domenica 5 aprile 2020

Vermi che strisciano per terra (Recensione "Hell Baby")

Di recente la cultura pop giapponese ha cominciato a inserirsi sempre più nel mondo occidentale: sempre più ragazzi si avvicinano al mondo degli anime e dei manga, il cinema orientale (almeno quello coreano) non può più essere considerato di nicchia dopo la vittoria storica agli Oscar di Parasite e Haruki Murakami ha ormai una folta schiera di lettori. Neanche il mondo horror si è sottratto a questa nuova onda e, dopo l’esplosione delle storie di Junji Ito, anche tanti altri autori del mondo horror, un tempo relegati a un pubblico di nicchia, hanno incominciato a emergere e tra questi vi è Hideshi Hino, le cui opere più famose sono state recentemente ristampate dalla Dynit
Classe 1946, Hideshi Hino debutta nel mondo del fumetto giapponese verso la fine degli anni Sessanta pubblicando le sue prime storie su COM, la rivista di Osamu Tezuka specializzata in fumetti sperimentali, per poi passare su Garo, dove pubblicherà la sua serie più conosciuta, Hideshi Hino's Shocking Theater. Ritiratosi dal mondo del fumetto nel 1984, si darà al cinema curando la sceneggiatura di due film della serie Guinea Pig: Flower of Flesh and Blood  e Mermaid in a Manhole

Fino ad ora solo la sua ultima opera, Visione d’Inferno, considerata la più matura nonché la più estrema dal punto di vista grafico del maestro dell’horror, era giunta in Italia nell’ormai lontano 1992 tramite la ormai defunta casa editrice Telemaco.
La copertina di Visione d’Inferno ristampata da Dynit
La storia che andremo a trattare oggi è una delle opere più famose di Hino, Hell Baby, pubblicata da Dynit nel 2018 per la collana Showcase

La nostra storia incomincia, è il caso dirlo, durante una notte buia e tempestosa. Una giovane donna, dopo una gravidanza andata per il meglio, dà alla luce due gemelle. Tutto sembra perfetto fino a quando al padre delle bambine viene data una terribile notizia: una delle due figlie è nata deforme e, al posto del latte, deve bere sangue umano per vivere. Il padre, per salvaguardare la reputazione della famiglia, decide di sbarazzarsi della neonata gettandola nella discarica cittadina. Ma il cadavere della bambina viene riportato in vita per mezzo dei fuochi fatui che si erano radunati quella notte e la piccola rinasce come zombie assetato di sangue. 

Passano sette anni, la bambina è ormai cresciuta ed è diventata regina della discarica, “posizione” guadagnata dopo aver lottato per la sopravvivenza contro i vari animali selvatici che vivevano lì. Una notte viene chiamata da una “voce” che le dice che è giunto il momento di andare in città e consumare la sua vendetta maturata in tutti questi anni verso chi l’ha abbandonata. E così la bambina comincia a seminare il terrore tra gli abitanti della città alla ricerca dei suoi genitori.
La storia, più che la struttura del racconto horror, segue quella di una fiaba macabra: la trama è lineare, abbiamo una voce narrante, ben presente soprattutto nel finale, vi è una figura magica super partes, rappresentata dalle “voci dei fuochi fatui” sentite dalla bambina, che interviene per dare una mano alla protagonista e sono presenti ben due morali: la prima riguarda l’emarginazione del diverso, che Hino tratterà molto meglio in un’altra sua opera, Bug Boy

La nostra bambina infernale infatti, nonostante il terribile aspetto, vorrebbe integrarsi in mezzo alla gente normale della cittadina, ricevere calore e affetto e prova ancora dei sentimenti umani, cosa che che viene esternata meglio quando esita nell’uccidere sua sorella gemella, ma a causa del suo aspetto orribile e della sua sete di sangue è costretta a indossare i panni del mostro, del verme che striscia per terra, come ci dice la poesia di Shin’Ye Antsu che fa da introduzione al volume.
E come i vermi, la nostra bambina dovrà strisciare di nuovo nell’oscurità della morte, poiché, non uccidendo la sua famiglia, la sua sete di vendetta si esaurirà completamente e riuscirà soltanto a rivolgere un ultimo saluto ai suoi cari prima che venga uccisa braccata dalla polizia. E la bambina infernale accetta con serenità la sua fine, essendo riuscita a dare un senso alla sua ricerca al di fuori della vendetta.

La seconda morale riguarda la natura dell’uomo e di come attiri le disgrazie su di sé tramite le sue azioni: è il padre, solo all’apparenza civilizzato, ad essere il vero mostro, non la bambina. Abbandonando la neonata nella discarica infatti, darà inizio a una tragedia che colpirà delle vite innocenti, in primis quella di sua figlia, la cui unica colpa è stata quella di nascere, e poi quella degli abitanti della città, uccisi cruentemente dalla furia della bambina infernale.
Ovviamente il manga non è esente da difetti: i disegni, sebbene siano resi volutamente semplici e grotteschi, non sono invecchiati benissimo e potrebbero risultare spiacevoli da guardare ma vi consiglio comunque di dargli una possibilità: l’utilizzo dei primi piani sui volti dei personaggi, l’uso del chiaroscuro e la poca presenza di campi bianchi vi daranno la sensazione di angoscia e terrore perfetta per il mondo raccontato da Hino. Inoltre molte delle tavole fanno la loro sporca figura grazie al formato grande dell’edizione Showcase. I dialoghi sono pochi e rendono la lettura veloce e piacevole.

Pertanto se volete approcciarvi al mondo horror giapponese o semplicemente addentrarvi nella mente malata di Hideshi Hino, questa lettura è il modo perfetto per iniziare a conoscere un mondo prossimo ad uscire dalla nicchia.

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