venerdì 22 settembre 2023

BABBDI - un manifesto sociale


Premessa
Camminando per le strade delle nostra città subiamo passivamente un continuo condizionamento percettivo. L'ambiente che viviamo rispecchia quelli che sono i nostri valori sociali e culturali, una dinamica in cui la nostra identità è affermata in funzione del contesto, il quale ci restituisce un'immagine speculare di quello che si può definire "il nostro posto nel mondo". Questa forma dialettica è così profondamente assestata nella concezione comune da risultare scontata, eppure mai abbastanza elaborata. C'è un motivo se gli anonimi sobborghi francesi vengono tuttora ristrutturati andando a implementare quella che è, da ormai trecento anni, la caratteristica architettura haussmanniana.
Colombes, Paris
Così come il maestoso progetto di rinnovo del centro storico di Francoforte (chiamato "ritorno alla gloria" dalle fonti ufficiali) ristabiliva, da planimetria originale, gli antichi edifici gotici andati distrutti in seguito ai bombardamenti del quaranta.
Neue Altstadt, Frankfurt
La presenza (o assenza) fisica di monumenti identificativi influenza direttamente l'individuo e, per estensione, la comunità, sviluppando un'identità sociale che si costruisce prima di tutto dall'esterno e che, risuonando dall'interno di ciascuno, va a sintonizzare e definire gli ideali dominanti di un popolo.

Un biglietto per Babbdi
Sviluppato dai fratelli Sirius e Léonard Lemaitre, Babbdi appare su Steam il 22 Dicembre 2022 (dov’è tuttora disponibile gratuitamente) presentandosi come un semplice gioco esplorativo in prima persona. Una volta avviato, però, ci si rende immediatamente conto che qualcosa non va: il menù principale presenta, oltre a un accompagnamento musicale minimo (composto per lo più da rumori spiacevoli) una serie di errori ortografici quali “OIPPTION” per regolare le impostazioni o “QUUTI” per chiudere il gioco. Se a primo impatto questi titoli possono sembrarci quantomeno curiosi, capiremo presto che si tratta di un qualcosa di molto più serio.
Dopo aver cliccato su “PLAME” ha inizio la nostra partita. La transizione al gameplay è istantanea, ci ritroviamo subito in un lungo corridoio semi-illuminato da rumorose lampade a soffitto (alcune delle quali difettose o completamente guaste). Sulla sinistra ci accorgiamo di una fila di finestre che seguono tutto il muro, una rapida occhiata ci rivela di essere abbastanza in alto e alzando lo sguardo possiamo contemplare la nostra prima vista del paesaggio urbano (fatto di spigolosi blocchi di cemento coperti da un cielo grigio).
Avanzando sul pianerottolo passiamo davanti a diverse stanze abitate da strani esseri umanoidi, con cui sarà possibile interagire tramite dialogo. I loro occhi, completamente bianchi, cominceranno a fissarci non appena entreremo nel loro spazio percettivo.
Basteranno poche parole a farci capire che questa città, Babbdi, è un luogo indesiderabile, e tutti sembrano volerla abbandonare al più presto. Chiusa tra un’enorme diga e un’insormontabile muraglia, l’unico modo di lasciare la città è via treno. Scendiamo dunque dall’edificio, attraversando le vie desolate in cerca di una stazione. Lo spazio claustrofobico della metropoli ci stringe nella sua morsa industriale, l’aria filtra faticosamente tra i palazzi insopportabilmente stretti che ci fanno da contorno, passo dopo passo il nostro rumore sembra riempire le strade ed entrare nelle case e nelle stanze fino alle orecchie di chiunque possa essere in ascolto.
Babbdi è una città vuota, morente, ma non del tutto abbandonata. Le insensate costruzioni s’intersecano e si dividono violentemente, andando a creare spazi liminali che sembrerebbero usciti dalla penna di Tsutomu Nihei. Ampie aree aperte contrastano con stretti cunicoli capillari, torrioni cementifici emergono dalle profondità della terra sovrastando l’orizzonte. Se nell’universo di “BLAME!” la follia architettonica era giustificata da un’IA difettosa, la quale costruiva e demoliva compulsivamente l’ambiente a seconda di alterazioni magnetiche, a Babbdi non ci sono chiari suggerimenti sulla sua effettiva progettazione topografica (che si direbbe altrettanto caotica).
Le forme non sono però le sole ad essere convolute, sporadicamente ci capiterà d’incontrare cartelli e insegne varie che a prima vista potrebbero passare inosservate ma che, se analizzate, riveleranno un significato contorto: le lettere, invertite o del tutto assenti, formano parole storpiate e vagamente intuibili. La loro sistemazione raffazzonata le pone nei posti più improbabili, piegate e consumate, a indicare, in questo caso, un’ipotetica stazione (“ttaiston”).
Seguendo confusamente le indicazioni arriviamo finalmente alla stazione di Babbdi. L’ingresso è sbarrato da diverse assi di legno affiancate da un curioso individuo, il quale ci riferirà che “senza biglietto i treni non si fermano nemmeno”, rimarcando che continuerebbero anche se ci dovessimo piazzare noi stessi sui binari.
Smantellata la barricata ci facciamo strada per la lunga scalinata sotterranea arrivando finalmente alla fine: ci sono due corsie ai lati della banchina, quest’ultima presenta un’unica convalidatrice elettronica. Sentiamo in lontananza rumori di rotaia mentre intravediamo una luce avvicinarsi sempre più. I vagoni ci scorrono davanti a velocità preoccupante, portando con loro l’assordante rumore che li ha accompagnati, insieme a ogni nostra speranza di fuga.
Inizia così la nostra avventura in questo labirinto di calce, tra arrampicate e salti nel vuoto, alla ricerca disperata di un biglietto per abbandonare una volta e per tutte quest’opprimente città fantasma.

Un ventre morto
L’architettura di Babbdi, per quanto inverosimile, è basata sulla corrente del “brutalismo” sviluppatasi in Europa negli anni '50 del dopoguerra. L’accentuazione delle forme geometriche unite alla rudezza del “cemento a vista” (cioè volutamente scoperto) dovevano trasmettere una sorta di vigore edilizio, spoglio di ogni intonaco.
UK National Theatre
In verità questo stile sfruttava la crescente richiesta di spazi residenziali, proponendo un sistema essenziale ma soprattutto economico per costruire velocemente densi centri abitativi. Una soluzione che ignorava completamente il senso estetico e identitario del luogo, ricoprendo il panorama di un grigiume indifferente, completamente disinteressato alla vita che avrebbe dovuto ospitare.

La sterile melma incolore, unita a una particolare predisposizione all’usura, ha reso questi monumenti simbolo di un decadimento societario che minacciava di straripare sul resto del mondo.

Solo negli ultimi anni ci sono state serie manifestazioni contro questo tipo di costruzioni, portando talvolta anche alla demolizione di alcune di esse. Le torri e i palazzi si ergono come presagi di un nostro possibile futuro, virtualizzato e reso esplorabile in Babbdi.
Il gioco diventa tramite di una riflessione filosofica: una finestra distopica sull’avvenire di una realtà già presumibile, incentivandoci all’azione così da evitarne l’effettiva realizzazione. 

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