Nella vasta produzione di Robert Louis Stevenson figurano anche dei racconti dell’orrore che hanno segnato il mondo della letteratura. La sua opera più famosa è sicuramente “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, racconto che, fin dalla sua prima pubblicazione, si è subito impresso nella cultura inglese a tal punto che ancora adesso si usa l’espressione “to be a Jekyll and Hyde” per indicare chi ha una personalità ambigua o conduce una doppia vita.
Oltre ai tantissimi adattamenti teatrali e cinematografici, il racconto è stato spesso citato e tributato in tanti media. Basti pensare a “Il testamento del mostro”, film del 1959 diretto da Jean Renoir che riscrive in chiave moderna il racconto o al cameo fatto dal personaggio di Jekyll in “Pagemaster - L’avventura meravigliosa”. Anche il mondo della musica non si è risparmiato a tributare l’opera di Stevenson a partire da quella italiana con il brano “Doctor Jeckill e mister Hyde”, contenuto nell’album “Agnese dolce Agnese” di Ivan Graziani, fino a quella straniera con “Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, canzone scritta dagli Who nel singolo “Magic Bus”, e “Jekyll and Hyde”, brano contenuto nell’album “Demolition” dei Judas Priest.
Fin da subito notiamo quanto sia forte il contrasto tra Jekyll e Hyde sia nell’aspetto fisico che nella caratterizzazione: se Jekyll è un uomo alto, avanti con gli anni, in salute, estroverso, generoso con gli altri e con gli amici nonché profondamente religioso, Hyde sarà basso, più giovane, affetto da qualche inspiegabile deformità, misantropo, violento sugli altri e blasfemo. A una prima lettura questa contrapposizione può far pensare a un tentativo ben riuscito di Stevenson di criticare la società puritana dell’Inghilterra vittoriana, una società ipocrita, ricca di divieti assurdi che sopprimono l’animo umano e che fanno in modo da rendere l’uomo lindo e pinto nel pubblico ma turpe e torbido nel privato.
Tuttavia, ciò che rende immortale e memorabile la storia del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde non è solo la critica feroce alla società dell’epoca. Il nome di Hyde assomiglia foneticamente al verbo inglese “to hide”, nascondere, e, a un certo punto del racconto, Utterson afferma che se deve cercare Mr. Hyde, dovrà trasformarsi in Mr. Seek, alludendo in questo modo al gioco del nascondino, che in inglese è appunto chiamato “Hide and Seek”. Hyde diventa quindi il nostro inconscio, quella parte della nostra mente che dobbiamo tenere nascosta agli occhi degli altri per mantenere il quieto vivere, per stare bene con gli altri e che, anche se cerchiamo di negarlo, fa parte di noi. Proprio per questo Jekyll rimane terribilmente affascinato dalla sua controparte malvagia che per anni non aveva fatto altro che reprimere e nascondere. Questo però lo porterà a essere talmente assuefatto da Hyde da perdere completamente il controllo del suo corpo e diventare incapace di riassumere le sue sembianze. L’effetto della pozione comincerà a fare sempre meno effetto fino a quando Jekyll non si ritroverà prigioniero nel corpo di Hyde, finalmente libero dalle “catene” imposte dal dottore.
Anche noi abbiamo un piccolo “Mr. Hyde” che cerca disperatamente di uscire. Certo, non sarà violento come quello che affliggeva il povero dottor Jekyll, ma, quando avremo anche solo un piccolo momento di debolezza, non esiterà a uscire e scatenarsi.
ARTICOLO DI
Nessun commento:
Posta un commento