mercoledì 11 settembre 2019

La rottura delle catene (Recensione "Django Unchained") - Non solo Horror

"Django Unchained" è un film del 2012 scritto e diretto dal pluripremiato regista statunitense Quentin J. Tarantino. La pellicola in questione segna il rilancio critico ed economico del regista hollywoodiano, dopo il grande successo riscontrato dalla sua sesta pellicola Bastardi senza Gloria del 2009, che arrivò ad incassare 342 milioni al box office mondiale.
Il film costituisce il primo tassello della così detta trilogia del dollaro tarantiniana realizzata su modello di quella del celebre regista Italiano Sergio Leone, il più noto ed influente esponente del genere cinematografico che prende il nome di spaghetti western, il quale nacque, probabilmente, come parodia del cinema western americano nel 1941 con il “Il signore dell’Ovest” di Giorgio Ferroni.

Il lungometraggio deve il suo titolo all’omonima pellicola simbolo del genere del 1966 "Django" di Sergio Corbucci con attore protagonista un giovanissimo Franco Nero, presente anche in un cameo nella pellicola stessa.
Il western tarantiniano prende luogo due anni prima della guerra di secessione, la quale divise in due gli Stati Uniti d’America, da una parte il sud dei confederati e dall’altra il nord degli Unionisti. Django (Jamie Foxx) è uno schiavo nero che ha trascorso gran parte della sua giovane vita a lavorare nelle piantagioni del caldo e inospitale sud, per spietati latifondisti, fino al giorno in cui ha la fortuna di incontrare  il germanico cacciatore di taglie dottor King Shultz (Christoph Waltz), il quale lo renderà un uomo libero a patto che lo aiuti a scovare, per poi uccidere, un gruppo di spietati banditi, che in precedenza avevano lavorato nella stessa piantagione in cui il protagonista aveva vissuto. Poco tempo dopo il loro primo incontro Django confesserà Shultz di avere una moglie (Kerry Washington) anche lei schiava, dalla quale però era stato separato a seguito della loro tentata fuga dalla piantagione.

Shultz alquanto disgustato dal sistema schiavista e da coloro che continuavano incessantemente a promuoverlo, promette all’ex schiavo adesso cacciatore di taglie come lui che una volta finito l’inverno si sarebbero messi sulle tracce del luogo esatto in cui era tenuta prigioniera la donna. Django nel frattempo diventa un eccellente pistolero e cacciatore di taglie, il migliore, a detta del suo distruttore di catene. I due a seguito di una lunga indagine vengono a scoprire che Bromhilda (la moglie di Django) si trova già da diversi anni nella più che nota piantagione di Candyland, che prende il nome dalla famiglia del suo attuale proprietario il Signor Calvin Candie, personaggio che prende vita grazie ad una magistrale interpretazione da parte dell’attore premio oscar Leonardo di Caprio (protagonista anche del suo più recente film già recensito nel sito e leggibile qui).

Con un semplice pretesto di natura finanziaria, i due protagonisti si intrufoleranno nella piantagione di Candyland dove gli eventi sfoceranno in un trionfo di violenza proiettili e sangue. Nel film sono presenti diversi stili cinematografici apparentemente diversi gli uni dagli altri ma che Tarantino riesce a combinare armonicamente offrendoci un opera di grande rilievo cinematografico e sociale.

Gli elementi che accomunano non solo "Django Unchained", ma la maggior parte della produzione cinematografica del regista con gli spaghetti western sono molteplici, l’elemento fondamentale di certo è rappresentato dalla colonna sonora (soundtrack) composta dal direttore d’orchestra Ennio Morricone, il quale aveva precedentemente collaborato con Sergio Leone alla maggior parte delle sue pellicole e non solo, si parla di registi del calibro di Giuseppe Tornatore ("Nuovo Cinema Paradiso") e John Carpenter ("The Thing").

Le tracce musicali utilizzate nel lungometraggio, al tempo nell’uscita nelle sale erano già note al grande pubblico, ricordiamo ad esempio la canzone di apertura, la quale non è nient’altro che la medesima del film originale "Django" del 1966 composta da Luis Bacalov e cantata da Rocky Roberts e "Unchained (The Payback/Untouchable)" di 2Pac e James Brown. Attraverso il suo quarto capolavoro "Kill Bill", Tarantino espone il suo amore per il genere western, essendo esso, a tutti gli effetti, una reinterpretazione moderna di quest’ultimo amalgamato al cinema di arti marziali e yakuza giapponese (come quello dell’amico Takashi Miike, maestro dell’orrore nipponico con cui ha collaborato proprio per il western "Sukiyaki Western Django" del 2007, altro omaggio al film di Corbucci del '66) e il revenge movie. Con questo lungometraggio il regista non ha di certo reinventato il genere western ma ha ne ha permesso una rifioritura più aggiornata alla contemporaneità.
E ricordate: la D è muta

Articolo di Giuseppe Lafratta, revisione di Robb P. Lestinci

L'autore consiglia la lettura del saggio "I film di Quentin Tarantino - Il regista che ha reinventato il cinema" di Alberto Morsiani edito dalla Gremese, una delle fonti principali per la recensione

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