mercoledì 18 settembre 2019

Un gotico delirio burtoniano (Recensione "Batman Returns") - Non solo Horror

Correva l'anno 1989 e nelle sale statunitensi la Warner Brothers distribuì un film, diretto dall'allora non troppo conosciuto Tim Burton, col titolo di "Batman".E una produzione su cui avrebbero scommesso in pochi, oltretutto il personaggio dei fumetti DC Comics da cui traeva spunto non godeva di ottima reputazione presso il grande pubblico, dato il ricordo che la celebre serie televisiva estremamente camp degli anni '60 con Adam West aveva lasciato. Eppure, come tutti sappiamo, il film fu un enorme successo sia di pubblico che di critica, destinato a diventare un cult immortale tanto per il suo uomo pipistrello di Michael Keaton, quanto per la sua nemesi: il folle Joker di Jack Nicholson.

Non è un segreto che il regista sia stato da sempre amante dell'immaginario gotico e horror di vecchio stampo, e possiamo affermare senza ombra di dubbio che, di tutti gli eroi più popolari dei comic book americani, il cavaliere oscuro sia quello che sin dagli albori ha tratto più ispirazione dalla cultura pulp e dell'orrore (sia letteraria che cinematografica) quindi un lungometraggio sul crociato incappucciato firmato dallo stravagante regista, sembrerebbe un connubio perfetto. Già in questo primo film traspare in più momenti l'amore del suo autore per il macabro, ma in maniera moderata, dati i limiti che gli furono imposti perché ancora considerato poco più di un mestierante. Dato, peró, il successo strabiliante di questo suo primo blockbuster, la Warner gli commissionò  unseguito per il quale gli concesse ben più libertà creativa. Nell'attesa del "Joker" in stile gangster movie scorsesiano di prossima uscita, in questo articolo andiamo a riscoprire quello che si può definire il più suggestivo e folle di tutti i film sul cavaliere di Gotham, "Batman Returns" (1992), concentrandoci soprattutto sulla grande quantità di rimandi al panorama horrorifico in esso presenti.
Già dalle prime inquadrature Burton mette le cose in chiaro: questo sequel è tutto ciò che aveva reso grande il suo predecessore, ma all'ennesima potenza, e ció lo dimostra con un'apertura su una Gotham City monumentale e desolante sotto la fredda luce della stagione invernale. Una città ricoperta dalla neve e dalle intemperie del periodo natalizio, la cui atmosfera è in forte  dissonanza con il gesto crudele che una coppia dell'aristocrazia locale compie nell'abbandonare il mostruoso neonato deforme che ha dato alla luce in una cesta su un fiume (alla Mosè dell'Antico Testamento), per redimersi dal peccato di aver generato una tale aberrazione. 

Il bambino, salvatosi miracolosamente, viene ritrovato da una comunità di pinguini fuggiti da uno zoo e che ora abitano nelle fogne. Riprendendo nuovamente la simbologia dei testi sacri, 33 anni dopo "il Pinguino" (Danny DeVito) riemerge  dallefogne di Gotham per mostrarsi alla luce del giorno, ed inserirsi negli intrighi politici ed economici della città.
A questo punto conosciamo altri due personaggi fondamentali ai quali (così come per Il Pinguino) viene dedicato molto spazio, lasciando il protagonista della storia in secondo piano  comes succedeva nel film precedente: Max Schreck (Cristopher Walken) "il Babbo Natale di Gotham, e la sua segretaria Selina Kyle (Michelle Pfeiffer).

Il primo (omonimo del leggendario e misterioso attore tedesco che interpretò Nosferatu) è un uomo d'affari e presunto filantropo dedito alla costruzione di una grande centrale elettrica, progetto per il quale è disposto a fare di tutto; l'altra è la sua segretaria personale, una donna frustrata e impacciata che vive sola con i suoi tanti gatti ed il cui capo, una volta smascherati i suoi piani illeciti, tenta di uccidere scaraventandola giù da una finestra, salvo sopravvivere per vendicarsene.
Così si diramano i tre antagonisti che andranno a fronteggiare il difensore di Gotham City: due di questi sono stati portati ad essere tali da cause esterne (Pinguino e Catwoman), mentre, paradossalmente, quello che tra loro si presenta come più normale ed umano, è una raffigurazione del male puro, un personaggio macchiettistico nella sua cieca malvagità, pronto a tutto pur di difendere i propri interessi.

Mentre la città viene messa a ferro e fuoco da una banda di circensi dalle fattezze mostruose, segretamente capitanata dal Pinguino (e qui è palese il riferimento al "Freaks" di Todd) Browning, la comunità ne sostiene ipocritamente la scalata sociale (e qui possiamo trovare un parallelo con la figura di Batman stesso), un elemento di essa che è stato dimenticato e bistrattato per anni mentre questi, il cui nome di battesimo si scopre essere Oswald Cobblepot, stringe un'alleanza con Shreck per qualche motivo sconosciuto. 
Contemporaneamente interviene Batman chiamato dal segnale luminoso del commissario Gordon mentre medita nel buio della sua magione, più solo che mai dopo gli eventi passati.

In questo scenario catastrofico, risorge dalle proprie ceneri anche Selina Kyle che, dopo aver sfiorato la morte a causa di Shreck, impazzisce e (similmente al Joker) per affermare sè stessa e prendersi la sua vendetta riprende la figura del pipistrello e diventa un anti-Batman, come simbolo di evasione dal sistema che l'ha sempre maltrattata. Si trasforma così in Catwoman, in  una versione più perversa e di matrice fetish come dimostra il suo costume in latex, con frusta incorporata.
Nonostante l'ingenuità del suo passaggio da Selina a Catwoman (questo non è un film che vive di una grande storia credibile, ma più che altro una maestosa fiaba gotica caratterizzata anche da dialoghi molto teatrali) questo avviene in una sequenza mostruosa in cui il corpo esanime della donna, piombato sul suolo da diversi piani di altezza, viene attaccato da una colonia di gatti randagi affamati, che la porteranno a risvegliarsi. Il tutto con un terrificante ma incredibile accompagnamento musicale di Danny Elfman, tornato alle colonne sonore dal primo capitolo.

Mentre tra Batman e Catwoman si sviluppa una grande rivalità, tra Bruce Wayne e Selina Kyle nasce una forte chimica, allo stesso tempo Cobblepot inizia ad essere affascinato dalla lussuria di Gotham, ma scopre di essere stato manipolato da Shreck e fa nuovamente i conti con la dura realtà delle masse che aborrono il diverso, topos molto caro a Burton.
Così come Batman aveva giurato vendetta al Joker nel primo film, e come Catwoman l'aveva giurata contro di Shreck, il Pinguino rivela quello che è da sempre stato il suo piano: una  vendetta da prendersi non solo contro i suoi genitori, ma contro tutta la città, uno sterminio di tutti i primogeniti di Gotham, che riprende così la simbologia religiosa e configura questo personaggio come una corruzione dei valori biblici.

Sia questo film che il precedente sono fondamentalmente questo: storie di vendetta, che, nel caso di Cobblepot, è la più viscerale e sentita tra tutte, ma in quello di Batman (che era riuscito a vendicarsi del Joker) ha portato a metabolizzare l'inutilità di un gesto così violento, facendo tentare al Cavaliere Oscuro di salvare la sua amata Selina dal venire consumata da esso. A questo punto il tutto esplode nel finale della storia che è una turbine di caos, follia e violenza ch si va a concludere in tragedia.
Nonostante sia stato un successo estremamente più moderato rispetto al primo "Batman", e nonostante le tante critiche mosse all'atmosfera ben più pesante in esso contenuta, "Batman Returns" è un gioiello non solo nella tecnica impeccabile di Burton, o nelle memorabili performance offerte dal cast, ma anche in una sceneggiatura che porta avanti con naturalezza (e offrendo nuovi spunti) tutte le questioni che il cinefumetto del 1989 aveva già sollevato intorno all'amatissimo personaggio, su cui entrambe le pellicole si basano.

Mi raccomando, in attesa del film di Todd Philipps in uscita il 4 Ottobre, ricordatevi della più  pazzadelle versioni cinematografiche del più grande detective del mondo (in senso positivo, se non contiamo "Batman & Robin"...).

Articolo di Lorenzo Spagnoli, revisione di Robb P. Lestinci

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