mercoledì 30 ottobre 2019

Nessuno potrà salvarti dal Pumpkinhead (Recensione "Pumpkinhead" e "Pumpkinhead 2: Blood Wings")

"State lontani da Pumpkinhead
a meno che non siate stanchi di vivere;
i suoi nemici sono per lo più morti,
lui è severo e non perdona.
Ridi di lui e sarai distrutto
ma in qualche modo terribile:
la Vendetta, la considera divertente,
e la progetta con passione;
Il tempo non cancellerà o offuscherà
un complotto che lui ha tramato,
È quando pensi che lui abbia dimenticato,
lui evocherà la tua rovina.
Porte chiuse e finestre sbarrate,
Cani da guardia che si aggirano nel cortile,
non possono proteggerti nel tuo letto,
nulla può farlo, da Pumpkinhead."
(Ed Justin, Pumpkinhead)

Siamo nel 1988, un periodo storico abbastanza scialbo per il genere semimorente degli slasher che aveva aggiunto il proprio apice nel 1984 con "Nightmare" di Wes Craven, ben lontano dalla rinascita che avrebbe vissuto proprio grazie allo stesso regista nel 1996 con "Scream", eppure, probabilmente proprio per questa "crisi del settore", molti registi videro la propria occasione per cambiare le carte in tavola e creare film slasher atipici, non più costretti a seguire il filone dei campi estivi e del killer mascherato, avendo ora un intero immaginario fantasy, di porte furono aperte dall'assassino onirico di Elm Street, da implementare: chi aveva abbastanza immaginazione poteva trasporre su pellicola qualsiasi cosa.

Il regista che decise in quell'anno di cambiare le carte in tavola fu Stan Winston, truccatore ed effettista statunitense, classe 1946, candidato per la prima volta al premio Oscar nel 1982 per "Heartbeeps", senza riuscire ad aggiudicarselo. Riuscirà a rifarsi per ben quattro volte vincendolo nel 1987, 1992 (sia per miglior trucco che per migliori effetti speciali) e nel 1994. "Aliens - Scontro finale" del 1986 fu il primo dei film che gli garantirono tale onoreficenza e quindi appare abbastanza palese perché, quando si ritroverà a creare un'icona slasher, Stan deciderà di basarsi sull'immagine dello xenomorfo che H. R. Giger aveva ideato.
Il mostro in questione è Pumpkinhead, un demone risvegliato da una fattucchiera in una sperduta palude del sud degli Stati Uniti d'America, un vero e proprio angelo di morte che ha come solo scopo uccidere. Esso però non lo fa arbitrariamente: ogni volta che viene risvegliato, infatti, viene fatto per una vendetta personale ed il demone non si fermerà finché "giustizia non sarà fatta". Un'inesorabile macchina mortale senza alcuna morale o debolezze, con l'eccezione, nemmeno più di tanto in realtà, dei crocifissi.

Nel primo film della saga è Henry (Lance Henriksen) ad evocare il demone a seguito dell'accidentale morte del figlioletto a causa di un gruppetto di adolescenti sgavezzacollo. La maledizione del Pumpkinhead, peró, arriverà ben più funesta del previsto ed il senso di colpa distruggerà l'uomo che tenterà ad ogni costo di fermare il male che lui stesso ha accettato di evocare e di scagliare contro il mondo. Una pellicola delineata da una fotografia cupa e sporca, con un ritmo serrato ed un senso di ansia crescente, una costante pressione viene, infatti, riversata sullo spettatore che si sente lui stesso braccato dal magnifico Pumpkinhead, un mostro maestoso realizzato in maniera impeccabile per l'epoca.
Un revenge movie a tinte demoniache vestito da uno sporco e tragico slasher narrato sottoforma di una fiaba nera arricchita da un immaginario gotico adattato ai piccoli paesi rurali del Sud, tra campi, allevamenti e rozzi agricoltori timorati di Dio (e del Pumpkinhead). Un horror spesso sottovalutato nonostante i suoi pregi e la sua atmosfera disturbante e oscura.

Atmosfera del tutto snaturata a partire dal primo sequel, "Blood Wings".

Jeff Burr sembra non avesse la minima idea di cosa trattasse il primo "Pumpkinhead" nel momento in cui ha approcciato il progetto di un suo sequel, "Blood Wings", uno slasher molto più tradizionale che vede l'abbandono dei campi isolati e rurali statunitensi per una più comune piccola città generica, una di quelle che ci aspetterebbe di vedere in "Piccoli Brividi" per intenderci. Tutto l'immaginario esoterico viene annullato con l'ennesima storia di un freak che viene ucciso e che torna tot anni dopo in cerca di vendetta.
Anche gli effetti speciali non reggono il paragone con il primo capitolo, pur restando degni di nota, eppure, nel complesso, il film ha qualcosa che gli permette di reggersi in piedi da solo. Forse non per lo sceriffo interpretato da Andrew Robinson (il padre di Kirsty in "Hellraiser") che sembra sempre sul punto di rivelarsi un maniaco assassino scappato da un qualche manicomio rubando l'identità di uno sventurato qualsiasi, ma perché, nella sua semplicità, il film crea un piccolo giallo non troppo misterioso, ma comunque accattivante che terrà attaccato lo spettatore allo schermo, per non parlare delle eccezionali ed esagerate scene splatter.

In sostanza, il Pumpkinhead, è un'icona perduta dello slasher, bistrattata specialmente qui in Italia dove i primi due capitoli restano inediti, anche se, in questo contesto di Rinascimento della distribuzione dell'horror in Italia, con aziende come Midnight Factory, Home Movies e Tetrovideo, le speranze non sono ancora del tutto perdute.

Articolo di Robb P. Lestinci

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