venerdì 24 giugno 2022

Quando il vero mostro è la società che ci circonda (Recensione “Sputnik – Terrore dallo spazio”)

Inizialmente programmato per esordire dapprima al Tribeca Film Festival del 2020 con una prima mondiale, successivamente nelle varie sale cinematografiche russe dal 16 aprile dello stesso anno e infine distribuito in on demand a causa della pandemia, “Sputnik – Terrore dallo spazio” (“Спýтник” in originale) è un drama-horror fantascientifico diretto da Egor Abramenko e sceneggiato da Oleg Malovichko e da Andrey Zolotarev.
La pellicola gira attorno a un cosmonauta russo di nome Konstantin Veshnyakov (interpretato da un bravissimo Pyotr Fyodorov) che, dopo essere atterrato di nuovo sulla Terra, insieme al compagno di nave deceduto inspiegabilmente, viene messo in quarantena in una base sovietica militare molto simile all'Area 51. A gestire la base troviamo il Colonnello Semiradov (un grande Fedor Bondarchuk), il quale ingaggia una giovane psichiatra di nome Tatyana Klimova (portata in scena magistralmente da Oksana Akinshina) per cercare di capire cosa sia successo al cosmonauta trovato morto e allo stesso Veshnyakov, tornato dallo spazio cambiato psicologicamente e con un “ospite” al suo interno.

Con questa sua opera prima Egor Abramenko dimostra sia di saper gestire un film di fantascienza come pochi, sia di saper andare oltre ai classici cliché da film horror fantascientifico: infatti, se da un lato la trama può vagamente ricordare il capolavoro di Ridley Scott del 1979 e altri classici del genere, dall’altro il film riesce a mantenere un'originalità e una freschezza che dimostra come sia possibile fare ancora oggi un film di questo tipo senza tuttavia cadere nel banale.
Il film ha un lato tecnico assolutamente di alti livelli: una regia eccezionale, precisa e calzante per la storia che deve narrare, una fotografia ben curata, sporca quando serve (ricordando appunto l'era sovietica), un cast eccezionale e un sonoro assolutamente perfetto composto sia da un'ottima gestione dei rumori e sia da una colonna sonora ben composta. L'unica colonna del lato tecnico che risulta essere di una qualità minore per quanto comunque più che decente è la sceneggiatura che arrivati sul finale cade un pochettino per poi rialzarsi subito dopo tornando sugli ottimi binari che caratterizzano buona parte del film.

La storia, per quanto semplice in certi punti, risulta essere un continuo crescendo sul livello delle emozioni quanto su quello della violenza, e proprio quest'ultima “esplode” durante l'ultima mezz'ora pur rimanendo non disgustevole, decisamente ben fatta. La pellicola è caratterizzata pure da un forte lato psicologico, che è presente fin dall'inizio, ma che di certo cresce fino al finale, dove riesce a toccare il cuore dello spettatore senza però snaturare l’atmosfera gelida che caratterizza il film, rappresentando un'unione sovietica ben curata e contestualizzata.
E se da un lato non possono mancare i parallelismi con altre opere cinematografiche, come quello tra il personaggio interpretato da Sigourney Weaver in Alien e la protagonista di Sputnik, basta poco per capire quanto i personaggi siano profondamente diversi: in questa terrificante avventura i personaggi rimangono unici e originali, ognuno caratterizzato (in vari gradi) da una scrittura ben mirata, che punta a riprodurre ruoli appartenenti ad una società ormai abbastanza lontana, o così pensiamo, dalla nostra. Infatti, nonostante la storia sia ambientata nel lontano 1983 in Unione Sovietica, il tutto riesce comunque a rimanere abbastanza attuale, permettendo al pubblico di poter riconoscere nei personaggi parti della società che ci circonda.

La scelta del periodo storico non è stata casuale né un semplice tentativo di aggregarsi al filone della nostalgia che ora va per la maggiore; infatti lo stesso regista ha ammesso di aver voluto ambientare gli avvenimenti nel 1983 per un motivo in particolare: Yuri Andropov era ancora a capo del governo, l'influenza della KGB era ancora molto rilevante e si era nella fase immediatamente precedente la Perestrojka, in quello che era considerato un periodo franco, una sorta di “terra di nessuno” che sembrava a tutta la produzione quella più adatta ad ambientare una storia simile.
Il look dell'alieno e gli effetti speciali, non solo in CGI ma pure in effetti pratici, sono ben realizzati e curati e ci regalano un design che, per quanto possa sembrare citazionistico a tratti, risulta essere originale e abbastanza bello da vedere.

Alla fine, il fatto più interessante e allo stesso tempo divertente che circonda “Sputnik” è quello di essere un film russo che osa criticare la stessa società russa contemporanea, non troppo lontana da quella raccontata (tralasciando l'unione sovietica, il KGB e compagnia). Il film è un'ottima avventura di fantascienza horror che riesce ad emozionare e a dimostrare come sia ancora possibile creare un ottimo prodotto di genere senza scadere nel banale o nel commerciale. Sicuramente consigliato a chiunque voglia vedere un prodotto di alta qualità che non richieda il cervello spento per essere apprezzato e che sappia raccontare una storia in grado di farti stare con il fiato sospeso fino all'ultima inquadratura.

ARTICOLO DI
REVISIONE DI
GIULIA ULIVUCCI

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