabile, per le sue ripercussioni etiche, morali e politiche, qualcosa di più incerto da generare una controversia lunga circa trent’anni, e ancora ben lontana dal suo epilogo in tutti i saloni delle elitè intelletuali ed accademiche, qualcosa di più adeguato e conveniente, in grado di alimentare l’eterna disputa tra i dettrattori e gli estimatori del processo scientifico, questa è sicuramente la BioArte, solida intesa tra i quindici minuti di notorietà warholiani e l’importanza oscarwildeana al dibattito che sorpassa oltre le comuni ideologie. 

Ampliamente, e con le dovute eccezioni del caso, la BioArte è la pratica multidisciplinare che prevede l’utilizzo di organismi viventi, o processi legati ai meccanismi della vita, per creare forme d’arte viventi utilizzando: tessuti, batteri o altri microorganismi e processi vitali. La sua stessa definizione è ancora oggi oggetto di critiche, essendo un termine coniato in tempi recentissimi da Eduardo Kac nel 1997 per descrivere una delle sue performance artistiche in cui si autoimpiantava un microchip di riconoscimento nella sua caviglia sinistra (Time Capsule). Utilizzando processi scientifici, come la biotecnologia (ingegneria genetica, coltura dei tessuti e clonazione) queste opere d'arte vengono prodotte in laboratori, gallerie o studi artistici specializzati.

Lo scopo della BioArte è considerato da alcuni artisti strettamente limitato a "forme viventi", mentre altri artisti includerebbero anche immagini e illustrazioni della medicina contemporanea e della ricerca biologica. Sebbene i BioArtisti lavorino con la materia vivente, vi è un certo dibattito sulle fasi in cui la materia può essere considerata viva o vivente. La creazione di esseri viventi e la pratica nelle scienze della vita comportano sempre un'indagine etica, sociale ed estetica. 

La BioArte è spesso concepita per essere sconvolgente, impressionante e divertente, scadendo, a volte, nel ridicolo. Può risultare grossolana e antigenica, e nel peggiore dei casi, impossibile da piazzare sul mercato delle case d’aste. Ma allo stesso tempo, si riveste del manto tradizionale di cui l'arte dovrebbe appropiarsi: attirare l'attenzione sui dettagli belli e grotteschi della natura che altrimenti resterebbero al mondo ignoti.

Sollevando numerosi interrogativi sul ruolo della scienza nella società, la maggior parte di queste opere tende alla riflessione sociale, trasmettendo critiche politiche e sociali attraverso la combinazione di processi artistici e scientifici (Pasko J.M. 2007 - USA Today). A causa di questa doppia accettazione, mentre la maggior parte delle persone che praticano BioArte sono classificate come artisti in questo nuovo media, possono anche essere viste come scienziati, poiché il mezzo effettivo all'interno di un'opera riguarda le strutture molecolari a base della vita stessa. Gran parte di quest’arte coinvolge la coltura dei tessuti geneticamente modificati con i processi di ingegneria genetica attraverso i quali il genoma di un organismo viene alterato per sottrazione o dall'aggiunta di ulteriore informazione genetica esogena, sintetizzata o trapiantata da un altro organismo. Secondo Paola Sammartano, esiste una stretta e certa somiglianza tra la clonazione e la fotografia, entrambe caratterizzate dall'intento di "riprodurre l'originale il più fedelmente possibile e in quante più copie si desideri” (Zoom Magazine - 1995, Italia).

Tra i pioneri di questa disciplina ritroviamo anche Suzanne Anker, aritsta visiva e teorica dell’arte newyorkese, che da più di venticinque anni esplora le relazioni tra la biologia e l’arte per comprendere in che modo la natura è stata alterata dall’inizio del XXI secolo. Nel 1994, Suzanne ha curato una delle prime esibizioni a tema Arte, Scienza e Tecnologia, con focus sulla genetica in Gene Culture: Molecular Metaphor in Visual Art, indagando i modi in cui l’impostazione genetica opera sui segni estetici (suzanneanker.com).

Sebbene questo sia un canone relativamente nuovo e in continua evoluzione, caratterizzato da molti sottotipi e ramificazioni sempre più interessanti, non posso non riconoscere nella cinematografia horror e nell’immaginario fantasceintifico, la primigenìa di tale ethos

Questa parvenza, o istinto, nel “giocare” con la materia vivente, di manipolarla, soprattutto per comprenderla; questa pratica che vuole l’uomo sostituirsi al dio, cieco e assente, la propensione al Prometeo e alla sua hybris, e il dialogo attorno alla tecnologia futuristica sono stati temi dapprima rappresentati sullo schermo o in letteratura. 

La manipolazione genetica viene presentata sullo schermo già da molto tempo e continua tutt’ora ad essere il modus operandi più gettonato per la creazioni di nuove terrificanti creature o futuri prossimi venturi. Si pensi al kafkiano La Mosca del 1987 di David Cronenberg, o al capolavoro distopico futurista di GATTACA di Andrew Niccol del 1997, in cui una sequenza genica è gia presente nel titolo della pellicola! La clonazione fantastica è riuscita a ripopolare il pianeta di dinosauri in Jurassic Park, dal romanzo di Michael Crichton, di cui Steven Spielberg ne fornisce una visione nel 1993, impossibile nella pratica per la mancanza di sequenze geniche complete nei fossili e per l’assenza di cellule uovo in grado di ospitarle; perdonando anche la scelta del titolo, dal momento che i T-Rex hanno abitato il pianeta durante il Cretaceo Superiore, e non nel Giurassico, secondo la Commissione Internazionale di Stratigrafia

La lista potrebbe continuare ancora con un altra decina di titoli eccellenti che sorvolano questi prolifici decenni fino a giungere ai giorni nostri culminando con le serie televisive che prevedono la creazione di corpi umani ex novo, ripercorrendo le tematiche di Ridley Scott e i suoi Replicanti in Blade Runner del 1982, come Westworld (2016) o Altered Carbon (2018), raggiungendo l’apice con quest’ultimo, dove l’immortalità dell’anima è garantita alla classe dirigente attraverso gli impianti neurali introdotti in nuovi corpi sempre più prestanti.

Nelle parti introduttive del libro: ART AS WE DON´T KNOW IT, prodotto dalle collaborazioni internazionali  di diverse Società di BioArte e pubblicato anche on line dalla Aalto Univerisity, si descrive la BioArte come un movimento artistico, un manifesto che rivendica, durante il corso degli eventi in continuo cambiamento, nuove rilocalizzazioni per le Arti e per le pratiche artistiche in cui i confini rappresentativi attorno al soggetto della ricerca, basata sul campo semantico della biologia, sono renterpretati in modo che la biomateria diventi informazione. Seguendo queste prerogative, questi artisti/precursori di idee radicali possono realizzare le loro visioni, creando qualcosa di straordinariamente estremo, realizzando un nuovo canone artistico di riflessione critica che arricchisce le nostre nozioni di vita, natura, ambiente e scienza. 

Le domande a cui i bioartisti cercano di rispondere si svillupano, anche, attorno alla ricerca di come la composizione chimica standard della vita può essere alterata e se sia possibile aprire nuove porte verso possibili scenari di ecologie biologiche parallele che non sono state esplorate o rese possibili per via della selezione naturale. Potrebbero sembrare pensieri provocatori, ma questi esperimenti sono alla base per la creazione e la ricerca di nuovi ecosistemi o processi di biobonifica su scala globale.

Profondamente radicata nelle teorie femministe e nella pratica transgender, anche la biofilosofia è basata sulle relazioni, processi e modulazioni e si presuppone di riconsiderare i concetti di essenza dei princìpi base e delle norme che sono state tradizionalemente associate al pensiero di vita, attraverso strumenti biosofici che permettono di esplorare ed espandere il canone dell’etica. 

Per esempio, alcuni tentativi di intervento sulla modifica del corpo, seppur non in maniera genetica, li ritroviamo in tantissime epopee mitologiche e scenari fantasy, nell’Edward Mani di Forbice, del 1990 ad opera di Tim Burton, per giungere finalmente al nostro secolo con il techno-thriller tedesco Biohackers, ad opera di Christian Ditter, serie televisiva presentata da Netflix nell’Agosto di quest’anno e rinnovata già per una seconda stagione. In ognuno dei sei episodi, comprendenti la prima seria, viene ripetutamente menzionata, almeno una volta ad episodio, la tecnologia di manipolazione del DNA che più di tutte ha rivoluzionato la ricerca scientifica nel settore biologico negli ultimi decenni: CRISPR/Cas9 (Clusterd Regulated Intersparced Short Palindronic Repeats/CRISPR-assosiated protein9). Ottobre 2020, le ricercatrici che hanno sviluppato tale tecnologia hanno ricevuto il Nobel per la biochimica il quale si aspettava già da tempo. Questa tecnologia è in grado di attuare modifiche genetiche ed epigenetiche sito specifiche, ed ha profondamente rivoluzionato la ricerca biologica al pari della PCR (Polymerase Chain Reaction). 

Nel 2018 lo scienziato cinese He Jiankui ha descritto al pubblico il suo uso speciale della tecnologia CRISPR su embrioni umani per renderli immuni al virus HIV: è il caso delle gemelle Lulu e Nana. I comitati etici mondiali non hanno approvato il metodo di applicazione di tale ricerca, He, insieme al suo team, è stato  processato a tre anni di detenzionamento. La serie Biohackers fa eco anche a questa storia che risulta integrata molto bene nella trama verticale. Alcuni dei set scenici che ricreano il classico laboratorio di biologia molecolare sono interessanti: a volte la buffer zone è assente, alcuni esperimenti di biohacking risultano estremi e difficilmente realizzabili a casa o nei biogarage/bioatelier della serie. Resta un tributo a tutti i bioartisti, ma soprattutto a Kac, quando compare in scena il coniglio transgenico di Kac, nella pratica fluorescente e in grado di emettere luce verde solo se irradiato ai raggi UV (!) altamente tossici per qualsiasi animale, eliminati quindi dalla scena. L’autore ha comunicato che la seconda stagione continuerà a discutere sui princìpi etici e morali del biohacking.

Esprimendo parte della natura, esplorando questi limiti biotecnici ed artistici, la bioarte potrebbe deromanticizzare l’essenza selvaggia della natura. Questo genere di ibrido, quale punto di incontro tra naturale ed artificale, è un “contratto dell’arte stipulato con la vita”, affermano gli autori e gli artisti del movimento, fornendo una definizione di scienza. 

Secondo gli esperti di ART AS WE DON’T KNOW IT, la bioarte invita ad esplorare le pratiche artistiche di intersezione tra scienza e società. La tecnologia che fornisce gli strumenti di esplorazione e ricerca nel campo delle Scienze della Vita è in costante e rapido cambiamento. Anche la xenobiologia studia questa collisione tra ciò che è umano e ciò che non lo è. La microbiologia, la realtà virtuale e la robotica si incontrano con l’arte e con gli artisti, insieme per esplorare i modi in cui noi comprendiamo ed osserviamo il mondo che ci circonda. 

I punti di contatto tra BioArte e biohacking sono espliciti ed è possibile estenderli, soprattutto col progresso delle biotecnologie. La comprensione di questi bioprogetti richiede spesso conoscenze di base di biologia molecolare e potrebbe risultare complicata senza consulto alla bibliografia di riferimento. 

In questo triste periodo, dove la scala nanoscopica continua a rappresentare la minaccia più tangibile e pericolosa per il genere sapiens, è iniziata anche la diffusione e la somministrazione del vaccino anti Sars-CoV-2, in diretta TV e in conferenze stampa.

Riuscirà la BioArte a convertire i no-vax?   

Con quest’ultima e nuova mission impossible chiudo l’ANNO I degl’archivi miskatonici

Golconda! (illustrazione originale di Philippe Bertrand)
da Golconda è tutto!

Ringraziando lo staff, colleghi, collaboratori e lettori che si sono mossi fra le righe arrivando fin qui... 

Ci si rilegge l’anno prossimo!

& BUON NATALE MMXX

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