lunedì 12 agosto 2019

Dall'infinito e oltre (Recensione "From Beyond") - Short Week

Ci prendiamo una breve pausa (ma neanche tanto) dal trittico di articoli pensati per la rubrica che indaga il rapporto tra cinema e letteratura nell'ambito del nostro genere preferito e aventi come trait d'union la presenza di una creatura invisibile (potete leggere il primo di questi articoli qui) per portare due brevi spunti su altrettanti cortometraggi (o quasi) derivati dall'opera senza bisogno di presentazioni del sommo Howard Phillips Lovecraft.
In questo primo esempio, l'elusività dell'opera audiovisiva potrebbe essere benissimo uscita dall'Oltre da cui provengono pure le creature della novella originale “Dall'altrove” (1920; “From Beyond”), l'inquieta testimonianza dell'immancabile narratore senza nome allo spaventoso climax delle ricerche del mad doctor Crawford Tillinghast, dedite ad ampliare, attraverso un macchinario che adopera (tra gli altri oscuri sistemi) i raggi ultravioletti, la portata sensoriale degli organi umani, permettendo a chi si trovi nel suo raggio d'azione di percepire il “beyond ”, “l'Oltre” o “l'Altrove”, insomma (più di) una dimensione parallela gremita, fra le altre indescrivibili oscenità, di «mostruosità color inchiostro, tremanti, che pulsavano flaccide», ostili a chiunque si muova in loro presenza e, sebbene di norma  invisibili e intangibili, (co)esistenti tutto intorno a noi, suscitando nel lettore, a pieno raggiungimento delle inenzioni dell'autore, «la forte impressione di una sospensione delle leggi di natura o la presenza di mondi o forze invisibili a portata di mano » (H. P. Lovecraft, Lettere sull'imaginario , in Teoria dell'orrore. Tutti gli scritti critici , a cura di G. de Turris, p. 468).
A non essere a portata di mano, invece, è il cortometraggio in stop motion che nel 2006 Michael Granberry (che ha realizzato l'extraterrestre dell'episodio crowleyzzante di “Tales of Halloween” e le sequenze in stop motion dei documentari “Swallowed Souls: The Documentary of Evil Dead 2” e “Never Sleep Again: The Elms Street Legacy”), ne ha tratto, reperibile in qualità indegne del prodotto sui canali YouTube di WhispersFromTheGrave, mrbitbot e Pirata Channel (abbastanza eloquentemente non è presente su quello dell'autore), ma che rimane un prodotto difficilmente distribuibile legalmente (soprattutto da noi) vista la sua natura da sperimentale cortometraggio poveramente autoprodotto: sta il fatto che il corto, proiettato all'H.P. Lovecraft Film Festival tenutosi a Portland (OR) nel 2006, è reperibile in uno dei dvd che raccolgono alcune delle opere presentate al festival, sul sito dell'Arkham Bazaar, su cui si potrà godere appieno della visione che merita.
Il corto, realizzato in una stop motion tanto semplice quanto disturbante, incredibilmente valorizzata da una fotografia superiore perfino a quella di molti prodotti cinematografici, si svolge interamente nella stanza dove il mad doctor ha collocato la propria macchina e in cui il nostro protagonista entrerà per non uscirne mai più: comicierà ad ascoltare le parole del rancoroso amico che lo ha invitato al solo scopo di farlo divorare dalle creature extradimensionali per aver dubitato del suo genio e che, diversamente dal racconto in cui presenziava fisicamente, sono affidate ad una registrazione, doppiata dallo stesso Granberry, dell'inquietante volto “reale” di Tillinghast, che si contrappone alla stop motion dell'insieme e viene proiettato su un televisore che crea un onirico  contrasto con la realtà circostante decisamente appropriato visto che a Lovecraft l'idea della visita a uno scienziato latore di portentosi misteri appena svelati venne in sogno (leggere “Oniricon: Sogni, incubi e fantasticherie” a cura di Pietro Guarriello per maggiori informazioni); nel frattempo la stanza comincia a riempirsi di assolutamente ripugnanti creazioni in stop motion richiamate dalle onde della macchina, descrivibili solo come le cose con cui un trip da acido riempirebbe lo scorcio di un fondale marino: meduse e plancton fluttuanti si accompagnano a ben meno identificabili creature che sembrano coralli e ricci di mare animati da un'oscena vitalità, insieme a più riconoscibili vermoni ruggenti che, insieme alla luce violacea (che fa le veci dell'invisibile ultravioletto del racconto) del deserto sconfinato e alieno su cui letteralmente viene a mancare una delle pareti della stanza, ricordano il mai abbastanza apprezzato adattamento cinematografico che Stuart Gordon, a cui così auguriamo i 72 anni compiuti ieri, ci regalò nel 1986: il colpo di scena, realizzato con una zoomata che simula una profonditò di campo impressionante per un prodotto realizzato con modellini di pongo, è un palese tributo al film di Gordon, perchè anche in quest'adattamento dell'opera di Lovecraft Tillinghast é letteralmente passato nell'altra dimensione, assumendo, oltre che una forma mostruosa che ogni amante dell'orrido non potrà adorare per la sua originalità rispetto a quella che Mark Shostrom aveva creato per il lungometraggio, un potere sovrumano che, a parere di chi scrive, ricorda fin troppo ironicamente quello dato agli edulcoratissimi supereroi del cinema contemporaneo che, pur vittima di mutazioni che darebbero loro capacità utilizzabili nel  mondo reale nei modi più nefandi, si ostinano a rimanere belli tanto dentro quanto fuori.

Ma, come Lovecraft sapeva che tutto ciò che è sovrumano è estraneo e inconcepibile, così Granberry rende di nuovo Tillinghast un vero e proprio mostro violaceo e pulsante, ma che, prima di uccidere il proprio sventurato ospite, verrà liquidato da una non meglio identificabile piramide cosmica che emerge dal suolo del deserto alieno e lo disintegra con un raggio di energia: un indecifrabile finale degno delle opere dello scrittore di Providence, almeno fino a quando il plot twist che ci svela come la stanza da cui il protagonista non uscirà più e la cella di un manicomio in cui tuttora brulicano alle sue spalle le cose dell'Oltre non ce ne dia uno ancora migliore. I finti dolly, inquadrature sghembe e panoramiche che mimano il linguaggio cinematografico in questo terrificante mondo in miniatura sono l'ultimo tassello a rendere questo cortometraggio un'intelligentissima riproposizione della prole abbietta che il fanatismo scientifico, o più in generale l'edonismo umano, concepì insieme con l'apertura di un baratro su di un'altra dimensione nell'elegante e incalzante racconto del Sognatore.
Proprio un sogno dell'autore sarà alla base dell'altro corto di cui parleremo, tanto valido quanto misconosciuto nell'ambito degli adattamenti cinematografici dello stesso. E siamo contenti di aver annoverato tra questi anche un cortometraggio di animazione, a riprova di come la settima arte non sia meno soggetta ad una costante sperimentazione ed infrazione dei limiti come lo stesso irriverente adattamento di Gordon ci aveva dimostrato, su cui chi scrive si è già dilungato in una tesi universitaria (avente per relatore un professore tanto estraneo al genere quanto amante e studioso della Pixar) di cui forse un giorno leggerete qualcosa.

Nel frattempo, prestate bene l'orecchio a «cosa fa rizzare le orecchie ai gatti a mezzanotte»: non meno impercettibili di Jack Griffin o degli altri “invisibili” di cui parleremo, pure queste creature non sono meno concrete per via della loro a-solidità o a-tridimensionalità. E non certo meno pericolose.
Articolo di Donato Martiello, revisione di Robb P. Lestinci

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