
La premessa di un attore che arriva
a dubitare della propria identità chiedendosi se tutto ciò che avviene intorno a
lui non sia un altro dei suoi ruoli interpretati risulta molto più interessante
di quella del primo capitolo, ma l’esecuzione si rivela piuttosto scadente: risulta
assenta assente la narrativa criptica di Layers of Fear, e gli eventi di
cui il giocatore sarà testimone avranno tutti un significato metaforico molto
chiaro che lascia poco spazio ad ambiguità e interpretazioni personali. Il
gioco risulta molto lineare e l’esito finale, a cui nel primo capitolo
contribuivano sia gli eventi osservati, gli oggetti trovati e i percorsi
seguiti, sarà qui deciso da cinque scelte corrispondenti a ciascun capitolo del
gioco, che fondamentalmente possono essere tutte ridotte alla scelta tra seguire
le istruzioni del Regista o meno. Il giocatore vedrà quindi la sua
libertà limitata per gran parte (se non per tutto) il gioco, fatto che, in un
medium che fa dell’interattività il suo punto forte, risulta essere un grande
limitazione.
La presenza costante della voce
fuori campo del Regista, nonché di un altro personaggio umano (sebbene per
poco tempo) più avanti nella storia, pone un ulteriore problema: l’assenza del
senso di solitudine che caratterizzava il primo Layers of Fear e che
rifletteva perfettamente l’introspezione del protagonista nel cercare di dare
un senso a ciò che accadeva intorno a lui.Dato il contesto del gioco non
possono mancare citazioni ai grandi classici del cinema horror, quali Shining e
Psycho, che sebbene non vengano esplicitamente menzionati nel gioco né in alcun
modo citati nei titoli di coda, sono stati senza dubbio grandi fonti di
ispirazione per gli sviluppatori.
Il gameplay non risulta affatto
cambiato rispetto al precedente capitolo: il giocatore potrà muoversi
attraverso le stanze della nave, osservare oggetti e documenti che faranno
riemergere ricordi passati di James, risolvere gli eventuali puzzle che
il gioco presenta e fuggire dalle creature che lo inseguiranno. Non risultano
quindi presenti innovazioni in questo aspetto, ma considerando lo stile
caratteristico di Layers of Fear, cambiare la formula sarebbe potuto
risultare difficile e problematico.
Il design delle aree di gioco è un altro motivo di lode le stanze della nave risultano realistiche quando lo devono essere, ma all’occorrenza possono essere mutate dalla psiche del protagonista che fa riemergere gli eventi traumatici del suo passato, in una transizione quasi impercettibile da una normale cabina di una nave a rappresentazione metaforica e terrificante di ricordi da dimenticare.
Altrettanto non si può dire del design delle creature, che risulta privo di qualsivoglia fantasia e inventiva, soffrendo inoltre del precedentemente menzionato poco realismo, che risulta ulteriormente accentuato dal loro aspetto anatomicamente impossibile.
La colonna sonora risulta
piuttosto generica e, sebbene la sua presenza maggiore nel gioco rispetto al
primo capitolo possa essere vista come un punto a favore del gioco, questa va
anche a ledere il senso di solitudine e suspence conferita al primo gioco dal
magistrale uso del silenzio. Il gioco gode inoltre di una longevità molto
maggiore del suo predecessore, che però è raggiunta anche grazie a porzioni di
gameplay ripetitivo e tedioso.
In conclusione Layers of Fear 2, nonostante i suoi grandi pregi, risulta essere un gioco mediocre e, se confrontato con il primo capitolo, piuttosto deludente. Consiglio il titolo agli appassionati del genere e a coloro che non hanno grandi aspettative da un seguito di Layers of Fear.


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