venerdì 10 luglio 2020

Il fenomeno Megalodonte, da metà '800 ad oggi

Il megalodonte (prima classificato come Charcharodon Megalodon, ora come Charcharocles Megalodon) è uno dei più grandi predatori e uno dei più grandi pesci mai esistiti. Un animale incredibilmente affascinante di cui sappiamo ancora molto poco, estintosi tra i tre e i quattro milioni di anni fa. Una misteriosa creatura preistorica che, grazie alla cultura pop, gode di una fama al pari di quella dei tirannosauri o dei triceratopi. 
Fu descritto per la prima volta nel 1835 dal naturalista svizzero-statunitense Louis Agassiz che ne creò il celebre nome sulla base delle parole greche μέγας/μεγάλη/μέγα e ὀδούς/όντος ("grande dente"). Tutto ciò che ne è rimasto sono i fossili dei suoi enormi denti che arrivano fino ai 20 cm. Così come gli squali che conosciamo oggi, i megalodonti tendevano a perdere continuamente le proprie zanne per cambiarle dunque i ritrovamenti sono stati numerosi e nelle più disparate aree del mondo. Pare che questa specie fosse caratterizzata da una distribuzione cosmopolita e che fosse in grado di adattarsi a diversi climi ed ambienti. I reperti sono stati rivenuti in tutti gli oceani, generalmente non lontano dalle coste, e anche nel Mediterraneo (con più di un ritrovamento in Italia). 

Il primo nome con cui fu classificato (Carcharodon) suggeriva un diretto collegamento con l'attuale squalo bianco data la somiglianza delle strutture dentali, ipotizzando che questo potesse essere il discendente dell'antica bestia. Soltanto a partire dagli anni '90 del XX secolo la maggior parte della comunità scientifica ha iniziato a separare i due animali dato che non esistono prove concrete che supportano la teoria della somiglianza o della parentela tra le due specie. Anzi, studi recenti hanno riflettuto su come il declino del megalodonte coincida con l'ascesa e la diffusione dello squalo bianco teorizzando che i più piccoli e adattabili esemplari della specie Carcharodon carcharias siano una delle cause dell'estinzione di questo prodigioso predatore. 
Fondamentalmente del megalodonte non sappiamo abbastanza, i denti suggeriscono che le sue dimensioni fossero gargantuesche e che toccassero dai 18 ai 25 metri di lunghezza. La sua apertura mascellare di oltre due metri gli garantiva uno dei morsi più letali in natura tant'è che si pensa che la sua dieta si basasse su grossi sirenidi, tartarughe marine, altri squali e addirittura cetacei (come confermano i segni di profondi morsi presenti sui fossili di questi animali). I mammiferi marini rappresentavano un pasto speciale e nutriente per un animale come il megalodonte, per questo si concentrava nella loro caccia. A quel tempo i cetacei erano generalmente di dimensioni ridotte, quindi la mole e i robusti denti di questo squalo gli permettevano di abbatterli facilmente. Proprio perché andava ghiotto di tali prede il megalodonte non tendeva ad allontanarsi dalla costa o ad immergersi nelle profondità, si trovava sempre in prossimità delle sue vittime dato il bisogno quotidiano di mangiare circa un quinto del suo peso medio (intorno alle otto tonnellate di carne). 

Sebbene la comunità scientifica concordi sul fatto che sia ormai estinto da milioni di anni (ciò sarebbe dimostrato sia dall'assenza di avvistamenti, impossibile dato il suo stile di vita, che dal grande calo di specie di cetacei che è avvenuto in questo arco di tempo, che da quanto si siano ingrandite le balene oggi esistenti) sin dalla sua scoperta questo autentico mostro dei mari è diventato uno dei soggetti più cari alla criptozoologia. Un mito contemporaneo le cui origini si attribuiscono ai ritrovamenti fatti nel 1873 dalla nave di ricerca della Royal Navy HMS Challenger, che riportò alla luce denti di megalodonte che vennero erroneamente fatti risalire a soli 24'000 anni prima. 
"Megalodon" (USA, 2018), regia di James Thomas
Nonostante i risultati dei test di datazione di tali fossili furono ufficialmente smentiti, da allora il mondo non ha voluto smettere di credere nella possibilità che una bestia del genere possa ancora esistere nascosta da qualche parte nelle profondità marine inesplorate. Oggi più che mai il megalodonte è al centro di queste teorie pseudoscientifiche, basti vedere la quantità esagerata di fotomontaggi e video ritoccati spacciati sul web per avvistamenti reali; ma non si ferma solo alle bufale su internet e diventa anche il protagonista di un lunghissimo filone di film trash come la saga di Mega Shark targata Asylum, Shark-Attack 3 e tanti altri. Il megalodonte è così potente nella cultura popolare da rompere tutte le barriere e invadere anche la letteratura, ricordiamo ad esempio il ciclo di romanzi di Steve Alten dedicato ad esso tra cui spicca Meg (dal quale è stato tratto un film con protagonista Jason Statham nel 2018) o anche le suggestioni presenti nel romanzo di Peter Benchley Jaws (1975) in cui viene avanzata l'ipotesi che lo squalo killer che terrorizza Amity possa essere un giovane esemplare sopravvissuto. Ultimi, ma non meno importanti, i videogiochi: lo squalo gigante è presente come easter-egg in Battlefield 4, è domabile in Ark: Survival Evolved ed è anche uno dei boss di Sea of Thieves. 
Il dato più affascinante del Megalodonte, oltre al grande patrimonio che rappresenta dal punto di vista paleontologico, è proprio quanto (e per quanto tempo) ha suscitato la nostra curiosità e la nostra fantasia portandoci ancora oggi, in un'epoca in cui l'informazione scientifica è tanto puntuale quanto imperante, a sperare nella possibilità dell'esistenza di un essere dai tratti così mitici come i mostri di cui la civiltà umana ha da sempre memoria.

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