martedì 12 maggio 2020

L'alba di un mondo di mostri giganti (Recensione ''Il Risveglio del Dinosauro'')

Ray Harryhausen non dovrebbe avere bisogno di presentazioni: è considerato il maestro della tecnica a passo uno, è il creatore del processo di animazione in stop-motion chiamato Dynamation ed è stato anche fonte d'ispirazione per un gran numero di cineasti contempornaei come Steven Spielberg, Sam Raimi, Tim Burton, Joe Dante, Guillermo del Toro e molti altri. Classe 1920, l'amore di Raymond per l'animazione nacque dopo che rimase folgorato dai meravigliosi effetti visivi di King Kong (1933), ad opera di Willis O'Brien. Da quel momento, il giovane Raymond non sarebbe stato più lo stesso e si sarebbe dedicato a quell'arte così impegnativa per il resto della sua vita. Ora mettetevi nei suoi panni, un inesperto Ray (che fino a quel momento era ancora uno sconosciuto, e non aveva lavorato ad altro se non a degli esperimenti fatti in casa) riesce ad organizzare un incontro con colui che considera il suo maestro, O'Brien. Il pionere della stop-motion, inizialmente, critica i primi modelli a cui Ray aveva lavorato e gli consiglia di affinare le proprie tecniche scultoree e di seguire delle lezioni di arti grafiche. Dopo un periodo di pausa forzata imposto dalla seconda guerra mondiale, Harryhausen torna a lavorare nel campo dell'animazione e nel 1947 viene finalmente assunto come assistente di O'Brien per il film Il Re dell'Africa (1949).
Locandina de Il Re dell'Africa, diretto da Ernest B. Shoedsack e prodotto da Merian C. Cooper
Dunque Ray inizia a lavorare nel mondo del cinema come aiutante di O'Brien, esperienza che sarà per lui molto preziosa e incredibilmente formativa. Il primo progetto in cui sarà solo ad occuparsi degli effetti speciali sarà Il Risveglio del Dinosauro (1953). Questo film venne prodotto indipendentemente con un piccolo budget di 200'000$, e successivamente acquisito e distribuito dalla Warner Bros. per merito degli sforzi del produttore Jack Dietz. Il film fu diretto da Eugène Lourié e diventerà il primo tassello di un'ideale trilogia ad opera del regista francese: la trilogia dei dinosauri, a cui si aggiungeranno Behemoth, the sea monster (1959), i cui effetti in stop-motion saranno curati da Willis O'Brien, e Gorgo (1961). Lourié conosceva i lavori di Harryhausen e lo rispettava per questo gli permise di lavorare da solo, come meglio credeva, senza particolari intromissioni da parte sua o della produzione. In questo piccolo monster-movie Ray non ebbe solo libertà creativa ma prese parte attivamente alla sua creazione non solo presentando il soggetto da cui è tratto, il racconto pubblicato nel '51 sul Saturday Evening Post dall'amico Ray Bradbury La Sirena, ma anche suggerendo diverse scene e idee in fase di scrittura che sarebbero poi state effettivamente girate e montate nel cut finale (tra cui, ad esempio, il finale). La forza di questo film sta nella sua grande semplicità, apparentemente è come un qualsiasi monster-movie anni '50: un mostro preistorico risvegliatosi a causa degi test nucleari approda a New York e vi semina il panico.

In realtà però The Beast from 20'000 Fathoms è uno dei film di fantascienza più importanti in assoluto per diversi motivi; tanto per cominciare è una delle maggiori fonti d'ispirazione per il personaggio di Godzilla, precedendolo di un anno. Oltretutto è il primo film in cui Harryhausen sfrutta la già citata tecnica della Dynamation, innovativa e che permetteva un'interazione molto credibile tra gli attori in carne e ossa e i modelli animati. Dato il poco tempo e budget a disposizione, Ray potè creare un solo Rhedosaurus ma pensando alle restrizioni a cui era sottoposto e all'epoca in cui questa pellicola uscì i risultati di alcune sequenze sono a dir poco impressionanti (a partire dall'iconica scena della silhouette del mostro che distrugge quella di un faro). Il mostro è il vero protagonista della storia, tutti gli altri personaggi non sono altro che un contorno, principalmente grazie alla qualità delle animazioni e alla sua grande espressività.
Il Rhedosaurus, dinosauro inventato appositamente per il film
La parte immortale del film sono gli atti finali in cui vediamo finalmente il dinosauro alla luce del sole, occupato a mettere a soqquadro la Grande Mela anni '50, strisciando per le strade coperto dalla penombra dei palazzi. L'influenza che ha esercitato su Godzilla è forte, e si vede negli attacchi ai pescherecci o in un momento speculare alla celebre scena dei cavi dell'alta tensione. Così anche questo filmetto diventa una parte fondamentale del processo che era iniziato nel finale de Il Mondo Perduto (1925), e in quello di King Kong e che sarà consacrato definitivamente nel Gojira (1954), portando nell'immaginario collettivo i raid dei mostri giganti nelle grandi metropoli moderne. A differenza di Godzilla, però, qui manca la forte componente accusatoria nei confronti del neutrino e il film risulta molto più ingenuo e solare anche semplicemente rispetto a quello di King Kong; il focus non è il pericolo della distruzione nucleare, il personaggio del professore Nelson non è un Serizawa tormentato, proseguendo  il tipico trend degli scienzati buoni, ma è elettrizzato all'idea di poter trovare una creatura preistorica ancora in vita. Molto bello e inconsueto è l'inizio del film, che ricorda La Cosa da un altro mondo (1951) di Howard Hawks col mostro che si aggira come una visione nell'ambientazione spoglia e asettica del Polo Nord; così come il finale, ambientato in uno sgargiante luna park di Coney Island. Oggi ai tempi del covid-19 fa molto effetto vedere i soldati che durante la marcia iniziano a cadere per terra stremati, contagiati da una febbre preistorica trasmessa dal sangue del mostro che (come viene sottolineato nel film) porta Times Square, il cuore pulsante di NY, a smettere di battere. L'eredità culturale che Il Risveglio del Dinosauro si lascia alle spalle, come abbiamo già detto, è molto vasta tanto che rivedremo la famosa scena del poliziotto in Gremlins 2- La nuova stirpe (1990) e il mostro verrà citato in tanti altri film. In più è molto popolare un dibattito secondo cui il tristemente noto Godzilla (1998) di Roland Emmerich sia in realtà ispirato a The Beast, non solo per la somiglianza che c'è tra i due mostri ma anche per alcune usanze in comune come l'aprirsi dei varchi negli edifici, o il dileguarsi nell'Hudson.

ARTICOLO DI
LORENZO SPAGNOLI

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