lunedì 27 gennaio 2020

Le Rovine della Cittá Sommersa di R'lyeh - Luoghi del Terrore e dove trovarli

Se i personaggi del terrore nascondono, e ci mostrano allo stesso tempo, le personalitá piú perverse e recondite dei loro creatori, o comunque il loro terribile genio creativo; i luoghi fantastici del terrore ci introducono direttamente e ci danno il benvenuto nell’universo devastante delle loro menti piú spaventosamente prolifiche. Tanti sono stati i luoghi inventati dall’uomo, o riadattati per dovere di trama, per mettere in scena le storie piú bizzarre, tutt’oggi, alcuni di questi luoghi sono ritenuti davvero esistenti e sono divenuti mete turistiche dei viaggi del terrore

In questa georubrica mi piacerebbe analizzare tali luoghi della paura, le loro storie e le loro geografie, le loro architetture e di quali racconti hanno visto svolgere le trame, e perché sono diventati cosí famosi nell’immaginario collettivo. Dovendo decidere da dove iniziare questo percorso, mi sono lasciato ispirare da uno dei miei scrittori preferiti e ho deciso di rendergli omaggio con questo primo articolo: biglietto di sola andata, direzione: R'lyeh.
Ci troviamo a Sud-Ovest dell’Oceano Pacifico, in uno dei poli di inaccessibilitá del nostro pianeta, ossia uno dei punti oceanici piú distanti da qualsiasi terra emersa, localitá designata non a caso da Howard Phillips Lovecraft come dimora e mausoleo del suo orrore cosmico piú famoso: Cthulhu, il mastodontico essere cefalopode ed antropomorfo, divinitá sacerdotale alata del pantheon lovecraftiano classificata come “Grande Antico”, apparso per la prima volta nella rivista pulp Weird Tales nel 1928, nel racconto breve de “La Chiamata di Cthulhu”; egli, grazie alle sue capacitá psioniche sarebbe diventato il capostipite dei Illithid, o mind flyer, le aberrazioni umanoidi dell’universo di Dungeons and Dragons.

La medesima cittá é posiziona da Lovecraft a 47°9′S 126°43′W e denominata Relex nel suo racconto “Il Tumulo”, mentre, August Derleth, scrittore ed editore di novelle lovecraftiane, colloca R’lyeh a 49°51′S 128°34′W nel suo racconto “The Black Island, Quest for Cthulhu the Great”, a circa cinque mila miglia nautiche da Pohnpei, isola dell’arcipegalo del Senyavin appartenente agli Stati Federati di Micronesia, luogo che vedrá nel 1975 il susseguirsi delle vicende del Ciclo di Cthulhu sotto la forma delle pastiche di Linwood Vrooman Carter e il suo Ciclo delle leggende Xotiche.
Lovecraft non si dilungherá mai molto su questa cittá, di essa sappiamo solo che é in rovina, sprofondata in fondo al mare, condividendo cosí il triste epilogo con un altro luogo delle leggende: l’Atlantide di Platone, menzionata nei Dialoghi di Timeo e Crizia, IV sec. a.C. 

L’edificazione di R’lyeh si perde nei meandri del tempo antidiluviano, tra il Devoniano e il Cambriano dell’Era Paleozolica (circa 400 milioni di anni fa) e supera ogni nota concezione delle teorie architettoniche: “costruita in eoni senza misura prima della storia, dalle vaste forme ripugnanti che filtravano dalle stelle oscure", una forma di cosmogenesi che sará ripresa da Stephen King nei suoi romanzi. Essendo stata fondata in epoche cosí remote, non stupirá mai il lettore il sapere che nei racconti lovecraftiani, a causa della deriva dei continenti, la conoscenza di talé cittá, sperduta nell’oceano, é disseminata in tutte le culture del pianeta. Prigione della sovracitata mostruositá, tumulata nel gigantesco obelisco che emerge dalle acque, R’lyeh é definita come una cittá cadavere, attributo assegnato al suo stesso prigioniero, morto, dormiente e sognatore di una sua ascesa al potere; ed é con queste caratteristiche paradossali che l’universo lovecraftiano, cosí come i mostri che lo popolano, riescono a superare il concetto di mortalitá della materia, diventando protagonisti immortali che anticipano la gloria del loro creatore. 
Illustrazione di Walter Brocca
Se tutto questo non fosse ancora sufficiente a confondere il lettore, l'autore di Providence conferisce a R’lyeh attributi che non sono propri della geometria del nostro universo: la cittá, e la parte di essa emersa dalle acque presentata nei racconti, non gode di proprietá euclidee e, per di piú, presenta archittetture ciclopiche, degne ancora una volta delle piú famose teogonie. Nel suo racconto una ciurma di marinai si imbatte nelle sue coste, ricche di fango, melma ed erbacce, nonché resti e mura colossali di un’antica civiltá dimenticata. Giá prima dell’inaspettato risveglio del mostro che assicurerá loro la morte, la ciurma verrá condotta alla pazzia, grazie anche alle geometrie impossibili di questo luogo, dove le leggi della fisica scompaiono, la materia assume vita propria e le regole prospettiche cessano di esistere: il terreno costiero e le sue acque assumono posizioni non orizzontali, ed ogni cosa assume una posizione relativamente variabile, caratteristiche dello spazio quadridimensionale, anticipando le odierne teorie sui buchi neri. 

Non c’é da meravigliarsi dunque se qualcuno dovesse prendersi la briga di analizzare nel dettaglio questo universo cosí particolare, come ha fatto Benjamin Tippet, fisico teorico e matematico dell’Universitá del New Brunswick nel suo simpaticissimo saggio: “Possible Bubbles of Spacetime Curvature in the South Pacific” in cui lo studioso, utilizzando la computazione numerica, giunge alla conclusione che l’infame cittá é caratterizzata da una curvatura dello spazio-tempio e che la natura della materia del luogo sorpassa ogni altra umana comprensione, caratteristiche della conoscenza proibita tanto cara al padre del luogo.
R’lyeh, illustrazione di Marc Simonetti
Nel tentativo di codificare l’universo lovecraftiano, Tippet spiega benissimo, grazie alle caratteristiche della curvatura dello spazio-tempo, lo stato quantico del luogo e del mostro suo abitante, né vivo né morto, come il famoso gatto di Schrödinger, tematica riscontrata anche in tempi piú odierni nell’universo immaginario di George R. R. Martin, nelle sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, in cui una delle casate in lotta per i Sette Regni, la casata dei Greyjoy, condivide non soltanto una variante dello strano assioma dei Cultisti di Cthulhu (“What is dead may never die” vs “Nella sua casa a R'lyeh, il morto Cthulhu aspetta sognando”), ma anche il kraken del blasone, il quale risulta essere un chiaro riferimento al mitico mostro tentacolare, cosí come lo studioso del Ciclo di Cthulhu, Robert M. Price, nella sua introduzione di The Cthulhu Cycle, identifica Il Kraken della poesia di Alfred Tennyson la fonte primeva di ispirazione per il racconto lovecraftiano.
Potrei terminare qui la trattazione e avervi convinto ad affittare un monolocale in codesti meandri della pazzia, se non prima di avervi dato una mano con l’idioma del luogo: il R'lyehiano, o Cthuvian (in alcune guide non ufficiali), menzionato per la prima volta nel racconto breve intitolato “Through the Gates of the Silver Key”, Weird Tales 1934, scritto a quattro mani con Edgar Hoffmann Price. Il R'lyehiano é forse l’ultimo elemento grazie al quale il ciclo lovecraftiano ha assunto notevole spessore diventando l’immagine riflessa allo specchio e metafora delle odierne religioni rivelate di tutto il mondo, infatti, nei racconti, i Cultisti di Cthulhu sono disseminati in tutto il mondo, esistono da centinaia di anni e ordono le trame di una cospirazione globale reclutando nuovi membri senza l’inganno di una falsa santitá. 

Questa lingua possiede forse elementi di base delle glottali gallesi e tedesche, ma la sua ortografia ha un aspetto simile ad alcuni scritti arabi e del sud-ovest asiatico, altre volte invece, risulta ieroglifica, simile al Naacal. Trasmessa sulla terra dalla progenie infame; la traslitterazione nel nostro alfabeto dovrebbe facilitarne la pronuncia, ma non é cosí: i testi sono sempre ricchi di apostrofi e i suoni risultano sempre molto gutturali e inumani, data la loro origine mostruosa; d’altro canto, gli accenti, la cadenza, l’intonazione e la dizione della lingua sono ancora oggi oggetto di discussione tra gli adepti, dal momento che il nobile profeta non divulgó mai molto su di loro, essendo essa di natura aliena, l’uomo non sará mai in grado di riprodurre tali suoni, e per questo io non azzardo nessuna ipotesi sulla loro fonetica.
Illustrazione di Aaron Rizla
Analizzando la grammatica scopriamo che, a differenza delle lingue terrene, il R’lyehiano non fa distinzioni proprie tra nomi, verbi, aggettivi e altre parti del discorso. I pronomi possono o meno apparire. I verbi hanno solo due tempi: presente e non presente, poiché gli Antichi vivono il tempo in modo non lineare. Il plurale si forma raddoppiando l’ultima lettera che risulta molto spesso essere una consonante, aumentando il grado di difficoltá della pronuncia. La lingua é ricca di suffissi e prefissi che aiutano la formulazione della frase e la declinazione dei verbi, mentre scarseggia in congiunzioni e preposizioni, inoltre, immagino non esistano le parole come “grazie” o “per favore”. Come ci ricordano i suoi studiosi: estratta dal contesto, la traduzione di qualsiasi frammento non è altro che una mera congettura, come tutte le interpretazioni di qualunque testo sacro. 

Di R’lyeh, Lovecraft cita anche un testo eponimo, il Testo di R’lyeh, senza mai scendere ancora una volta nei particolari per arricchirne l’aura di mistero. August Derleth cercó di pubblicarne una copia cartacea a partire dal 1945, con la doppia attribuzione postuma, il cartaceo rimase incompiuto e secondo alcuni avrebbe dovuto contenere le formule liturgiche per risvegliare il non morto ed aiutarlo nella distruzione dell’umanitá, qualcosa di molto simile al Necronomicon, un altro pseudolibro di lovecraftiana invenzione scritto in R’lyehiano, sebbene in molti ne rivendicano l’autenticitá, menzionato per la prima volta nel The Nameless City, 1921. 
Estratto dal The Necronomicon di Philippe Druillet
La prima stazione di questo lungo viaggio termina qui, mandateci le vostre cartoline da R’lyeh, e per facilitare il vostro soggiorno in questa remota e sperduta regione del globo, vi omaggio con le mie illustrazioni del luogo rappresentanti l’anatomia di un cultista e la carta topografica seguente le coordinate della geometria di Kruskal-Szekeres per potervi ben orientare sia nello spazio che nel tempo. Per chiunque volesse conoscere la destinazione della prossima meta, vi lascio un indizio in questa splendida lingua primitiva: 
Ehyee yogfm'logg ng n'ghftnahh ah ahog ph'nglui Krc'sa. Fhtagn!

Articolo ed illustrazioni originali di Aaron Rizla

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